Breve pamphlet sulla F1. Hamilton vs Vettel


Alla luce del Gran Premio dell’Azerbaijan di domenica trovo che sia doveroso fare qualche precisazione e, magari, esporre qualche considerazione “impopolare”.

La F1 ha cambiato proprietario, è arrivata l’americana Liberty Media con Chase Carey al comando. Hanno annunciato cambiamenti, rinnovamenti e maggiore spettacolo. Le promesse, si sa, sono difficili da mantenere, ma è giusto concedere loro il tempo necessario per attuarle. Lo spettacolo visto lo scorso week end, però, non è da F1.

Il Gp a Baku è un’eredità della gestione Ecclestone e, tutto sommato, non è granché. L’infinito rettilineo e il colpo d’occhio sulla città creano indubbiamente immagini suggestive, echeggiando scenari da videogioco (l’adorato Gran Turismo…), ma la Federazione deve essere obiettiva e non può permettersi il lusso di dare origine a spettacoli così assurdi: basta vedere commissari impacciati, senza neanche un minimo di cultura “motorsportiva”, affannarsi a raccogliere pezzi di carbonio in pista.

Come già accennato nell’articolo dedicato (Gp Azerbaijan F1 2017), i circuiti o vengono fatti per correre oppure è meglio non disputare il Gran Premio. Vedere bandiere rosse per qualche, fisiologico detrito sparso sulla pista è deleterio per questo sport.

Se è vero che la F1 si fa portatrice di innovazione tecnologica e la sicurezza ne è il suo vanto, come si fa a vedere auto da milioni di euro andare a 50 km/h per venti giri a causa di detriti? O la pista è omologata e i detriti, frutto di normali contatti di gara, non sono un problema oppure non è una pista!

A proposito di auto che vanno a 50 km/h, come non parlare del tamponamento tra Hamilton e Vettel. Vettel ha sbagliato a reagire, come in un tipico “fallo di reazione”, alla provocazione dell’inglese.

Citando Zola (Emile, non Gianfranco), il mio “j’accuse” è nei confronti di Hamilton. Non ovviamente per la sua manovra quantomeno discutibile dietro la Safety Car né per il suo cristallino talento di guida, quanto, piuttosto, per il suo atteggiamento estremamente vittimistico.

Prima era Alonso, gli anni scorsi era Rosberg, ora è Vettel. Se vuole davvero imitare Senna, non ha bisogno per forza di creare un Prost, già ci pensa la stampa a farlo.

Alcuni giornalisti di autorevoli testate nazionali parlano della “gang degli inglesi”: Hamilton viene “protetto” dalla Federazione, così come Prost durante il regno di Balestre. Ogni suo comportamento in pista è scusato o tollerato, per il bene dei suoi fan e followers, e la colpa è sempre degli altri. Sta di fatto che qualche settimana fa, sul sito della F1 era stata resa pubblica la riunione dei piloti post Gp di Spagna, durante la quale molti piloti, Massa su tutti, chiedevano contezza della manovra al limite del regolamento da parte di Hamilton durante la gara e della mancanza di penalizzazione (aveva usato la via di fuga senza rispettare i limiti del tracciato per via del contatto con Vettel). Esito? Imbarazzante silenzio di Hamilton e raffazzonata risposta di Charlie Whiting. Tra l’altro, poco dopo, Liberty Media comunicava ai fan di non aver più intenzione di rendere pubbliche tali riunioni.

Lo stesso atteggiamento post Gp di Baku è quantomeno singolare: Vettel è disponibile ad un chiarimento, ma l’inglese risponde picche, affermando che “sarà la pista il luogo per il chiarimento”. Certo, Vettel ha sbagliato, ma la Federazione ancora di più: se esiste un regolamento, va applicato alla lettera, tutte le volte nei confronti di chiunque. Non solo: se esiste un regolamento, va applicato immediatamente, non si può sospendere il giudizio in attesa di vedere come si mettono le cose. C’era la bandiera rossa, quindici minuti di pausa, tutto il tempo necessario per comunicare a Vettel la penalità. Invece, la penalità viene comunicata soltanto dopo che Hamilton è costretto a fermarsi.

Hamilton è già forte così, non ha bisogno di una Federazione filo-anglosassone per vincere. Non deve per forza trovare un nemico a tutti i costi ed ergersi a paladino dei poveri. E’ capitato in passato, evitiamo che si ripeta. Ne va della serietà della F1 stessa. Ne va della vita di questi ragazzi.

1 comment

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  1. Loris

    Hai perfettamente ragione Andrea.
    Almeno tu hai il coraggio di dirlo apertamente.
    Molti per infinite e non sempre condivisibili ragioni,anche se più famosi e “visibili” forse lo pensano,ma non hanno il ciraggio di farlo.
    Comunque vai avanti così la verità non sempre “Si può dire” è molto più semplice tacere.Loris

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