La relazione della Direzione nazionale antimafia: il crimine organizzato visto da vicino


Quasi tutti i giorni siamo raggiunti da notizie di indagini, arresti e processi legati alla criminalità organizzata. Spesso è difficile fare ordine in questa grande mole di informazioni: diventa quindi ancora più prezioso un documento come la relazione della Direzione nazionale antimafia, che ogni anno fotografa la situazione offrendo una panoramica esaustiva sul fenomeno mafioso.
La relazione 2017, relativa al periodo luglio 2015/giugno 2016, è stata presentata a fine giugno in Senato dalla presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi insieme al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti. Vi proponiamo un’analisi sintetica del documento, disponibile anche per la lettura integrale (circa mille pagine).

Relazione della Direzione nazionale antimafia: la ‘ndrangheta

La più in forma tra le mafie orginarie del nostro Paese è senza dubbio la ‘ndrangheta, «presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia». Dedita ormai non soltanto alle attività più tradizionali come estorsione e narcotraffico, ma in grado di intercettare «importanti flussi economici pubblici ad ogni livello, comunale, regionale, statale ed europeo».

Oltre che in tutta Italia, con un forte radicamento anche nelle regioni del nord, la ‘ndrangheta è presente in Europa, Australia, nord e sud America. Continente quest’ultimo che si conferma la base di partenza per il «traffico internazionale degli stupefacenti, in primis la cocaina, affare criminale in cui la ‘ndrangheta continua mantenere una posizione di assoluta supremazia in tutta Europa».

Particolarmente degno di nota il fatto – rivelato dal processo Gotha – che per gestire strategicamente l’influenza diretta sulle istituzioni, la ‘ndrangheta abbia creato da 15 anni a questa parte una struttura di comando riservata e sconosciuta anche agli affiliati di alto livello. Una “cabina di regia criminale” composta da esponenti di primo piano delle istituzioni, professionisti e funzionari pubblici.

Relazione della Direzione nazionale antimafia: la camorra

Diversa la situazione della camorra, che nelle provincie campane vive situazioni profondamente differenti. Se a Napoli il vuoto di potere è causa di scontri senza quartiere tra killer giovanissimi apparentemente privi di strategia, l’assenza di omicidi nel casertano dimostra l’applicazione del “teorema Zagaria”. Che prevede «un rapporto inversamente proporzionale fra il livello di penetrazione imprenditoriale e politica e il livello percepito della violenza mafiosa».

Accanto ai “modelli di business” più tradizionali, la camorra investe in «ristorazione, commercio di capi di abbigliamento», nella «gestione di impianti di distribuzione di carburante» e nelle agenzie di scommesse online, senza perdere di vista gli appalti pubblici (soprattutto nel salernitano).

Quanto alle relazioni internazionali, al radicamento in Spagna e al contrabbando con l’est Europa vanno aggiunti i legami con sud America e nord Africa, Turchia e Medio Oriente rispettivamente per il traffico di droga e idrocarburi.

Relazione della Direzione nazionale antimafia: Cosa nostra

La mafia siciliana è assimilabile in questo momento a un mostro senza testa, che dopo la cattura di Bernardo Provenzano è ancora in fase di assestamento «non solo sotto il profilo della scelta di una nuova leadership ma anche sotto il profilo della ricerca di nuovi schemi organizzativi». Anche per questo, la cattura di Matteo Messina Denaro rimane una priorità assoluta.

Va sottolineato comunque che questo momento di transizione non impedisce al mostro di far danni. Perché Cosa nostra resta un’organizzazione «solida, strutturata, riconosciuta per autorevolezza e dotata di risorse economiche sconfinate e intatte».

Accanto alle nuove ramificazioni affaristiche, infatti, pratiche estorsive come il pizzo e il traffico di droga sono ancora molto diffuse, nonostante una maggior volontà di collaborazione da parte delle vittime. È ancora a Palermo che la mafia «esprime al massimo la propria vitalità, sia sul piano decisionale (soprattutto), sia sul piano operativo».

Relazione della Direzione nazionale antimafia: Roma e le altre regioni italiane

Nell’anno che ci ha “regalato” il primo commissariamento per mafia di un comune dell’Emilia-Romagna, anche la Puglia torna protagonista delle cronache legate alla criminalità organizzata, con la sacra corona unita nuovamente sulla scena dopo che alcuni osservatori l’avevano ritenuta fuori dai giochi.

Se a Bari e Lecce l’organizzazione appare più orientata su strategie di corto respiro a causa delle divisioni interne, a Foggia è più strutturata e in grado di imporsi con la violenza – dagli omicidi ai numerosi casi di lupara bianca – nonostante l’assenza di leadership. Critica anche la situazione della Basilicata, dove la mafia si è infiltrata nel sistema degli appalti pubblici, nel settore delle scommesse e del gioco d’azzardo.

Un discorso a parte lo merita Roma: nei giorni in cui arriva una sentenza che mette in dubbio l’esistenza di Mafia Capitale, pur tra pesanti condanne, la relazione della Dna sottolinea come nella città eterna sia in vigore una sorta di pax mafiosa, dal momento che il volume di affari sarebbe sufficiente ad accontentare tutti senza bisogno di alcuno scontro.

Relazione della Direzione nazionale antimafia: le proposte

Per poter applicare con maggior efficacia la legislazione antimafia – anche in casi come quello romano – la Dna chiede una modifica dell’articolo 416 bis. Come dimostra l’esempio calabrese, le mafie sono sempre più «network di potere di cui fanno parte esponenti di mondi diversi, di quello politico, di quello finanziario, il pubblico amministratore, l’esponente delle istituzioni, il faccendiere, il colletto bianco» o il “facilitatore”.

È in corso «un inarrestabile processo di trasformazione delle organizzazioni mafiose, da associazioni eminentemente militari e violente, ad entità affaristiche […]. A fronte di un esercizio sempre più ridotto e meno vistoso della violenza, si manifestano, invece, sempre più imponenti, diffusi ed estesi, fenomeni d’infiltrazione delle mafie in vasti settori economici e delle pubbliche amministrazioni».

Diventa quindi necessario modificare il reato di associazione mafiosa per fronteggiare mafie che invece di far scorrere sangue possono ricorrere alla corruzione. Così come sarebbe opportuno, suggerisce la Dna, valutare una legalizzazione delle droghe leggere per sottrarre alla criminalità organizzata un importante mercato e liberare le forze dell’ordine da un lavoro di contrasto impegnativo quanto infruttuoso.

La relazione Dna traccia un quadro d’insieme tutt’altro che incoraggiante, al punto che Giulio Cavalli ha scritto che «la mafia ha vinto e l’antimafia ha perso». Lo scoramento di chi da anni è in prima linea in questa lotta senza quartiere è più che comprensibile. Ma la battaglia continua, anche attraverso un’informazione di qualità in grado di rendere le persone consapevoli di quel che accade intorno a loro.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi