Daphne Caruana Galizia, svolta nelle indagini sull’omicidio
Due anni dopo l’omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, le indagini sembrano aver finalmente raggiunto il punto di svolta. Con l’arresto dell’intermediario tra esecutori e mandante, infatti, si è sbloccata una situazione sostanzialmente in stallo da quel tragico 16 ottobre 2017.
Malta è dietro l’angolo, e il suo ruolo di porto franco per capitali di dubbia provenienza non è certo un mistero. Tanto che il piccolo Paese mediterraneo era tra quelli finiti al centro dello scandalo Panama Papers, balzato agli onori delle cronache nel 2016.
Una società in particolare era finita nel mirino della giornalista: la 17 Black, con sede a Dubai, che rivelava collegamenti tra l’imprenditore Yorgen Fenech e due esponenti di spicco del governo, il capo di gabinetto Keith Schembri e il ministro dell’energia – poi del turismo – Konrad Mizzi.
La morte di Daphne e quella del collega slovacco Ján Kuciak appena quattro mesi dopo hanno reso impossibile chiudere gli occhi di fronte alle crescenti limitazioni alla libertà di stampa, che con l’omicidio di due reporter nel cuore dell’Europa hanno raggiunto livelli di gravità inediti in tempi recenti.
Anche per questo, 45 giornalisti e 18 testate di tutto il mondo – compresa l’italiana Repubblica – hanno dato vita al team d’inchiesta internazionale The Daphne Project, con l’obiettivo di proseguire il lavoro di Caruana Galizia e tenere alta l’attenzione sulle indagini relative alla sua morte.
Indagini cominciate con dieci arresti un mese e mezzo dopo l’omidicidio, di cui tre si sarebbero rivelati più importanti degli altri: Vincent Muscat, George e Alfred Degiorgio, accusati di essere niente meno che gli esecutori materiali dell’omicidio.
Ma a questo punto delle indagini – siamo nell’estate 2019 – sembrano non esserci ancora elementi riguardo ai mandanti. Che invece sono emersi in rapida successione nelle ultime settimane, con il fermo di un altro personaggio chiave della vicenda: l’intermediario Melvin Theuma.
Arrestato il 14 novembre, in cambio della grazia concessa dal primo ministro Joseph Muscat, l’uomo ha infatti reso sei giorni dopo una confessione piena, confermando il ruolo di Yorgen Fenech quale mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia.
Proprietario di numerosi dei casinò presenti sull’isola, della centrale elettrica di Malta e soprattutto della famigerata holding Black 17 con sede a Dubai, l’imprenditore è stato arrestato il 20 novembre scorso mentre tentava di lasciare il Paese a bordo del suo yatch.
Il fermo di Fenech conferma il quadro emerso dalle inchieste di Caruana Galizia, a cui molto probabilmente si deve la sua morte: tangenti per 2 o 3 milioni di euro pagate dall’imprenditore a Keith Schembri e Konrad Mizzi per la costruzione della centrale elettrica.
Per confermare il coinvolgimento diretto di figure di primo piano del governo, tuttavia, anche Fenech ha chiesto la grazia al primo ministro: una circostanza che ha posto il capo dell’esecutivo in una situazione di grave conflitto d’interessi, al punto che la famiglia della giornalista ha chiesto una sua presa di distanze dall’inchiesta, accompagnata da ripetute manifestazioni di piazza in tutto il Paese.
Mentre continuano a emergere prove sempre più schiaccianti in merito all’omicidio – compreso il prezzo della vita di Daphne: 150mila euro – il governo ha negato la grazia a Yorgen Fenech, con l’astensione del primo ministro Muscat che nel frattempo ha annunciato le dimissioni per il prossimo 12 gennaio.
Dopo aver incassato il colpo nel 2017, limitandosi a convocare nuove elezioni poi vinte all’indomani della morte di Caruana Galizia, ora Joseph Muscat si appresta ad uscire definitivamente dalla scena politica maltese, non prima di aver dato tempo al partito laburista di individuare un nuovo leader.
Ma la finestra temporale di oltre un mese prima delle sue dimissioni – anche secondo la delegazione del Parlamento europeo che ha appena concluso la sua missione sull’isola – potrebbe dar modo agli esponenti di governo coinvolti nello scandalo di inquinare le prove.
Se infatti Mizzi e Schembri si sono dimessi e il ministro dell’economia Christian Cardona si è auto sospeso (per poi essere re-integrato), il capo di gabinetto del premier è già tornato in libertà, proprio mentre si aggravano le accuse nei suoi confronti da parte di Yorgen Fenech.
Ora si tratta di mantenere l’attenzione sulla vicenda in vista della sentenza e in attesa di capire se nel frattempo – di qui al 12 gennaio – il primo ministro Muscat resterà al suo posto o lascerà l’incarico. Ascoltando le piazze maltesi che chiedono a gran voce verità e giustizia per Daphne.
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