Decreto immigrazione: una soluzione o una ricerca dell’emergenza per ottenere consensi?


Finalmente dopo tante polemiche e tanti che dicevano Mattarella non firmerà, oggi il presidente ha firmato il decreto immigrazione e sicurezza: ciapa lì e porta a cà”. Questo il commento a caldo del Ministro dell’Interno Matteo Salvini dopo la firma di Sergio Mattarella lo scorso 4 ottobre al decreto legge proposto dallo stesso leader della Lega Nord, e già approvato il 24 settembre del Consiglio dei Ministri.
Un decreto che, soprattutto per quanto riguarda il tema dell’immigrazione, ha suscitato non poche polemiche non solo tra le file dell’opposizione, ma anche tra esperti e giuristi.

Diversi gli articoli del provvedimento al centro della discussione. In primis l’abolizione della protezione umanitaria in materia di concessione dell’asilo: la legge sino ad oggi prevedeva che ai cittadini stranieri che presentavano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano” o che fuggivano da conflitti o disastri naturali poteva essere concesso il permesso di soggiorno. Solo nel 2017 sono state presentate in Italia 130mila domande di protezione internazionale.
Con il nuovo decreto questo permesso non potrà più essere concesso se non in casi “speciali” o a categorie particolari quali vittime di violenza domestica o sfruttamento lavorativo e persone in condizioni gravi di salute.
Per l’avvocato Lorenzo Trucco, presidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), si tratta di una “grave lacerazione dei diritti umani fondamentali”: la protezione umanitaria è in linea con quanto previsto dalle convenzioni internazionali ed esiste in venti dei ventotto Paesi dell’Unione Europea. Abolirla significherebbe produrre un alto numero di migranti irregolari: “Un decreto che è fatto per combattere l’illegalità, produrrà illegalità”, ha dichiarato l’avvocato.

Particolarmente controverso risulta essere anche l’articolo dedicato alla revoca o diniego della protezione internazionale e dello status di rifugiato. Il decreto prevede infatti l’estensione della lista dei reati che comportano la revoca di quest’ultimo: ora saranno inclusi anche reati come produzione, detenzione e traffico di droghe, violenza sessuale, rapina, furto e violenza o minaccia a pubblico ufficiale.
Si prevede inoltre la sospensione della domanda anche solo se il richiedente abbia in corso un procedimento penale per uno di questi reati: si potrebbe dunque arrivare all’espulsione dal Paese di persone che hanno potuto provare la loro grave persecuzione in patria anche a causa di denunce fasulle senza nessun accertamento da parte della polizia.

Altre modifiche all’iter di accoglienza o respingimento riguardano l’estensione del trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) da 90 a 180 giorni e lo stabilirsi a 30 giorni del trattenimento dei richiedenti asilo e degli irregolari ai valichi di frontiera. Una misura quest’ultima che, secondo Patrizio Gonella, presidente dell’Associazione Antigone e della Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild), è illegittima in quanto gli hotspot al confine sono centri di detenzione amministrativa che “privano della libertà personale e non hanno le garanzie previste per il sistema penitenziario” e non risultano essere in linea con la costituzione italiana e la Convezione europea dei diritti umani.

In ultimo, uno degli articoli che ha destato più polemiche prevede il ridimensionamento del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), il più diffuso al momento, che garantisce 35.881 posti coinvolgendo 1.200 comuni italiani. Con il decreto potranno essere ospitati nei progetti Sprar solo chi ha già ottenuto la protezione internazionale e i minori stranieri non accompagnati. I richiedenti asilo in attesa di una decisione della commissione territoriale saranno spostati nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), strutture gestite da prefetti e non dalle amministrazioni locali che applicano protocolli di emergenza e presentano standard di accoglienza più bassi e non hanno nessun obbligo di rendicontazione.
Il sindaco di Bari Antonio Decaro si è fatto portavoce della preoccupazione destata da una simile misura in quanto i progetti Sprar permettevano la distribuzione degli immigrati su tutto il territorio nazionale e prevedevano per loro corsi di italiani e accesso ai servizi medici e sociali. I Cas d’altro canto sono gestiti da organizzazioni private (che spesso si sono rivelate vicino alla criminalità organizzata) alla mercé di logiche speculative e rimangono strutture di emergenza non in linea con le norme europee.
“Non si può chiedere all’Europa di distribuire i migranti e poi in Italia li concentriamo. In questo modo non si fa integrazione”, ha dichiarato Decaro.

Il decreto pare dunque non risultare risolutivo sul fronte dell’immigrazione: i rischi di un aumento di irregolarità e sospensione dei diritti sono stati palesati da diversi esperti in materia.
Come sottolineato dal giornalista de Il Fatto Quotidiano Carlo Stasolla, Salvini più che lavorare all’emergenza sta creando una situazione emergenziale dove continuare a pompare consensi.
Del resto, se i problemi dei flussi migratori venisse risolto che ragione d’esistere avrebbe un partito xenofobo come la Lega Nord?

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