Non possiamo fare a meno di guardare il cielo


Non possiamo fare a meno di guardare il cielo, pensava Karen.

Quel cielo che si era portato via suo padre, il pilota, tanti anni prima.

Il cielo è la casa di chi non c’è più, è il punto da cui cade la pioggia, è la rotta degli uccelli e degli aviatori, è la bussola di chi si è perso, è la speranza di chi non ha più nient’altro.

Nel cielo ognuno guarda e vede ciò che vuole realmente vedere.

Karen lo fissava spesso, non cercava suo padre, ma se stessa. Cercava risposte che nessuno era in grado di darle e che sarebbero dovute venire da sole.

Il momento migliore della giornata per guardare il cielo era il crepuscolo, perché portava con sé quella malinconia sincera unita alla sensazione di essere solo un granello di sabbia nell’universo.

Karen si sentiva piccola e triste e sola, e poi all’improvviso si sentiva immensa e amava quel cielo in cui leggeva tutti i desideri del mondo.

Provava ad immaginare tutte le persone che vi si erano rivolte in quelle ultime ore, a quante richieste e preghiere e pianti e risate quello stesso cielo aveva visto, e nonostante ciò le sembrava sempre così leggero.

Non proprio sempre sempre, qualche volta era pesante, si tingeva di grigio e si copriva di nuvole minacciose, ma lui sapeva come liberarsene.

Karen no. Le sue nuvole le portava tutte sul cuore, e dentro di lei non pioveva mai ed era sempre così grigio.

 

Josh guardava sempre il cielo al mattino, quando il sole iniziava a splendere, gli dava sicurezza.

Pensava che sotto a quello stesso cielo altri sette miliardi di persone condividevano le sue stesse paure e le sue stesse speranze, e si sentiva meno solo.

Certe mattine Josh aveva voglia di cantare. Ma non lo faceva, perché sua madre dormiva nella stanza accanto alla sua. Allora fischiettava fra sé e sé, e fingeva che gli bastasse.

Le altre mattine, quelle in cui Josh era meno allegro, si appoggiava con i gomiti sul davanzale della finestra e premeva il naso contro il vetro, come se volesse avvicinarsi di più al sole che nasceva.

Il sole per Josh era una palla di fuoco che galleggiava nel mare.

Ma solo poche volte Josh pensava a suo padre, il marinaio, che l’oceano si era portato via.

Tutte le volte in cui non ci pensava, Josh provava a contare quante altre persone stavano guardando il cielo in quello stesso momento. Iniziava dai suoi vicini di casa, e dai vicini passava all’intero viale, dal viale passava al quartiere e poi alla città. Ne contava un centinaio, perché era mattina presto e non potevano essere tutti svegli.

Poi iniziava a pensare a quante persone nel mondo erano sveglie a quell’ora e perdeva il conto.

A quel punto era ora di andare a scuola.

 

Karen e Josh andavano nella stessa scuola ma non si erano mai parlati.

Quella mattina avrebbero fatto amicizia, anche se ancora non lo sapevano.

 

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