Rosatellum bis e Politiche 2018 – Come funziona la nuova legge elettorale


Mancano solo tre settimane alle elezioni politiche del 4 marzo, ma in molti ancora non hanno capito bene come funziona la nuova legge elettorale. Se siete in cerca dello spiegone definitivo siete nel posto giusto: l’obiettivo di questo articolo è esattamente far comprendere il sistema di voto attualmente in vigore nel modo più semplice possibile.

La nuova legge elettorale – approvata con il voto favorevole di Partito Democratico, Forza Italia, Lega Nord e Alternativa Popolare – è stata battezzata Rosatellum bis dal nome del suo firmatario, Ettore Rosato (Pd), riprendendo la tradizione della desinenza latina introdotta dal politologo Giovanni Sartori ormai 25 anni fa.

Al di là degli aspetti di colore – politico e giornalistico – il nuvo sistema di voto recepisce le indicazioni con cui la Corte Costituzionale aveva bocciato le due precedenti leggi elettorali approvate dal Parlamento (Porcellum/Calderoli e Italicum/Renzi), introducendo un sistema misto proporzionale-maggioritario per l’elezione delle due Camere.

Cosa significa questo? Che un terzo dei parlamentari saranno eletti se riusciranno a prendere più voti – anche uno soltanto – nel confronto diretto con gli avversari nei collegi elettorali (sistema maggioritario), mentre i restanti due terzi saranno eletti con un sistema proporzionale in base al risultato ottenuto dalla loro lista a livello nazionale (Camera) e regionale (Senato).

Un’altra informazione importante da sapere prima di vedere in dettaglio la scheda elettorale: per concorrere ai seggi della quota maggioritaria le liste possono presentarsi in coalizione, mentre i seggi assegnati con il criterio proporzionale sono attribuiti direttamente alle singole liste.

Nuova legge elettorale: la scheda per il voto del 4 marzo 2018 (Wikipedia)In pratica avremo due schede: rosa per la Camera, gialla per il Senato. Entrambe riporteranno i nomi dei candidati per il sistema maggioritario inseriti in un rettangolo: un solo nome per ciascuna lista/coalizione (da qui la definizione di “collegio uninominale”).

Al di sotto di ciascun rettangolo saranno presenti i simboli delle liste – una o più – che sostengono quel candidato, e accanto a ciascun simbolo troveranno spazio i nomi (due o quattro) delle persone candidate da quella stessa lista a concorrere con il sistema proporzionale, nel cosiddetto “collegio plurinominale”.

Un po’ complicato, è vero, ma per votare basterà tracciare un segno sul simbolo di una lista – votando così anche il candidato che essa sostiene – oppure sul rettangolo con il nome del candidato al collegio uninominale. In quest’ultimo caso, il voto sarà attibuito direttamente alla lista che lo sostiene se ce n’è una sola, altrimenti sarà distribuito tra le liste collegate in proporzione ai risultati di quel collegio elettorale.

Se avete paura di fare confusione non temete: tracciando un segno sia sul simbolo della lista che sul nome del candidato al collegio uninominale, il voto sarà comunque valido. L’importante è non votare per un candidato e contemporanemanete per una lista che non lo sostiene: il voto disgiunto – presente ad esempio nelle elezioni comunali – non è possibile.

Per determinare il risultato finale è prevista una soglia di sbarramento: per entrare in Parlamento una lista deve raccogliere almeno il 3% dei voti e una coalizione il 10%. Le liste inserite all’interno delle coalizioni, in compenso, se anche non raggiungono il 3% trasferiscono i loro voti alla coalizione, a patto che superino almeno l’1%.

Uno stesso candidato può presentarsi in un solo collegio uninominale e in un massimo di cinque collegi plurinominali, come faranno soprattutto i big dei principali partiti. Nella composizione delle liste, inoltre, è necessario assicurare la parità di genere in un rapporto di almeno 60%-40%.

Il percorso della nuova legge elettorale non è stato esente da critiche: oltre a quelle iniziali dei partiti maggiormente penalizzati da questo sistema di voto, c’è chi fa notare come la soglia di governabilità sia piuttosto alta (intorno al 42%), senza contare che la presenza delle coalizioni non impedisce cambi di alleanze all’indomani del voto. Come a dire: strade aperte a un governo di larghe intese.

Un altro tema che ha suscitato ampio dibattito – soprattutto a livello locale – è la configurazione dei nuovi collegi elettorali, che non corrispondono più alle Province. Diversi Comuni della Penisola, quindi, si ritrovranno a contribuire con il proprio voto a collegi elettorali diversi rispetto alla Provincia di appartenenza: una situazione inedita e per certi versi paradossale.

La buona notizia è che il 4 marzo voteremo per la prima volta con schede antifrode: per impedire l’utilizzo di esemplari prestampati (spesso utilizzati per il voto di scambio), ciascuna scheda sarà dotata di un tagliando rimovibile numerato progressivamente, che gli scrutatori annoteranno all’ingresso in cabina e rimuoveranno solo prima dell’inserimento nell’urna.

Ci sarebbe tanto altro da dire, ad esempio i numeri dei seggi assegnati con criterio maggioritario e proporzionale alle due Camere. Ma questo articolo è nato dall’idea di semplificare le idee sulla nuova legge elettorale, non di complicare la situazione. Quindi mi fermo qui, sperando di essere riuscito nell’intento, e vi lascio in compagnia di un video per verificare le conoscenze acquisite.

Buon voto a tutti!

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