
Alimentazione sostenibile – Perché è importante e come ridurre il nostro impatto
Alimentazione sostenibile – Perché è importante e come ridurre il nostro impatto è scritto in collaborazione con Alessandra Modica e Laura Panini
Rendere sostenibile per l’ambiente la nostra alimentazione, non perdendo di vista le condizioni dei lavoratori e la salute. Con una serie di articoli, sulla rubrica Sosteniamoci approfondiremo i diversi aspetti di questo tema decisivo per il nostro futuro.
Cominceremo a scoprire le ragioni che rendono fondamentale l’alimentazione sostenibile e i nostri consigli utili per chi vuole impegnarsi in questa direzione. Poi analizzeremo le criticità legate alla produzione delle carni, quelle presenti nelle diete veg, i problemi legati alla distribuzione e al packaging.
Ma andiamo subito al dunque, iniziando a capire di cosa stiamo parlando.
Alimentazione sostenibile, questa sconosciuta
Cominciamo ricordando quello che a molti suonerà come un luogo comune: il primo passo per un’alimentazione sostenibile è fare scelte consapevoli. Per questo, è importante prima di tutto conoscere i diversi problemi legati alla filiera alimentare.

Quattro raccoglitrici di banane nelle Filippine (Credits: Zeyn Afuang, Unsplash)
L’impatto sociale della filiera alimentare
Il primo problema della filiera alimentare è il suo impatto sociale. Come nel caso della moda, siamo in presenza di un sistema produttivo e distributivo non sempre in grado di garantire condizioni di lavoro dignitose, se non addirittura il rispetto dei diritti umani.
Il Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti pubblica annualmente un report sul lavoro minorile e sul lavoro forzato nel mondo. Solo nel 2020 si contavano 55 prodotti – in buona parte alimentari e provenienti da 77 Paesi diversi – nella cui produzione erano coinvolti bambini o ragazzi minorenni, oppure persone costrette al lavoro forzato.
Alcuni alimenti con filiere molto lunghe e modalità produttive particolari hanno destato (a più riprese) l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale per le condizioni di sfruttamento dei lavoratori, come nel caso del tè e del caffè.
Ma non serve fare tanta strada per incontrare simili violazioni. A fine 2020, il quinto Rapporto sulle agromafie dell’osservatorio Placido Rizzotto ha certificato che nella filiera agricola italiana sono presenti almeno 180mila lavoratori soggetti a caporalato.
Una situazione che in estrema sintesi comporta condizioni di lavoro precarie, alloggi fatiscenti, orari disumani e paghe da fame, anche sotto i 3 euro l’ora.
E come se non bastasse, nel caso delle donne, abusi e sfruttamento sessuale.
Alimentazione sostenibile vs impatto ambientale
Altro problema noto, l’impatto ambientale della filiera alimentare non è inferiore a quello sociale.
Tra le principali cause del problema troviamo l’utilizzo elevato di risorse nei processi produttivi, la diffusione di allevamenti industriali e monocolture intensive, la richiesta in ogni periodo dell’anno di prodotti “esotici” e fuori stagione da parte della grande distribuzione organizzata.
Come per la moda, oltre all’impatto sull’ambiente vanno considerati anche gli effetti della produzione alimentare sul benessere degli animali. A cominciare dalle loro condizioni negli allevamenti, che approfondiremo in uno dei prossimi articoli.
Per quanto riguarda invece le colture vegetali, il problema principale è legato alla lunghezza della filiera. Questa infatti porta con sé maggiore inquinamento per il trasporto delle merci e minori controlli sulla produzione delle stesse.
Da non dimenticare infine il peso del packaging sulla nostra produzione quotidiana di rifiuti, specialmente per quanto riguarda la plastica. Anche su questo tema torneremo prossimamente, ma è bene tenere a mente fin da subito questo fattore nel valutare la sostenibilità di un prodotto alimentare.
Le conseguenze sulla salute
In un dettagliato rapporto pubblicato annualmente, il Ministero della Salute analizza le segnalazioni ricevute e inviate attraverso il Sistema europeo di allerta rapida per alimenti e mangimi. Una risorsa preziosa per capire come cibi poco sostenibili possano rivelarsi anche dannosi per la salute, in particolare quando provengono da Paesi che non hanno leggi a tutela del consumatore che siano paragonabili a quelle europee.

(Credits Markus Spiske, Unsplash)
A livello continentale, “tra le 4mila notifiche del 2019, 1.145 (pari al 28,6%) hanno riguardato prodotti distribuiti sul mercato”, mentre “1.478 notifiche si riferiscono a prodotti in importazione respinti ai confini (36,9%) e non distribuiti sul mercato europeo”. A dimostrazione che i rischi per la salute, legati specialmente ai prodotti di provenienza extraeuropea, sono tuttora molto concreti.
Ma non è tutto. L’indagine ha rilevato infatti “numerose segnalazioni sui prodotti nazionali per corpi estranei e allergeni non dichiarati in etichetta”. Raccomandando agli “operatori del settore alimentare di porre una maggiore attenzione alla riduzione dei pericoli negli alimenti attraverso una più efficace attività di autocontrollo compresa la verifica dei fornitori e delle materie prime”.
Cosa vedremo nella prossima puntata
Il nostro viaggio nel mondo dell’alimentazione sostenibile è appena cominciato. Nel prossimo articolo, in uscita venerdì prossimo, vi aspettiamo con i nostri consigli utili, per poi approfondire tutti gli aspetti legati alla filiera alimentare, dalla produzione alla distribuzione. Continuate a seguirci!
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