Dalla caccia all’agricoltura – Storia di mammut, lenticchie e cambiamenti climatici
Quando camminiamo per le nostre grandi città o quando visitiamo le capitali degli altri Paesi, spesso ci dimentichiamo che il mondo non è sempre stato così. Ammiriamo i musei e le biblioteche, l’architettura dei palazzi che ci circondano o le stazioni della metropolitana, senza chiederci cosa ci fosse lì prima di quegli edifici. Solo per il 5% della sua storia l’uomo ha iniziato a vivere in paesi e città. Prima di allora non c’era una complessa società organizzata, nata quando gli uomini iniziarono a coltivare la terra e diventarono stanziali. Cosa ha cambiato nella nostra storia il passaggio dalla caccia all’agricoltura?
La vita dei cacciatori
Tra i 300mila e 250mila anni fa comparve l’Homo sapiens. Per la maggior parte del tempo, la specie umana ha vissuto in piccoli accampamenti o spostandosi continuamente, procurandosi il cibo con la caccia e il raccolto. La dieta principalmente carnivora era una fonte di energia e proteine importante per gli uomini, che si specializzarono sempre di più nelle tecniche e nella produzione delle armi.

Scene di caccia: iscrizioni rupestri, riserva naturale del Wadi Rum, Giordania (Foto di Giorgia Serra, dicembre 2019)
Piccoli gruppi di uomini spaventavano i grandi animali grazie al fuoco, li attaccavano con lance e con le carni dei grossi animali abbattuti riuscivano facilmente a sfamare molte persone.
Ma poi, a un certo punto della nostra storia, qualcosa è cambiato. I paleontologi hanno cercato di capire quale sia stato il punto di svolta che ha portato l’uomo a stanziarsi e mano a mano a creare paesi, città e metropoli da milioni di persone che oggi conosciamo. I paleontologi hanno potuto studiare i nostri antenati e formulare ipotesi, grazie allo studio delle mummie, ma anche delle… discariche preistoriche! L’analisi dei rifiuti, dei fossili di feci umane e dei cadaveri ha permesso infatti di studiare non solo le malattie, ma anche le abitudini degli uomini preistorici.
Gli studi
È chiaro ai paleontologi che l’uomo avesse le capacità cognitive sufficienti per capire i vantaggi delle coltivazioni. Perché allora i primi terreni coltivati compaiono solo centinaia di migliaia di anni più tardi? L’agricoltura stanziale ha degli svantaggi nella produzione: è soggetta ai tempi della natura, richiede sforzo fisico e impegno per il mantenimento delle piantagioni, richiede necessita di metodi di conservazione e gestione del raccolto. Rispetto alla caccia, non permette di spostarsi in cerca di greggi, il cibo a disposizione non è immediato e la dieta è poco varia e poco nutriente.
I paleontologi hanno studiato i corpi ritrovati (ossa e denti) e hanno notato come i resti degli agricoltori vi siano segni di malnutrizione, rintracciabile soprattutto da carenza dello smalto dei denti, anemia sideropenica, aumento delle lesioni ossee e alla colonna vertebrale L’aspettativa di vita è scesa dai 26 anni nelle comunità dei cacciatori ai 19, nelle comunità di agricoltori. Quindi probabilmente i nostri antenati non avevano bisogno delle coltivazioni e non ne hanno tratto un giovamento.
Ma nei millenni successivi qualcosa è cambiato nelle necessità degli uomini e li ha portati a preferire l’agricoltura alla caccia.
Dalla caccia all’agricoltura
Dopo l’era glaciale, poco meno di 12mila anni fa, i cambiamenti climatici hanno avuto un forte impatto. L’innalzamento delle temperature, le maggiori precipitazioni, l’aumento della durata delle stagioni più calde e la stabilità climatica a lungo termine hanno fornito condizioni più favorevoli alla coltivazione dei terreni. Inoltre, i grandi animali hanno iniziato a estinguersi a causa dei cambiamenti climatici – e alla conseguente diminuzione delle risorse alimentari a disposizione – e della caccia dell’uomo, diventata sempre più efficiente.
I mammut, i rinoceronti lanosi e le alci irlandesi che abitavano l’Europa e l’Africa si estinsero tra i 40mila e 10mila anni fa. Nel continente americano cavalli, armadilli giganti, mammut e bradipi si estinsero tra i 15mila e gli 8mila anni fa. La stessa situazione si verificò anche in Oceania. La mancanza di grandi prede da cacciare rese più difficile all’uomo procacciarsi il cibo, spingendolo verso la coltivazione. Il vecchio stile di vita non era più sostenibile e i nostri antenati hanno dovuto aguzzare l’ingegno per trovare nuovi metodi per avere del cibo.
Probabilmente per caso, gli uomini iniziarono a notare che i semi raccolti – se lasciati sul terreno – producono a loro volta delle piante. Iniziarono così a coltivare i cereali selvatici, piante infestanti che crescono in condizioni difficili. Passarono poi alla coltivazione dei legumi (come lenticchie, ceci e piselli), agli ulivi, ai datteri e alla vite. Questi alimenti vegetali erano ricchi in proteine e carboidrati, crescevano in abbondanza e permettevano di sfamare la popolazione.
Il passaggio dalla caccia all’agricoltura portò l’uomo a costruire abitazioni e diventare stanziale. I piccoli gruppi di cacciatori si ingrandirono e si crearono i primi insediamenti. Era l’inizio di qualcosa di nuovo per la specie umana.
I cambiamenti sociali
Gli studiosi hanno sempre individuato nel passaggio dalla caccia all’agricoltura il salto sociale della nostra specie verso la civiltà, migliorando la vita degli uomini. Si è sempre pensato che l’agricoltura avesse dato la spinta alla creazione di una struttura sociale organizzata delle comunità e introdotto gli scambi commerciali. Inoltre, grazie al tempo libero lasciato dalla gestione delle coltivazioni rispetto all’impegno giornaliero della caccia, si reputava che avesse incentivato le attività intellettuali come lo studio, la scienza e la filosofia intensificando la spinta alla civiltà.
Alla luce di questa analisi però, sembra che il passaggio all’agricoltura non sia stata una scelta ponderata per il futuro. Le civiltà che ci hanno portato a essere ciò che siamo adesso sono la conseguenza a un tentativo di sopravvivenza ai cambiamenti ambientali del nostro pianeta. Abbiamo abbandonato la caccia per necessità. Siamo diventati agricoltori perché in quel momento era il modo migliore per sfamarci.
Non solo gli animali si adattano all’ambiente per sopravvivere, ma così abbiamo fatto anche noi. E questo ci ha portati inconsapevolmente a essere ciò che siamo oggi.
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