Ján Kuciak: quando i giornalisti devono morire


È trascorso poco più di un mese dal brutale omicidio del giovane giornalista Ján Kuciak, ucciso a fine febbraio insieme alla compagna Martina Kušnírová. L’esecuzione dei due giovani ha dato origine a un terremoto politico in Slovacchia e indignato l’Europa intera: proviamo a riavvolgere il nastro per capire cosa è successo.

Ján Kuciak: perché l’omicidio?

Kuciak stava indagando sui collegamenti tra ‘ndrangheta calabrese e politica slovacca. Un intreccio risalente almeno dall’inizio degli anni duemila, come documentato dettagliatamente nell’inchiesta di Ján, quella che probabilmente gli è costata la vita.

Il sito per cui lavorava, Aktuality.sk, ha scelto di pubblicare l’articolo dopo la sua morte – anche se incompiuto – per rendere merito alla qualità del lavoro giornalistico di Kuciak. Disponibile anche in italiano, il pezzo è talmente chiaro e completo da non richiedere aggiunte o commenti.

Minacce in stile mafioso, sospetta appropriazione indebita di fondi europei, strani passaggi di proprietà immobiliari. Protagonisti un manipolo di “imprenditori” italiani in Slovacchia, tra cui spicca la figura di Antonino Vadalà. E collegamenti diretti che arrivano niente meno che al primo ministro Robert Fico.

«Una storia che non mi ha sorpreso» dice a proposito Roberto Saviano, spiegando che «da sempre l’Est Europa è colonizzato dalle organizzazioni criminali italiane, che hanno con la politica un rapporto pluridecennale. Dopo la caduta del Muro di Berlino le prime “entità imprenditoriali” occidentali che sono andate a Est sono state camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra».

Con la consueta precisione, Saviano elenca famiglie e boss mafiosi attivi nei Paesi dell’ex blocco sovietico, racconta i business dei fondi europei, delle armi e della droga. E spiega come un omicidio del genere, oltre all’evidente impatto intimidatorio, probabilmente sia stato deciso per impedire a Ján Kuciak di portare alla luce «interessi più alti e complessi» – o legami ancor più compromettenti – di quelli già emersi.

Ján Kuciak: il terremoto politico

Il primo caso di un giornalista slovacco ucciso per il proprio lavoro ha causato profonda indignazione nel Paese. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza chiedendo le fine del governo guidato da Robert Fico, chiamato pesantemente in causa dall’inchiesta di Ján Kuciak.

Il collegamento tra Fico e Vadalà, secondo il giornalista assassinato, avrebbe addirittura un nome e un cognome: quelli di Mária Trošková. Modella e finalista di Miss Universo nel 2007, dopo gli inizi da imprenditrice a fianco dello stesso Vadalà, Trošková viene introdotta dal parlamentare Viliam Jasan nello staff del primo ministro. Fino all’ingresso nel suo entourage più ristretto, con accesso diretto a informazioni nevralgiche per la sicurezza del Paese.

Di fronte a implicazioni del genere, fin dai giorni successivi all’omicidio di Ján Kuciak cominciano a susseguirsi le dimissione dei ministri. È solo questione di tempo prima che arrivino anche quelle dello stesso Fico, che il 14 marzo rimette l’incarico nelle mani del presidente della Repubblica Andrej Kiska.

Non si va comunque a elezioni anticipate come vorrebbe la piazza: Peter Pellegrini – vice premier ed esponente dello stesso partito di Fico, lo Smer – è incaricato di formare un nuovo governo. Ma i colpi di scena non sono finiti, visto che Kiska rifiuta la prima lista dei ministri che gli viene sottoposta, a suo dire non in grado di garantire indagini imparziali sull’omicidio Kuciak.

Servono altre quarantotto ore per superare l’impasse: la crisi si risolve ufficialmente soltanto il 23 marzo, con il varo di una nuova lista di ministri – comunque approvata da Kiska “con riserve” – e la nomina di Pellegrini a premier con il sostegno della stessa maggioranza del governo precedente.

Ján Kuciak: cosa succede adesso

Le rivelazioni di Ján Kuciak, sulle quali dovrà comunque indagare la magistratura slovacca, non sono confermate solo dalle reazioni politiche. Un importante riscontro arriva anche sul versante criminale della vicenda: nei giorni scorsi infatti la Procura di Venezia ha svelato un traffico internazionale di droga condotto dalla ‘ndrangheta, che utilizzava carichi di frutta dal Sudamerica per importare cocaina in tutta Europa. Il referente per la Slovacchia, in base a quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato proprio Antonino Vadalà.

L’omicidio Kuciak e l’inchiesta veneziana, così come ogni attività di contrasto a una mafia ormai globalizzata, richiedono una collaborazione più stretta ed efficace tra magistratura e forze dell’ordine dei diversi Paesi coinvolti, almeno in Europa. Una collaborazione internazionale che si sta articolando intorno al caso Kuciak, ma che anche questa volta arriva troppo tardi, quando il peggiore degli scenari possibili è ormai diventato realtà.

Roberto Saviano insiste spesso sulla prevenzione, in particolare quando si tratta della protezione da garantire ai giornalisti. Perché non metterli in condizione di fare in sicurezza il proprio lavoro e poi piangerli quando vengono ammazzati – pochi mesi prima di Ján Kuciak è toccato alla maltese Daphne Caruana Galizia – rischia di diventare retorica, se non addirituttra connivenza con il potere mafioso.

Come dargli torto? Del resto, almeno per quanto riguarda la Slovacchia, è incoraggiante vedere che oltre alle proteste di piazza c’è già chi ha deciso di portate avanti il lavoro giornalistico di Kuciak. Solo in questo modo, seguendo l’esempio di chi fa il proprio lavoro senza lasciarsi condizionare dalla paura o dall’interesse personale, è possibile sperare che Ján non sia morto invano.

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