Emergenza climatica: gli ultimi fatti e le ultime notizie


Una settimana fa circa, il presidente Trump ha iniziato le procedure per ritirarsi completamente dall’ Accordo sul clima di Parigi, considerato limitante nei confronti degli interessi economici e delle sviluppo degli Stati Uniti, rendendo così questi ultimi l’unico paese al mondo fuori dal patto. Una presa di posizione che potrebbe avere serie ripercussioni, poiché l’emergenza climatica e le conseguenze catastrofiche possibili non conoscono barriere nazionali. Se la temperatura globale s’innalza di un grado Celsius prima della fine del secolo, non avrà senso perseguire interessi nazionali perché non ci sarà futuro a livello mondiale.

Ban Ki Moon (ex segretario nazionale delle Nazioni Unite) e Patrick Verkooijen (direttore del Global Centre on Adaptation) affermano in un articolo del NYT che investire in strutture e metodi per combattere il riscaldamento globale o l’innalzamento dei livelli delle acque è una scelta vincente, per ovvi motivi a livello ambientale e perché estremamente redditizia a livello economico, con previsioni che parlano di bilioni di dollari in profitti. Esortano Trump a rivedere la sua decisione e a non aspettare che sia troppo tardi.

Se le notizie oltreoceano sono un po’ sconfortanti, in Italia si è recentemente avanzata una proposta che è stata acclamata all’estero. Il ministro dell’educazione Lorenzo Fioramonti ha dichiarato che dal 2020 sarà obbligatorio studiare a scuola una nuova materia di stampo ambientale, che educherà studenti di qualsiasi età sul clima e sulla sostenibilità. Si aspetta il 2020 per vedere attuata tale proposta, ma l’idea è già un segno di speranza e della necessità impellente di attuare a livello più profondo nella società per generare un cambiamento vero e proprio.

Le proteste in strada e la disobbedienza civile su grande scala, infatti, non sono sufficienti e a volte sono ostacolate dai governi perché creano disagi sociali importanti che subiscono gli individui nel loro piccolo e non sensibilizzano radicalmente la popolazione come vorrebbero. Ne è un esempio l’Australia, il cui governo sta ponendo freni notevoli all’ attivismo ambientale.

In Australia, il problema su cui si richiede un’azione politica decisiva è la dipendenza ancora molto diffusa dal carbone, che fa sì che il paese arranchi nell’ intento di ridurre le emissioni e quindi combattere l’inquinamento. Ci sono stati recentemente episodi di protesta considerati esagerati, fra cui un attivista che si è incatenato a dei binari bloccando un treno ed altri che si sono incollati a delle strade causando grandi ingorghi. Il primo ministro australiano Scott Morrison ha denunciato questi comportamenti, definendoli egoisti nei confronti del resto della popolazione. Se in parte è vero che tali atteggiamenti creano disagi, il soffocare sempre più fortemente proteste civili pro-ambiente ha allarmato i ricercatori e i sostenitori della causa.

È difficile agire radicalmente nei confronti dell’ ambiente mantenendo lo status quo. Questo è il messaggio delle proteste in Australia e dell’iniziativa scolastica in Italia. È ancora più difficile farlo se un paese come gli Stati Uniti nuota apertamente contro corrente.

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