Somewhere over the technicolor – Come è stato girato Il mago di Oz?


Se per raggiungere l’Isola che non c’è dobbiamo puntare la bussola verso la seconda stella a destra, per raggiungere Oz ci basterà arrivare somewhere over the rainbow“, da qualche parte oltre l’arcobaleno. Per farlo al cinema abbiamo dovuto aspettare l’invenzione del technicolor, che ha dato vita a questo luogo magico.

Il Technicolor 4 è infatti la tecnica cinematografica con cui è stata colorata la città del mago di Oz. Scarpette rosse, streghe verdi… Ogni tanto però, durante la produzione, ogni suo colore è stato perso; le sue strade e i suoi abitanti sono diventati bianchi e neri.

Il Technicolor 4 è la tecnica cinematografica con cui sono state girate le scene a colori de Il mago di Oz

Dorothy, l’uomo di latta e lo spaventapasseri (Credits: Mgm; Fonte: Flavorwire; Rielaborazione: Marco Frongia)

Almeno sulla pellicola. Proprio da qui, dalle pellicole in bianco e nero, proveremo a dar loro colore; come nel 1939 ha fatto il Technicolor 4.

La chimica del technicolor: la pellicola

La pellicola, oltre a essere portatrice di nostalgia e tempi andati, è una striscia flessibile di un materiale chiamato triacetato di cellulosa. Su questa viene spalmata un’emulsione gelatinosa contenente sali d’argento. Grani costituiti da cloro (o bromo o iodio) e argento.

La pellicola è un nastro di triacetato di cellulosa, un materiale sensibile alla luce

Una pellicola di triacetato di cellulosa (Credits: Andrew Hitchcock su Flickr , Creative Commons)

Perché l’argento? Perché, per poter intrappolare sulla pellicola delle immagini, servono sostanze sensibili alla luce. Si dà il caso che l’argento lo sia.

I sali d’argento sono infatti inizialmente incolori. Quando vengono colpiti dalla luce emanata da un oggetto, diventano scuri. Questione di chimica. Prendiamo ad esempio il bromuro d’argento. La luce lo colpisce e lo separa nei due componenti. Il bromo libero dona un elettrone all’argento libero. Quest’ultimo diventa così di colore scuro – in questa fase viene detto argento metallico.

Su una pellicola negativa, tutto ciò che nella realtà è colorato o bianco diventa scuro; la luce che emana colpisce i grani e li inscurisce. Tutto ciò che è nero resta chiaro: non emana luce e i grani non vengono colpiti. Se davanti alla macchina da presa ci sono le scarpette rosse di Dorothy, sulla pellicola ritroveremo delle scarpette scure.
Passando a una pellicola positiva, il bianco e il nero si invertono: le scarpette di Dorothy saranno chiare.

La fisica del technicolor: come vediamo i colori

A proposito di scarpe. Prima di arrivare al technicolor, facciamo ancora un passo indietro.

Perché vediamo i colori? Stavolta è questione di fisica. In particolare, di luce. Come ci insegnano Newton e (forse di più) i Pink Floyd, la luce bianca è composta da sette fasci di colori diversi. La somma di rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e viola è luce bianca.

Tutte le cose del mondo, animate e inanimate, assorbono luce. Il loro colore è dovuto ai fasci di luce che non vengono assorbiti. Vediamo una foglia verde perché assorbe sei fasci di luce su sette: il fascio verde viene riflesso e arriva al nostro occhio. Così le scarpette di Dorothy: assorbono tutti i fasci di luce tranne quello rosso. Ed è quello a venire riflesso e ad arrivare al nostro occhio.

Di questi sette colori, tre sono detti primari: rosso, verde e blu. Dalla loro combinazione derivano tutti gli altri.

Un oggetto ciano riflette luce blu e luce verde.

Uno giallo, luce rossa e luce verde.

Uno magenta, luce blu e luce rossa.

Un oggetto che riflette tutti i fasci ha il colore della loro somma: bianco. Al contrario, un oggetto che li assorbe tutti e non ne riflette nessuno è nero.

Il colore degli oggetti è dovuto ai fasci di luce che riflettono

Spettro dei colori primari e secondari (Credits: Masakazu Matsumoto su Flickr , Creative Commons)

Il Technicolor 4

Il Technicolor 4 fa uso di tre diverse pellicole in bianco e nero per ottenerne – per sovrapposizione – una unica a colori. Dalla luce derivante da una stessa scena vengono selezionati i fasci dei tre colori primari: verde, blu, rosso. Un fascio colorato per una pellicola in bianco e nero. Da ciascuna riotterremo il colore primario e il suo complementare.

Ciak si gira!

Sul set de Il mago di Oz

Grazie al Technicolor 4 sono stati ricreati su pellicola i colori originali delle scene riprese

Technicolor 4: scena a colori (Credits: Mgm; Fonte: Flavorwire)

Sulla scena: Dorothy, lo spaventapasseri e l’uomo di latta. La luce riflessa dai personaggi entra nell’obiettivo della macchina da presa. Vediamo cosa succede pellicola per pellicola…

Verde

Un filtro verde blocca tutti i fasci di luce colorata, tranne quelli verdi. Questi arrivano fino a una prima pellicola e la impressionano. Gli oggetti verdi diventano scuri; quelli rossi e blu restano chiari. Se vistate chiedendo perché il verde della giacca dello spaventapasseri non è così scuro, una spiegazione c’è: essendo un verde scuro, emana meno luce rispetto a un verde primario. Inscurisce meno l’argento. Abbiamo un negativo in bianco e nero di selezione verde.  Stampandolo su una pellicola positiva in bianco e nero, i colori si invertono. Gli oggetti verdi risultano chiari; gli altri risultano scuri.

Il primo passaggio della tecnica prevede la creazione di negativi di selezione per i fasci dei tre colori primari

Technicolor 4: negativo di selezione verde (Credits: Mgm; Rielaborazione: Marco Frongia)

 Blu

Un filtro magenta blocca tutti i fasci di luce colorata, tranne quelli rossi e blu. Questi arrivano fino ad una seconda pellicola e la impressionano. Essendo insensibile al rosso, diventano scuri gli oggetti blu; quelli rossi e verdi restano chiari. Abbiamo un negativo in bianco e nero di selezione blu. Stampandolo su una pellicola positiva in bianco e nero, i colori si invertono. Gli oggetti blu risultano chiari; gli altri risultano scuri.

Il primo passaggio della tecnica prevede la creazione di negativi di selezione per i fasci dei tre colori primari

Technicolor 4: negativo di selezione blu (Credits: Mgm; Rielaborazione: Marco Frongia)

Rosso

Un filtro magenta (che abbiamo visto in azione sulla pellicola precedente) blocca tutti i fasci di luce colorata, tranne quelli rossi e blu. Filtro rosso: passano solo i fasci rossi. Questi arrivano fino a una terza pellicola e la impressionano. Diventano scuri gli oggetti rossi; quelli verdi e blu restano chiari. E i capelli di Dorothy? Dopotutto sono rossi! Non così tanto però: fossero stati di un colore più vicino al rosso primario li avremmo visti quasi neri. Essendo invece di una sfumatura più chiara del rosso, li vediamo grigi. Abbiamo un negativo in bianco e nero di selezione rosso. Stampandolo su una pellicola positiva in bianco e nero, i colori si invertono. Gli oggetti rossi risultano chiari; gli altri scuri.

Il primo passaggio della tecnica prevede la creazione di negativi di selezione per i fasci dei tre colori primari

Technicolor 4: negativo di selezione rosso (Credits: Mgm; Rielaborazione: Marco Frongia)

Stampiamo i tre positivi su altrettante pellicole in bianco e nero costituite da una speciale gelatina in grado di assorbire colorante. Otteniamo tre matrici per stampa del positivo.

Dai negativi si ottengono dei positivi di selezione che vengono poi stampati su pellicole in grado di assorbire coloranti

Technicolor 4: positivi di selezione verde, blu rosso (Credits: Mgm; Fonte: Flavorwire; Rielaborazione: Marco Frongia)

Bagni di colore

Dobbiamo immergere le tre matrici in bianco e nero in altrettanti coloranti. Che colori scegliamo? Colori complementari ai primari: se vogliamo ottenerne uno, l’altro non deve esserci.

Immergiamo la matrice di selezione verde in un colorante magenta: le zone chiare – verdi nella realtà – assorbono poco colorante. Le zone scure – rosse e blu – ne assorbono tanto.

Le matrici per stampa, ottenute dai positivi di selezione, vengono immerse in coloranti complementari al colore selezionato sul positivo

Technicolor 4: matrice di selezione verde immersa nel magenta (Credits: Mgm; Rielaborazione: Marco Frongia)

Immergiamo la matrice di selezione blu in un colorante giallo: le zone chiare – blu nella realtà – assorbono poco colorante. Le zone scure – rosse e verdi – ne assorbono tanto.

Le matrici per stampa, ottenute dai positivi di selezione, vengono immerse in coloranti complementari al colore selezionato sul positivo

Technicolor 4: matrice di selezione blu immersa nel giallo (Credits: Mgm; Rielaborazione: Marco Frongia)

Immergiamo la matrice di selezione rosso in un colorante ciano: le zone chiare – rosse nella realtà – assorbono poco colorante. Le zone scure – verdi e blu – ne assorbono tanto.

Le matrici per stampa, ottenute dai positivi di selezione, vengono immerse in coloranti complementari al colore selezionato sul positivo

Technicolor 4: matrice di selezione rosso immersa nel ciano (Credits: Mgm; Rielaborazione: Marco Frongia)

Abbiamo tre matrici di stampa piene di colore. Non ci resta che stamparle una sopra l’altra – perfettamente sovrapposte – su un’ultima pellicola.

Se nello stesso punto si sommano poco magenta, stessa quantità di giallo e ciano: riotteniamo il verde.

Poco giallo, stessa quantità di magenta e ciano: riotteniamo il blu.

Poco ciano, stessa quantità di giallo e magenta: riotteniamo il rosso.

Oz a colori

E gli altri colori? Sulla pellicola da proiettare otteniamo il magenta/giallo/ciano perché, in quel punto, l’immagine è chiara su due pellicole e scura sulla terza – dove assorbe tanto magenta/giallo/ciano.

Il magenta, per esempio.

Gli oggetti magenta emettono luce rossa e luce blu. Saranno scuri sul negativo di selezione rosso e blu. Chiari su quello verde. Viceversa: chiari sui positivi di selezione rosso e blu. Scuri su quello verde. Dopo il bagno nei coloranti, sommeremo su uno stesso punto poco ciano, poco giallo e tanto magenta. Abbiamo il magenta.

Funziona nello stesso modo per il giallo e il ciano.

Abbiamo fatto tornare i colori a Oz. Ed eccoci arrivati “somewhere over the rainbow”!

 

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