Never Again: si riaccende il dibattito sull’uso delle armi negli Usa
Quante altre stragi causate dall’uso poco controllato di armi da fuoco ci vogliono ancora per un serio dibattito e soprattutto per iniziare un processo di riforme che restringano il diritto al possesso d’armi sancito dal Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America? Questa è la domanda che tormenta i parenti, gli amici, i conoscenti delle vittime dell’ultima strage, avvenuta in Florida, nella Stoneman Douglas High School e che sta smuovendo l’opinione pubblica negli USA.
Il 14 febbraio 2018 ha avuto luogo l’ennesima sparatoria di massa, secondo modalità viste e riviste, ascoltate e riascoltate nei telegiornali durante gli ultimi anni: una persona instabile mentalmente (in questo caso uno studente di 19 anni, di nome Nikolas Cruz), ma nonostante ciò, legalmente autorizzato secondo la costituzione a possedere un’arma e ad utilizzarla per legittima difesa, è entrato in una scuola e ha fatto una strage, sia fra gli studenti che fra gli insegnanti. 17 le vittime. La 18esimo strage dall’inizio del 2018.
Fra le varie opinioni che tentano di spiegare questa tendenza che non accenna a diminuire, ce n’è una che parte prendendo in considerazione il modello di fucile più comunemente usato in queste sparatorie, l’ AR-15, il cui nome proprio per questo motivo ha acquisito una connotazione oscura, soprattutto dopo essere stato il tragico co-protagonista di stragi come alla Sandy Hook Elementary School (2012) o a San Bernardino (2015). Si tratta di un fucile stile militare molto maneggevole, modellato sul M-16 utilizzato dall’esercito USA. Proprio per questo motivo, il suo possesso offre in un certo senso la sensazione di fare parte delle forze armate del proprio paese, di contribuire patriotticamente alla difesa di quest’ultimo. Da ciò deriva la sua enorme diffusione.
L’AR-15 è quindi diventato simbolicamente il nemico della lotta all’uso incontrollato delle armi, insieme anche alla lobby delle armi più potente negli Stati Uniti, che è l’NRA (National Rifle Association – Associazione Nazionale del Fucile). Sulla carta, l’NRA si occupa di promuovere la sicurezza delle armi e di addestrare chi voglia al loro uso. L’influenza di questa associazione si estende anche e soprattutto nel governo, con ingenti finanziamenti ai leader o ai partiti che prendono l’impegno in campagna elettorale di salvaguardare il Secondo Emendamento, ossia quel diritto costituzionale alla fonte del guadagno di questa associazione e delle continue stragi nelle scuole.
Come sempre dopo ogni strage, la situazione sembra essere arrivata ad una svolta e la rabbia di gran parte della popolazione sembra incontenibile, nel caso in cui non si prendano provvedimenti. Ma sarà davvero così? La speranza è riposta in gruppi come Never Again, guidato dalla studentessa Emma González, che tramite sit-in e proteste pacifiche sta smuovendo gli animi, raccogliendo migliaia di dollari di finanziamenti da personaggi e associazioni famose e costringendo il governo a non voltarsi dall’altra parte, questa volta.
La lotta per l’implementazione di un sistema di controllo sul possesso di armi sarà una lotta dura, viste le proposte ridicole avanzate finora da Trump, come quella di permettere agli insegnanti di portare loro stessi un’arma personale in classe, nascosta e dopo un opportuno addestramento, per proteggere i loro studenti. La questione è che limitare l’uso delle armi in maniera decisiva apparirebbe come totale debolezza da parte del presidente Trump, che si troverebbe a perdere una parte enorme di quel consenso che gli ha permesso di arrivare alla casa bianca. Per cui, nonostante il “I hear you” (“vi ascolto”) intravedibile sul foglio d’appunti del presidente durante una sessione di ascolto dei parenti e amici delle vittime dell’ultima strage (nella foto), non sembra che l’America sia pronta ad aprirsi a cambiamenti significativi. Intanto, le proteste non violente continuano, la più grande di queste prevista a Washington il 23 di marzo prossimo e tutta la speranza è riposta in queste, e nelle voci di chi vuole cambiare le cose e permettere agli studenti, finalmente, di sentirsi al sicuro nelle scuole.
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