Accoglienza? Quanto Basta, con travel ban e senza ius soli


Accoglienza è una parola molto bella, che è un po’ una delle parole chiave che si cerca di implementare a livello sociale per costruire le fondamenta di una società moderna globalizzata ed inclusiva. Almeno questo all’apparenza, oppure a parole, perché invece poi i risvolti pratici non sono quelli sperati, anzi sono spesso contrari a questo bell’ideale.

Lo dimostrano in particolare due scelte politiche recenti, che sono prese di posizione ben chiare e, volenti o nolenti, di stampo nazionalistico, e sono testimoni del ritorno del fascismo, se non a livello di ideale politico, sicuramente a livello di sentimento, estremo e pericoloso (come ci spiega Luca nel suo articolo). Queste scelte sono, in Italia, la decisione di affossare lo Ius Soli e, in America, la riscrittura del travel ban da parte del presidente Trump. Si tratta di mosse preoccupanti, che si inseriscono nella corrente dilagante di populismo che sta investendo il mondo occidentale, come metodo per conquistare l’opinione pubblica e quindi anche più potere politico e decisionale, o nell’impossibilità di fare questo, di toglierlo agli oppositori (nel caso dell’Italia).

Ma andiamo ai fatti. Dall’altra parte dell’Oceano Pacifico la situazione ritorna a farsi davvero complicata per persone straniere provenienti da maggior parte del mondo arabo. Tempo fa, il presidente Trump aveva avanzato la proposta di un travel ban per contenere l’immigrazione clandestina e tenere lontani dagli Stati Uniti la minaccia terroristica. Questa decisione estrema, che era stata evitata grazie al pugno duro di alcuni giudici federali, torna ad essere una minaccia, perché all’inizio del mese, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso di riportarla in vigore. La legittimità costituzionale di questo provvedimento rimane sotto inchiesta e continuerà ad essere analizzata nei prossimi mesi, ma intanto per cittadini americani provenienti dai sette paesi presi di mira, Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen, il pericolo rimane reale. Ma molto più reale è il sentimento di non essere accolti, accettati o voluti dal paese di cui ci si sente parte.

Questo sentimento di non accettazione è un sentimento condiviso da molti stranieri residenti in Italia e oggi in particolare rappresenta una ferita dolorosa, a causa di una speranza delusa. Ieri infatti, 23 dicembre 2017, in Senato si è indirettamente deciso il destino di persone nate in Italia o arrivate in Italia molto presto: non c’è possibilità che ricevano la cittadinanza italiana. In altre parole, l’attuazione dello Ius Soli non è un’opzione. La ragione è la mancanza del numero legale di presenti per la discussione e successiva votazione, che costringerebbe a rimandare il tutto all’anno prossimo, quando la legislatura sarà finita e non si potrà ritornare a discutere di questa proposta nel breve periodo. L’assenza di molto senatori, in particolare del Movimento 5 Stelle, Forza Italia e PD ha il sapore di una cospirazione contro la volontà estesa dell’opinione pubblica di affrontare la questione delle prerogative per la cittadinanza italiana.

Per quanto, quindi, accoglienza sia una bella parola, è chiaro che non è facile attuarla. Trovare un modo per renderla un atteggiamento reale sembra davvero un ostacolo insormontabile, soprattutto in seguito a questi due avvenimenti di questo mese. Ma la necessità di farlo non è mai stata più concreta. Non resta che inserirla nei buoni propositi per il 2018 a livello personale, e premere affinché ciò avvenga anche a livello sociale e politico.

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