Lodi e Riace, attacco alla diversità


In una società multiculturale la diversità dovrebbe essere un valore. Di sicuro lo è per noi di Discorsivo, che lo abbiamo scritto anche nel nostro manifesto. Ma il vento, in Italia e nel mondo, ogni soffia in senso contrario. E mentre assistiamo a episodi di razzismo sempre più frequenti, dettati anche da un preoccupante ritorno dell’estremismo politico, a livello istituzionale è in corso un sistematico attacco alla diversità che ha raggiunto il culmine nelle ultime settimane.

Due episodi in particolare possono essere considerati il simbolo di questo trend: il caso della mensa scolastica a Lodi e l’arresto del sindaco di Riace, Domenico Lucano, con il violento polverone mediatico seguito a entrambe le vicende. Che meritano di essere approfondite perché rappresentano fin troppo bene il mutamento in atto nella nostra società.

Attacco alla diversità: l’arresto di Mimmo Lucano

Domenico Lucano è conosciuto in tutto il mondo grazie a Fortune, la rivista che nel 2016 lo ha inserito tra i 50 leader più influenti del pianeta. Sindaco del piccolo Comune calabrese di Riace, negli anni Lucano ha promosso un modello di accoglienza sperimentale, in grado di rilanciare grazie all’arrivo dei migranti un paesino che stava inesorabilmente andando incontro allo spopolamento.

Un modello che ha subìto un colpo durissimo il 2 ottobre scorso, quando Lucano è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e irregolarità nella gestione di fondi destinati all’accoglienza. Senza entrare nel merito di un processo che deve ancora cominciare, è necessario sottolineare che le accuse più gravi a carico di Lucano si sono rivelate prive di fondamento già nel corso delle indagini, che la natura stessa del reato di immigrazione clandestina è ampiamente dibattuta in giurisprudenza e che il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati prevede – giustamente – un obbligo di rendicontazione tassativo e complesso.

Alla luce di queste circostanze, si fa strada la sensazione che si sia voluto colpire un esempio alternativo di gestione dell’accoglienza, dimostrazione concreta che la diversità può diventare ricchezza. Sensazione che diventa sospetto di fronte allo smantellamento immediato del modello Riace, accompagnato da una campagna denigratoria condotta con i mezzi più biechi da chi dovrebbe preoccuparsi per le difficoltà di qualunque istituzione pubblica, invece di alimentare il gioco al massacro con l’obiettivo del profitto politico.

Attacco alla diversità: il caso delle scuole a Lodi

Dal sud al nord Italia, dallo Stato centrale all’ente locale, il caso delle scuole di Lodi chiama in causa le stesse questioni dell’arresto di Lucano: razzismo e discriminazione mascherati da buon senso e legalità, burocrazia come leva per le ingiustizie. La vicenda nasce quando la Giunta della sindaca leghista Sara Casanova impone ai cittadini stranieri la presentazione di documenti supplementari per richiedere agevolazioni sulle tariffe di mensa e scuolabus.

Oltre alla consueta dichiarazione dei redditi e patrimoni posseduti in Italia (Isee), a queste persone è richiesto un documento analogo relativo al Paese di provenienza, per dimostrare di non avere lì proprietà o capitali. Peccato che per ottenerlo servano lunghe e costose pratiche presso consolati e ambasciate, o addirittura viaggi alla fonte. Per poi magari scoprire che nel Paese d’origine non esiste un documento del genere, o che è impossibile ottenerlo a causa della situazione in cui si trovano gli uffici pubblici di quello Stato.

Il risultato? Richieste di riduzione bocciate, famiglie impossibilitate a pagare la tariffa piena, rinuncia allo scuolabus, bambini divisi tra chi mangia in mensa e chi porta il panino da casa con relativo servizio d’ordine. Una discriminazione evidente, persino superflua da commentare. Di buono c’è la maratona di solidarietà del Comitato Uguali Doveri, che oltre a portare il Comune in tribunale ha raccolto più di 145mila euro per i bambini colpiti dal provvedimento, che sono potuti tornare a mangiare in mensa e a riprendere il bus.

A lasciare sgomenti è ancora una volta la reazione delle istituzioni nazionali, con il ministro dell’Istruzione Bussetti che prima si dice perplesso, poi avalla sostanzialmente l’operato del Comune considerando il caso «quasi del tutto risolto». A fargli cambiare idea una lieve modifica della delibera, che aggiunge alcune eccezioni per i Paesi interessati da guerre o gravi crisi umanitarie. Come se il problema non fosse la ratio alla base della norma, resa evidente dalle testimonianze raccolte sul posto.

Attacco alla diversità: un pericolo per la democrazia

Quando una maggioranza, legittimamente eletta dai cittadini, dimentica che in democrazia la garanzia principale per il rispetto dei diritti di tutti è la tutela delle minoranze, si creano le condizioni perché tutto possa succedere. Una situazione resa ancor più grave dallo svuotamento sistematico delle istituzioni, delegittimate pubblicamente o usate come clava contro gli oppositori politici a seconda della convenienza del momento. Oltretutto ad opera di chi dovrebbe impegnarsi per restituire loro un nuovo significato agli occhi dei cittadini.

«Anche i nazisti rispettavano le leggi» ha detto Mimmo Lucano a Che tempo che fa. Si tratta ovviamente di una provocazione, perché non va dimenticato che la presenza di regole giuste e condivise è il solo strumento disponibile per ottenere l’uguaglianza sociale. Ma quando a prevalere sono leggi sbagliate o interpretazioni di comodo, quando le regole diventano strumenti efficaci e incontestabili per perpetrare l’ingiustizia, l’unica possibilità che rimane è la disobbedienza civile.

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