La questione dell’indipendenza catalana: proteste post sentenza


525 mila persone, ovvero circa un terzo degli abitanti di Barcellona secondo la polizia municipale avrebbe preso parte alle proteste dei giorni scorsi contro la sentenza del governo centrale spagnolo nei confronti dei leader secessionisti che nel 2017 hanno indetto un referendum illegale per costituire uno stato catalano. Da lunedì scorso la mobilitazione di manifestanti pro indipendenza catalana e delle forze dell’ordine è stata enorme, in Catalogna ma anche nella capitale spagnola.

La voce di una parte del popolo si è fatta sentire in maniera pacifista ma imponente, tanto da causare la cancellazione di decine di voli all’aeroporto El Prat di Barcellona e da bloccare le strade principali della città. La protesta è sfociata però spesso in situazioni pericolose, da guerriglia urbana, come barricate e lanci di oggetti che hanno causato molti arresti e molti feriti e un conseguente allarme generale a livello nazionale ed anche internazionale. Per evitare ulteriori e prevedibili disagi e danni, la Federazione calcistica spagnola ha deciso di rinviare il cosiddetto “clasico”; la partita fra Real Madrid e Barcellona.

La tensione dovuta alle spinte indipendentiste in Catalogna è sempre stata palpabile. Negli ultimi anni si è aggravata a livello sociale, per esempio portando numerose famiglie a decidere di lasciare la regione per evitare un confronto politico con vicini o concittadini, spesso marcato da intolleranza e disprezzo.

Le ultime proteste sono state provocate dalla sentenza che ha condannato 12 leader indipendentisti catalani da 9 a 12 anni di carcere, fra questi l’ex vicepremier Oriol Junkeras e i tre consiglieri Raül Romeva, Jordi Turull y Dolors Bassa. L’accusa è sedizione e appropriazione indebita. La corte suprema ha scartato il reato di ribellione, che avrebbe comportato pene più gravi e una reclusione ed esclusione dalle cariche pubbliche molto più lunga. Infatti, nonostante si siano verificati e siano stati provati episodi di violenza nell’autunno del 2017, per dichiarare il reato di ribellione la violenza avrebbe dovuto essere funzionale, premeditata e non lo fu. Alcuni magistrati hanno avanzato come prova il fatto che bastò una decisione del Tribunal Consitucional per impedire che si applicassero le leggi di rottura del Parliament catalano e la pubblicazione di un articolo costituzionale nel bollettino ufficiale che dichiarava la colpevolezza di alcuni politici per far fuggire dal paese alcuni degli accusati.

La sentenza è stata accolta abbastanza unanimemente dai personaggi politici spagnoli di rilievo: il presidente del governo in carica, Pedro Sánchez ha escluso una possibilità di indulto per i condannati e ha assicurato il compimento della decisione della corte suprema; il leader del partito di destra PP ha dichiarato che la sentenza era ciò che gli accusati si meritavano, che “chi fa, paga” e, infine, il segretario generale del partito di sinistra Podemos, Pablo Iglesias, ha avanzato il dubbio che quanto successo possa mettere fine ai sommovimenti in Catalogna.

Quest’ultimo parere sembra rappresentare lo scenario futuro più probabile e più temuto. Tuttavia, solo il tempo potrà dire se le spinte indipendentiste scemeranno da sole o se si arriverà a un accordo che calmerà le voci di protesta e che soddisferà le varie parti politiche.

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