Milena, oltre Kafka


Milena Jesenská (1896-1944)

“Finché ci saranno dei più forti, staremo dalla parte dei più deboli”
“Siamo un pesciolino nell’oceano ma possiamo fermare la barbarie”

Chino nel suo studio fra i suoi muri a scuri chiusi
E dentro al buio di un silenzio ora trafitto dai gufi
Combatteva contro un sogno e i suoi amletici dubbi
Combatteva contro il sogno e i suoi eserciti muti
Come una danza, lei sulla carta
Lei lo incantava e lo stringeva a sé
Sai la distanza non è che un’aria
Che si alza calda e mi riporta a te

La distanza. Il buio. La potenza delle parole incise sulla carta. Con queste immagini il rapper e professore Murubutu descrive la storia, tanto virtuale quanto tormentata, tra Franz e Milena nel brano contenuto nell’ultimo album Tenebra è la notte e altri racconti di buio e crepuscoli, uscito il 1° febbraio 2019.

Franz, di cognome Kafka, e Milena si sono incontrati poche volte – forse quattro o cinque – e non hanno mai vissuto la quotidianità di un amore. La loro relazione è stata esclusivamente platonica, tratteggiata nei numerosi carteggi che oggi tutti ricordiamo. Ma Milena, di cognome Jesenská, non è stata solo “quella delle lettere di Kafka”, una delle tante muse e icone sentimentali che popolano l’immaginario artistico e letterario.

Milena Jesenská è stata giornalista, scrittrice e traduttrice, una delle prime a descrivere con lucidità e lungimiranza chirurgiche l’ascesa del Terzo Reich e a denunciarne gli orrori.

Milena nasce a Praga nel 1896 da Milena Hejzlarovà –che muore quando la figlia omonima ha solo 16 anni- e da Jan Jesensky, professore di medicina presso l’Università Carolina di Praga, fervente patriottico dall’atteggiamento dispotico. La giovane studia alla Minerva, il primo liceo classico femminile dell’Europa centrale, per poi approdare alla facoltà di Medicina, che abbandona poco dopo per frequentare il Conservatorio. Dopo aver interrotto anche gli studi musicali, Milena sposa Ernst Pollak, intellettuale e critico letterario ebreo, con il quale si trasferisce a Vienna. Qui, però, le cose non vanno secondo i piani: Milena si sente sola, il matrimonio è tutt’altro che idilliaco, i soldi scarseggiano: la giovane donna, allora, si reinventa come insegnante privata e traduttrice. Ed è così che, nel 1919, Jesenská si imbatte in un racconto di Franz Kafka, al quale scrive per chiedere l’autorizzazione alla traduzione dal tedesco al ceco.

E’ l’inizio di una fitta e intensa corrispondenza, che terminerà nel novembre del 1920 per volere dello scrittore praghese, forse ferito dal rifiuto della traduttrice di lasciare il marito.

Poco prima, nell’aprile 1920, sul settimanale Kmen esce la traduzione de Il fuochista: è la prima volta che un’opera di Kafka viene tradotta in una lingua straniera. Ma Milena non si ferma: negli anni seguenti traduce –tra gli altri- Hermann Broch, Guillame Apollinaire, Rosa Luxemburg, e comincia a scrivere per le più note riviste dell’epoca come Tribuna e Nàrodnì Listy. Gli articoli –che trattano di moda, matrimonio e giovinezza- rivelano lo stile brillante e la raffinata capacità di analisi della giornalista boema.

Nel 1925 Milena decide di divorziare da Pollak e di fare ritorno a Praga. Qui sposa l’architetto Jaromìr Krejcar, dal quale avrà la figlia Jana, anch’ella scrittrice. Negli anni Trenta aderisce al Partito Comunista, che però lascia poco dopo in seguito alle Grandi purghe staliniane. Tra il 1938 e il 1939 scrive per Přitomnost, prestigiosa rivista di politica e cultura. E’ proprio in questi reportage che la giornalista rivela la sua grandezza: con nitidezza e al contempo empatia racconta la realtà di quegli anni, dal potere ormai tristemente inarrestabile del Partito Nazista all’indottrinamento sistematico perpetrato da quest’ultimo nelle scuole, fino all’Anschluss e all’occupazione tedesca della Cecoslovacchia. Nonostante questo, Milena non si arrende e, anzi, decide di continuare a combattere unendosi al movimento di resistenza clandestino per agevolare l’espatrio a ebrei e rifugiati politici.

Nel 1939 viene arrestata dalla Gestapo con l’accusa di alto tradimento nei confronti del Terzo Reich. A dispetto di un processo mai concluso, nell’ottobre del 1940 viene deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück, in Germania, dove muore nel 1944 a causa di una malattia renale.

Tra le tante prigioniere alle quali Milena fornisce tutto il suo sostegno morale e psicologico c’è Margarete Buber-Neumann, giornalista e scrittrice tedesca che per prima ha consegnato ai posteri un pezzo di vita della pasionaria boema attraverso la biografia Milena. L’amica di Kafka (1986). Un altro piccolo frammento è stato aggiunto soltanto di recente dalla casa editrice Giometti&Antonello, che la scorsa estate ha pubblicato Qui non può trovarmi nessuno, raccolta degli articoli e delle lettere che Milena ha inviato a Max Brod, biografo di un certo Franz.

Internata con tanti altri nel campo di Ravensbrück
Anima affranta, però non seppe, si spense prima di quell’epoca
Restò un’ultima lettera ad attenderla intatta
“Io ancora ti aspetto” firmato: Franz Kafka

 

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