Moda sostenibile – Cos’è e dove trovare capi di abbigliamento a misura di Pianeta


Moda sostenibile – Cos’è e dove trovare capi di abbigliamento a misura di Pianeta è scritto in collaborazione con Alessandra Modica e Laura Panini

Cos’è la moda sostenibile? Dove e come si possono trovare capi di abbigliamento rispettosi delle persone, dell’ambiente e degli animali? Con la seconda uscita, in due parti, la nostra rubrica Sosteniamoci risponde a queste e altre domande con una serie di informazioni utili.

Prima di conoscere meglio il “lato buono” della moda, vi consigliamo di leggere l’ottimo articolo che Camilla Tuccillo ha dedicato al suo aspetto più oscuro. Una puntuale analisi del fast fashion e delle sue conseguenze ambientali.

Cos’è la moda sostenibile

Per capire cos’è la moda sostenibile (o moda etica), possiamo partire dalla definizione di sviluppo sostenibile data nel Rapporto Brundtland della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (1987). È sostenibile “quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

In concreto, per quanto riguarda in particolare l’ambito della moda, questa definizione si può declinare in tre principali aspetti: la sostenibilità relativa all’ambiente, alle persone e agli animali.

Le scelte produttive delle aziende e quelle dei consumatori – per quanto riguarda sia l’acquisto che l’uso – impattano infatti in modi differenti su queste tre variabili, come vedremo nel corso dell’articolo.

Alla scoperta della moda sostenbile

(Credits Free-Photos, Pixabay)

Nello scenario attuale, purtroppo, è molto difficile trovare prodotti che siano allo stesso tempo completamente rispettosi dell’ambiente, dei diritti umani dei lavoratori e del benessere animale.

Proprio per questo, è importante scoprire alcuni strumenti utili a mitigare il nostro impatto facendo scelte oculate, così da indirizzare la produzione verso orizzonti più sostenibili.

Alla scoperta delle certificazioni

Il primo e più immediato strumento per valutare la sostenibilità con cui è realizzato un capo d’abbigliamento sono le certificazioni. Si tratta, in altre parole, delle etichette che testimoniano gli standard produttivi ai quali il marchio ha scelto di adeguarsi.

Il fatto che attenersi a questi standard sia tuttora una scelta opzionale per le aziende che delocalizzano in Paesi terzi – anche se parliamo di questioni basilari come l’inquinamento ambientale e i diritti umani – è il principale punto di debolezza di questo sistema.

Insieme al fatto che le certificazioni sono rilasciate a pagamento da enti privati, sollevando qualche dubbio sulla loro attendibilità.

Le principali certificazioni della moda sostenibile

Proprio per questo, è bene sapersi districare nel gran numero di certificazioni nate negli ultimi anni, che testimoniano comunque una crescita dell’interesse per la moda sostenibile. La certificazione più nota, diffusa e autorevole è certamente Fairtrade: il suo marchio di produzione tessile cerficata garantisce la sostenibilità ambientale e sociale dei capi.

Per quanto riguarda invece il benessere animale, consigliamo di cercare soprattutto il marchio Vegan ok, presente come Fairtrade anche in ambito alimentare. Tra le certificazioni di questo tipo nate in Italia merita una citazione Animal Free Fashion, progetto Lav che classifica i prodotti in base a un “rating etico” da V a VVV+.

Certificazioni della moda sostenibile

(Credits: Animal Free, BCI, Fairtrade, Vegan ok)

L’etichetta Bci (Better Cotton Initiative) porta invece l’attenzione sul fatto che il livello di sostenibilità di un capo è determinato anche dalle materie prime, che per esempio possono essere prodotte con il metodo biologico. Garantendo la tracciabilità totale del cotone, il marchio Bci garantisce che i diritti umani e l’ambiente siano rispettati anche nelle fasi che precedono la lavorazione.

Esiste poi la Gots (Global Organic Textile Standard), legata alle coltivazioni biologiche. Non riguarda, però, una specifica materia prima.

Tra le certificazioni dedicate all’impresa e alla filiera in toto, e non al singolo prodotto, spicca quella dell’Organizzazione mondiale del commercio equo e solidale. Infine vogliamo citare Get it fair, un altro progetto nato in Italia, che verifica la sostenibilità complessiva delle strategie aziendali adottate da ciascuna impresa.

Gli standard internazionali per le imprese

Le certificazioni sono uno strumento a disposizione del consumatore per aiutarlo nelle sue scelte d’acquisto.

Cosa può fare, invece, un’azienda che vuole intraprendere la strada della sostenibilità? La risposta è semplice: rendere la propria produzione conforme ad alcuni standard internazionali.

I due principali standard che certificano la responsabilità sociale sono l’Sa 8000 (Social Accountability, nato già nel 1997) e il più recente Iso 26000, che risale al 2020. Molti altri standard più specifici sono dedicati invece ai numerosi aspetti legati alla sostenibilità: dall’efficienza energetica alla sicurezza sul lavoro, fino gestione dell’ambiente.

Leggi e moda sostenibile

Oltre agli standard, che prevedono un’adesione volontaria come le certificazioni, ci sono le leggi. Ma questo è un punto dolente.

Per anni, infatti, l’Unione Europea ha tentato di sollecitare questi cambiamenti fornendo alle aziende solo strumenti non vincolanti, come linee guida, standard, eccetera. Nel 2020, però, uno studio della Commissione europea ha evidenziato che queste misure sono rimaste largamente inutilizzate. Quindi è stata elaborata una proposta di Direttiva per obbligare le aziende che delocalizzano in Paesi terzi a garantire il rispetto di standard di sostenibilità lungo tutta la filiera produttiva.

Le principali fonti di riferimento a livello internazionale, che al momento rimangono volontarie, sono i Principi guida delle Nazioni Unite per le imprese e i diritti umani (2011) e la Due diligence guidance for responsible supply chains in the garment and footwear sector dell’Ocse (2018).

Da parte sua, l’Italia ha presentato all’Ue il Piano di azione nazionale impresa e diritti umani 2016-2021, mentre la Camera nazionale della moda italiana ha avviato nel 2011 una road map con l’obiettivo della sostenibilità.

Dove trovare la moda sostenibile

Dopo aver definito la moda sostenibile, certificazioni, standard e leggi che la regolamentano, è il momento di capire dove trovarla. Che non è esattamente la cosa più semplice del mondo.

Perché, nonostante il crescente interesse per questo tema, la diffusione di strumenti informativi, marchi e punti vendita di moda sostenibile in Italia è ancora piuttosto limitata.

Scelte e moda sostenibile

“L’opzione più sostenibile è girare nudi. Al secondo posto ci siamo noi” (Credits Charles Etoroma, Unsplash)

Nel corso del tempo, alcuni pionieri del settore sembrano aver ceduto il passo. Altri, invece, rilanciano nonostante il difficile momento storico che stiamo attraversando.

L’editore Emi, che nel 2006 aveva pubblicato l’innovativa Guida al vestire critico, ci comunica che negli anni successivi “non si è ritenuto di procedere ad una nuova edizione” per “motivi editoriali”.

Ma è chiaro che, per sua stessa natura, se non aggiornata costantemente una guida del genere diventa inutile.

Altromercato e la moda sostenibile

Alla principale realtà italiana del commercio equo e solidale, Altromercato, abbiamo chiesto invece le ragioni del ritardo nella presentazione della collezione femminile primavera/estate 2021. BacK in Bloom, infatti, non è ancora disponibile per l’acquisto online sul sito del marchio e non è stato possibile acquistare nemmeno gli articoli autunno/inverno 2020/21.

“Siamo un po’ in ritardo rispetto alle proposte di moda ‘tradizionale’ – ci spiega l’ufficio stampa di Altromercato – perché abbiamo mantenuto tutti gli ordini ai produttori nonostante le difficoltà della pandemia. La decisione ovviamente ha portato ritardi nelle consegne, ma era importante per noi continuare a sostenerli soprattutto adesso”.

Alla domanda sull’assenza di una linea di abbigliamento per l’uomo, invece, ci viene riferito che “la moda maschile non viene sviluppata perché fin dagli albori ci siamo concentrati sulla moda femminile, di cui noi e i nostri partner abbiamo il know how per la produzione”.

Concludendo… per ora

La prima parte del nostro articolo si conclude qui. Nella seconda, in uscita martedì su Discorsivo, andremo insieme alla scoperta di classifiche e app dedicate alla moda sostenibile, oltre alle sette regole d’oro per il vostro armadio.

Non mancate!

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