I pesi sul cuore e la musica: riflessione personale sulla morte di Chester Bennigton


I’m holding on, why is everything so heavy?
I’m holding on, to so much more than i can carry

 Heavy, Linkin Park

La mia prima reazione alla notizia del suicidio di Chester ” Chaz” Bennington è stata di incredulità. Ho passato diversi minuti a spulciare la pagina news di Google, aspettando che i quotidiani nazionali prendessero posizione sulla notizia.

Non volevo che fosse vero. Non Chester.

Nell’ultimo periodo molti miti piccoli e grandi del nostro tempo ci hanno lasciato e come tutti, ho provato dispiacere e in qualche caso anche commozione.  La morte di Chester Bennington però, è stata più dolorosa delle altre, almeno per me: potrei descrivere il sentimento come un urlo potente, uno scream.

Lo so che può sembrare esagerato: si tratta pur sempre di qualcuno che non ho mai conosciuto e del quale non so proprio niente se non quanto gossip e la musica ci hanno raccontato. E lo shock per il suo suicidio è solo in parte giustificato dal fatto che i Linkin Park sono stati la band della mia adolescenza.

Il fatto è che  sensazione che ho avuto, una sensazione stupida, irrazionale, ingiustificata, è che se ne fosse andato “ uno di noi.” .

Ma chi è “noi? “

“Noi” siamo quelli raccontati dalle canzoni dei Linkin Park. Quelli che i pesi sul cuore sono tanti, qualche volta troppi. Quelli che hanno più voglia di urlare di dolore che di piangere per lo stesso sentimento. Non so quanti siamo: in fondo potremmo anche essere l’umanità intera.

Le sofferenze di una persona non possono mai veramente essere comprese da un’ altra, non fino in fondo, non appieno. Ma possono essere cantate. E i Linkin Park hanno fatto questo, almeno per me.

Non dico che siano stati gli unici a fare del dolore il tema delle loro canzoni, né che fossero la migliore band della Terra: dico solo, che per me le canzoni dei Linkin Park, che facessero Nu Metal o un rockettino leggero con venature pop, erano un racconto di una precisione quasi chirurgica di ciò che provavo. C’erano i miei normali dolori di adolescente, ma anche quelli meno “ normali” degli abusi che subivo. C’era Crawling, una sensazione di panico strisciante, perché le ferite più brutte dell’anima non sembravano voler guarire, nonostante ce la mettessi tutta. E poi, da più grande, c’era Leave out all the restla voglia di rompere con un passato cupo, il desiderio di diventare qualcuno di forte, di diventare qualcuno di buono.

E anche adesso, quando certi incubi bussano alla porta, sento che I’ ve become so Numb. 

E per te che ora stai leggendo, quelle stesse canzoni probabilmente hanno un significato ancora diverso, altrettanto valido, altrettanto importante. Forse tuoi pesi sul cuore saranno di molto maggiori dei miei  e maggiore sarà il coraggio con cui ti alzi tutte le mattine. 

Per tutto questo, quando Chester se n’è andato, per me abbiamo perso uno di noi. Conoscere le sue ragioni appieno ci sarà impossibile: possiamo ipotizzare, possiamo riflettere ma soprattutto possiamo empatizzare con i dolori che sappiamo per certo che portava con sé.

Possiamo, anzi dobbiamo riconoscere che esistono malattie che colpiscono la mente.
Possiamo, anzi dobbiamo, imparare che le sofferenze dell’anima sono altrettanto valide, altrettanto debilitanti, quanto quelle del corpo.

Vorrei che non se ne andasse più nessuno di noi, famoso o meno.

Giusto qualche giorno fa, una persona a cui voglio molto bene, di fronte ad un mio momento di scoramento ha detto: non è vero che una via d’uscita non c’è, ed il solo fatto di cercarla, rende la vita degna di essere vissuta. 

Serriamo le fila ed intoniamo la nostra, personale, Battle Symphony.

PS:

Se stai affrontando un momento difficile, se pensi di aver bisogno di aiuto, ma anche semplicemente se vuoi lavorare su te stesso, non devi fare tutto da solo. Ecco qualche consiglio, dai nostri articoli di Psicologia:

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