Stroncature – Barbarossa


Barbarossa Barbarossa

di Renzo Martinelli, con Raz Degan, Rutger Hauer, Kasia Smutniak, F. Murray Abraham, Federica Martinelli

Proviamoci.

Dimentichiamo le intercettazioni telefoniche in cui si parla di questo film, che svelano l’ansia di una certa compagine politica nel dotarsi del proprio, moderno poema epico.

Dimentichiamo le cifre legate alla pellicola, come i dodici milioni spesi per la realizzazione e la promozione – di cui un milione e seicentomila ottenuti con i finanziamenti pubblici – a fronte di appena 835mila euro incassati nelle circa trecento sale in cui è stata distribuita.

Dimentichiamoci tutto, e pensiamo solo al film; a valutarlo per quello che è, senza pregiudizi. Magari non è poi così male. In effetti, questo Barbarossa parte abbastanza bene, e per due ore e venti ci offre buone musiche ed inquadrature quasi sempre azzeccate, oltre ad una fotografia convincente. Ma gli aspetti positivi, purtroppo, finiscono qui. Il film è divertente come un imbottigliamento in autostrada a Ferragosto; ma molto, molto più lento.

Il regista, Renzo Martinelli, ci regala un collage di scene malamente legate tra loro, perlopiù incentrate sulle innumerevoli prodezze del protagonista: le avventure del piccolo Alberto da Giussano a caccia di cinghiali; l’energia e la determinazione di Alberto da Giussano mentre forgia una spada; il giovanissimo, ma già eroico, Alberto da Giussano che si lancia da un ponte per mostrare il proprio coraggio; la fierezza di Alberto da Giussano che, sprezzante del pericolo, non si lava i denti dopo mangiato; e molte, troppe altre sequenze del genere, perennemente intrise di un’epica spesso superflua, sottolineata da musiche molto belle, ma gratuitamente solenni.

Ecco, parliamo di Alberto. Ad incarnare questo personaggio leggendario della tradizione lombarda è nientemeno che Raz Degan, a sua volta un simbolo di Milano: l’attore, infatti, è nato proprio nella periferia meneghina; per la precisione, a Sde Nehemia, ad appena 2700 km dalla Madonnina. Un po’ come fare un film su Martin Luther King e dare il ruolo del protagonista a Massimo Boldi. Tuttavia, grazie al doppiaggio del buon Adriano Giannini, l’interpretazione dell’attore israeliano risulta quasi accettabile, e si riesce persino a sorvolare sul fatto che Degan fornisca al suo personaggio un’espressività pari a quella del luccio de La spada nella roccia.

Il vero problema di Barbarossa è un altro: Renzo Martinelli è davvero convinto di aver forgiato un Braveheart all’italiana, quando in realtà la sua creatura ha molte più cose in comune con una partita di calcio che con un film. E non una bella partita, ma una di quelle che si trascinano stancamente a reti inviolate fino ai supplementari; funestata oltretutto (al 41esimo del primo tempo) dal grave infortunio di Serietà Storica, costretta ad uscire dal terreno di gioco: infatti, mentre passeggia fuori dalle mura, il personaggio di Eleonora – interpretata da Kasia Smutniak – ha una visione mistica, ed inizia a scavare a casaccio mormorando frasi in latino, lingua a lei sconosciuta. Grazie a questo evento per nulla improbabile, viene riportata alla luce la tomba dei Re Magi, e la ragazza viene incensata come benedetta dal cielo.

A quel punto, mister Martinelli chiama il cambio: fuori Serietà Storica, dentro Scene Insensate. Il nuovo entrato si distingue immediatamente: mentre il gruppo di scavo è ancora intento a rimirare la cripta, Eleonora ha una nuova visione, nella quale vede del sangue gocciolare sulle tombe. Le sue grida di orrore la fanno passare nel giro di cinque minuti dallo status di “illuminata dal Signore” per la prodigiosa scoperta, ad un’accusa di stregoneria senza alcuna ripercussione sulla trama.

Da qui in poi, è tutto un susseguirsi di sequenze piattissime e stereotipate, utili quasi solo ad allungare il brodo di una quarantina di minuti prima dello scontro finale: l’amore non corrisposto del laido siniscalco Barozzi per la sorella di Eleonora, Tessa; il presunto trapasso di questa, diventata invece suora di clausura; l’effettivo suicidio della monaca, che si rifugia nella morte per sfuggire al siniscalco; il matrimonio con probabile rito celtico di Eleonora ed Alberto; ed infine, la condanna di Eleonora al rogo per il tentato omicidio di Barozzi.

Ennesimo punto debole del film è la lotta di Alberto e compagni per la libertà; il che è gravissimo, dal momento che si tratta del tema centrale della storia. Risulta difficile, infatti, condividere le gesta di un personaggio coinvolto – fin dalle sue prime scene – in uno scontro armato con alcune guardie della città di Lodi, colpevoli di aver semplicemente richiesto il pedaggio al protagonista e alla sua famiglia.

Anche se, probabilmente, non è un problema del film se non mi ci identifico: il problema sono io. Per capire questa lotta, piena di eroismo e di voglia di libertà, sono evidentemente sprovvisto della necessaria sensibilità, del giusto senso dell’orgoglio, di uno spiccato istinto all’indipendenza, e di un grasso conto corrente alle isole Cayman.

4 Comments

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  1. Alessandro Picci

    La frase “Alberto da Giussano che, sprezzante del pericolo, non si lava i denti dopo mangiato” mi ha fatto morire! auhauhuhauha grandissimo! Continua così 😀

  2. Gian Paolo

    Film leghista, autocelebrativo e fallimentare come quella parte politica e il suo ormai ex premier che l’hanno presentato, in pompa magna, al Castello Sforzesco.

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