Don’t feed the trolls e l’odio sui social network – Come Pillon e soci si nutrono del nostro dissenso


Inauguriamo oggi questi articoli vademecum per sopravvivere nel magico e oscuro mondo dei social network. In questa serie ci immergeremo nel gap generazionale, sentendoci vecchi su TikTok, ma più furbi rispetto ai troll di Facebok. Studieremo le tecniche migliori per sopravvivere e capire i social che tanto tempo occupano nelle nostre vite. A cominciare dall’annosa tematica dell’odio sui social network, che può essere sfruttato a vantaggio di chi tenta di attirarne su di sé.

E spesso è proprio quello che succede.

Chi sguazza nell’odio sui social network: i troll

Insomma, in questa rubrica vi lanceremo un salvagente quando penserete di annegare tra i dieci milioni di post che ogni giorno vengono condivisi su Instagram solo in Italia.

Tre social network molto famosi... e Clubhouse!

(Credits: William Krause, Unsplash)

 

Iniziamo oggi con una delle regole d’oro del web: Don’t feed the trolls. Letteralmente vuol dire non nutrire qualcuno che intenzionalmente ha un comportamento irritante e/o offensivo. Generalmente questi troll li troviamo spesso sui nostri canali preferiti, e capire come fronteggiare  l’odio sui social network parte proprio da un’analisi del loro comportamento.

Don’t feed the trolls e il caso di Laura Boldrini

Il detto Don’t feed the trolls indica quanto sia inutile spendere il proprio tempo cercando di dialogare con chi passa il proprio tempo a commentare le notizie o i post che non gradisce vomitando insulti, alimentando odio e impedendo un dialogo costruttivo con un atteggiamento provocatorio.

Poiché lo scopo di questa gente è quello di creare scompiglio e infastidire gli altri, è inutile tentare di spiegare con logica e razionalità le proprie idee: i troll riverseranno tutta la frustrazione che provano su di voi e si ciberanno del fastidio che i loro commenti vi provocheranno.

Purtroppo questi elementi troll diventano violenti, con pesanti insulti. L’onorevole Laura Boldrini, ex presidente della Camera dei deputati, è stata molto spesso vittima di questi commenti, non di rado aizzati di proposito da alcuni avversari politici.

I commenti degli hater della ex presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini

(Credits: La pagina Facebook della ex presidentessa della Camera dei deputati Laura Boldrini)

Tra i commenti si trova di tutto, dagli insulti alle fake news. Uno dei commentatori, per esempio, fa un riferimento volgare a un presunto (e fasullo) passato di Boldrini tra le ballerine del programma Colpo grosso, condotto da Umberto Smaila negli anni Ottanta. È in realtà una bufala che gira più o meno dal 2014 e che è stata molto diffusa dai militanti di uno dei partiti avversi a quello dell’ex presidente della Camera.

Per la cronaca: come spiega Pagella politica, quella che viene identificata nelle foto come Laura Boldrini si chiama Fabiola Moroni, e le ragazze ritratte non erano nemmeno del programma di Smaila, ma quelle di Indietro tutta, condotto da Renzo Arbore.

E anche così non ci sarebbe stato comunque nulla di male.

La politica dell’istigazione paga (in follower)

Un altro esempio di comportamento da troll lo troviamo in una certa classe politica o in alcuni giornalisti, che per far notizia sparano nel web il loro odio per ricevere attenzione.

Sì, sappiamo che avete capito di chi stiamo parlando.

Il senatore della Lega Simone Pillon commenta la non binarietà della cantante Demi Lovato

(Credits: la pagina Facebook del senatore della Lega Simone Pillon)

Un esempio di troll è il senatore della Lega Simone Pillon. Negli ultimi mesi ha infatti più volte lanciato nel web dichiarazioni omofobe e sessiste, generando la giusta indignazione. Niente di nuovo: il senatore ha spesso avuto di queste uscite terribili e retrograde, ma adesso c’è una differenza molto importante da sottolineare.

Queste dichiarazioni che cavalcano i sentimenti di razzismo e omotransfobia del nostro Paese, infatti, sono sempre state scelte ad hoc per racimolare voti in una certa parte dell’elettorato.

Ma sapete a cos’altro servono oggi? A far crescere la popolarità di Simone Pillon su Facebook, sfruttandone l’algoritmo.

Il senatore leghista Simone Pillon commenta su Facebook il casting di una prossima versione cinematografica di Cenerentola

(Credits: la pagina Facebook del senatore della Lega Simone Pillon)

La pagina Facebook di Simone Pillon, da cui abbiamo tratto queste foto, è infatti quella del politico che è cresciuto di più sul social network.

Perché Simone Pillon cresce così tanto su Facebook?

Il senatore della Lega, nel solo mese di maggio 2021, ha aumentato i fan su Facebook di quasi il 10%. Un’enormità. E quasi sicuramente anche voi, pur non seguendolo, vi sarete imbattuti in qualcuno dei suoi post, scoprendo che un vostro contatto era stato lì a lasciare un commento.

Grazie a dichiarazioni sessiste (e insensate) come “Le femmine hanno una maggiore propensione per le materie legate all’accudimento” in merito ai corsi di laurea – per citare una delle più recenti, ma come vedete ce ne sono praticamente per ogni genere di discriminazione vi venga in mente – i post di Simone Pillon ricevono tantissimi commenti, soprattutto indignati.

Ma se andate a commentare un post di una pagina Facebook o di un profilo Instagram, generate traffico su quel profilo, andando ad aumentare la portata del post – ovvero le persone a cui viene presentato dal social stesso, comprese quelle che non seguono la pagina su cui il post è stato pubblicato. Poco importa che il vostro commento fosse un’aspra critica: per questi personaggi è solo pubblicità gratuita.

Grazie alle vostra aspra critica, che non farà cambiare sicuramente idea al personaggio in questione, il post con quel contenuto discriminatorio finirà su sempre più bacheche. E per forza di cose prima o poi troverà qualcuno che deciderà di seguire il Simone Pillon di turno.

Fermare l’odio sui social network segnalando

Quindi: se è meglio non ribattere, che si può fare? Che sia Facebook, Instagram o TikTok, i commenti, cosi come i post, si possono segnalare specificando il motivo – istigazione all’odio, al razzismo o alla violenza, per esempio.

Il miglior modo quindi è non perdere tempo a commentare, ma segnalare direttamente e invitare i vostri amici a farlo. Così la piattaforma limita la diffusione del post.

Non solo odio sui social network: ecco il post in cui Simone Pillon si commentava da solo per aumentare l'engagement

Il famoso post in cui Simone Pillon si incoraggiava da solo, essendosi dimenticato di cambiare account (Credits: la pagina Facebook di Simone Pillon)

 

Se il commento o il post invece riporta insulti o diffamazioni, potrete anche denunciare alla Polizia postale. Per maggiori informazioni potrete contattare l’associazione Odiare ti costa.

La cosa più importante, ad ogni modo, è diventare consapevoli di come funzionano i social network e di come certe meccaniche ci rendano più inclini a trappole come quelle che abbiamo visto. Il tutto, ovviamente, senza bollare per forza i social come diavolerie manipolatorie da cui fuggire, ma come strumenti con i loro pro e i loro contro, da utilizzare con coscienza.

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