Recensioni – La Quinta Stagione


Locandina film "La quinta stagione"La Quinta Stagione

di Peter Brosens e Jessica Woodworth,   con Gill Vancompernolle, Peter Van Den Begin, Django Schrevens, Aurélia Poirier, Sam Louwyck

La vita tranquilla di un operoso villaggio delle Ardenne viene sconvolta da un’improvvisa ribellione della natura. La neve inizia a cadere anche d’estate, mentre le mucche non producono più latte, i galli non cantano, persino il legno smette di bruciare. Nulla sembra possibile contro le forze della natura impazzita, e l’uomo finisce per cedere ai suoi istinti peggiori e tramutarsi quasi in bestia. Come in un racconto mitico allora, è necessario un sacrificio e la forza salvifica di chi ancora conserva un cuore limpido..

La Quinta Stagione è un film che va visto principalmente per premiarne l’idea iniziale. Vi è molta filosofia in ciò che i Brosens e Woodworth si propongono di rappresentare, ma non solo: il racconto in sè è carico del fascino allegorico degli antichi miti. E come quelle storie, il dramma del piccolo villaggio punito dalla natura sembra volerci ammonire, tutti insieme come genere umano: da un alto perchè da molto tempo non abbiamo abbastanza rispetto per il mondo a cui apparteniamo e dall’altro perchè non ci dimostriamo in grado di riconoscere l’oscurità che alberga nei nostri cuori.

E tuttavia la realizzazione della pellicola lascia molto a desiderare: il film è costruito su una serie di scene pittoriche al punto che a guardarlo sembra di immergersi in un ritratto fiammingo, e vedere apparire qua e là gli spazi desolanti di DeChirico. Per rimanere nella metafora della pittura allora, a La Quinta Stagione manca la brulicante vitalità di certi quadri impressionisti, e ancora un taglio di luce che squarcia e sorprende, svelando lo shock e la passione, come in un Caravaggio. 

La Quinta Stagione risulta nei fatti, un film manierista, dal ritmo lento e alcune scene già viste, che finiscono per spazientire lo spettatore: c’ è un pizzico di teatro, una spolverata di documentario e un richiamo al cinema di altri tempi. Brosens e Woodwort provano a ricalcare Buñuel senza possederne la poesia. Ne consegue che se per la visione di To the Wonder(T. Mallick, 2012)  in ora tarda avevo consigliato un caffè, in questo caso non sono sicura che sarebbe sufficiente una sola dose di caffeina.

Peccato, perchè l’idea era buona. Da vedere, soprattutto se si è amanti di un certo tipo di cinema,che sia filosofico e poetico insieme. E anche se si è disposti ad affrontare qualche picco di noia, per giungere ad un finale comunque interessante. 

 

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