London Bridge is… still alive


“ Operazione London Bridge ” strillavano i giornali del Regno Unito e del mondo intero fino a poche settimane fa, dipingendo con minuzia di particolari l’Inghilterra post Elisabetta. E con la conferenza speciale richiesta dalla Regina il pensiero torna lì. Che la quasi novantunenne regina sia ancora in ottima salute poco importa. Tutto è pronto, ognuno attende di impersonare il proprio ruolo e di ubbidire un’ultima volta alla sovrana: dal Primo Ministro, al principe Carlo – re? Non re? Chi lo sa – dai siti web alle agenzie di stampa… nessuno giungerà impreparato alla tragica “ London Bridge is down ”, frase in codice con echi alla James Bond, che segnerà la fine del regno più longevo d’Inghilterra e spalancherà il sipario su un lutto in pompa magna, nel quale nulla sarà lasciato al caso, poco al cuore. O almeno così pare.

Elisabetta tuttavia sembra curarsene ben poco, mentre con l’entusiasmo di sempre si concede cavalcate immersa nella campagna inglese durante i giorni di riposo, e si mostra sorridente di fronte ai sudditi adoranti, sfoderando l’inconfondibile saluto avvolta in metri di stoffa color pastello. Giallo canarino? Rosa confetto? Verde evidenziatore? Nessuna paura, la regina porta con disinvoltura ormai qualsiasi colore, per quanto improponibile esso sia. Antitesi vivente delle tinte fosche dei giornali, Elisabetta vi si accosta con vitalità ossimorica: sorriso bianco a trentadue denti stampato in viso, occhi celesti sempre attenti, riccioli perfetti, mano rigorosamente guantata. London Bridge – sembra sussurrare soddisfatta – is still alive. E l’Inghilterra ne gioisce, di fronte a una regina ormai più iconica della monarchia stessa.

 

Dalla London Bridge alle icone regali del passato.

Grandi re hanno attraversato la storia, guadagnandosi onore o biasimo sui libri, disfatta o vittoria sui campi di battaglia. Grandi nomi scandiscono i secoli come stelle, guidando i passi di chi guarda indietro, vincendo la sfida contro la morte. Comunque siano periti, in qualsiasi luogo della terra siano sepolti o perduti, il ricordo del loro passaggio non perirà mai. Così Alessandro, inghiottito dalle sabbie d’Egitto o della Macedonia, custodito chissà dove, chissà da chi, chissà da quanto; così Cesare, senza corona in vita, ma cinto di ogni gloria umana e divina dopo la morte; così Traiano, Giustiniano, Carlo Magno, Federico Barbarossa, Ferdinando D’Aragona, Enrico VIII d’Inghilterra, Luigi XIV, e quanti quanti altri… Ma al fianco di tanti re, hanno seduto tante regine. Talvolta fragili e silenziose, talvolta più risolute dei loro osannati mariti, talvolta addirittura sole.

Elisabetta I, quella che la storia ha consacrato come la regina vergine, non volle mai un re al proprio fianco, tenne il trono per sé e divenne uno dei più grandi monarchi d’Inghilterra. Maria Teresa d’Austria, fu l’unica donna ad aver mai regnato sui possedimenti della Casa d’Asburgo e poi Matilde d’Inghilterra, Isabella di Castiglia, la regina Vittoria, Caterina II di Russia… per non parlare di un regno in cui le donne esercitarono davvero enorme influenza sull’amministrazione dello Stato, in un anacronistico gioco di potere che avvicina il passato al presente. Fu infatti nella culla del Nilo, nel lontano e quasi favolistico regno d’Egitto che si succedettero grandi regine, alcune così famose da creare intorno a sé vere e proprie leggende. E tra loro Cleopatra VII, l’ultima discendente dei Tolemei, figlia della stirpe macedone che accompagnò Alessandro oltre i confini del mondo allora conosciuto.

Se si intendesse ripercorrere la fortuna del personaggio di Cleopatra dai suoi giorni ai nostri, si conterebbero non meno di duecento drammi e romanzi, quarantacinque opere, cinque balletti e quarantatre film. Un’enciclopedia insomma, degna di un personaggio senza eguali che segnò il destino di un’epoca. Il ritratto artistico di Cleopatra affascina per la propria eterogeneità; ogni periodo storico infatti ha restituito una personale lettura di questa donna straordinaria, rendendola l’incarnazione di ossessioni e fantasmi ogni volta differenti. In qualche modo Cleopatra appartiene ormai più al mito che alla storia, secondo un approccio che risale all’antichità o, più precisamente, a Cleopatra stessa. La sua – scrive Thomas Mann – è un esempio paradigmatico di vita intenzionalmente proiettata nel mito. Cleopatra infatti volle identificarsi con la dea Iside, talvolta addirittura vestì i panni di Afrodite, come puntualizza Plutarco, narrando il primo incontro tra la regina d’Egitto e Antonio. Ma se il biografo di Cheronea, e Shakespeare sulla sua scia, non la condannano mai in toto, di segno opposto è la propaganda augustea che identifica Cleopatra con un’altra figura mitologica: Onfale. Così come questa aveva spogliato Eracle della clava e della leontè per rivestirlo di abiti femminili, così Cleopatra aveva reso Antonio un effeminato fantoccio.

Un tratto costante del mito di Cleopatra è proprio questa sua capacità di rendere imbelle un valente guerriero, in linea con quanto già scritto da Erodoto riguardo alla terra dei faraoni, dove pare che uomini e donne invertissero i ruoli tradizionali in un bizzarro ribaltamento dei sessi. E’ chiaro come tutto ciò sia finalizzato a rendere la donna orientale l’esatta antitesi di quella occidentale.

Elizabeth Taylor nel film Cleopatra del 1963

Elizabeth Taylor nel ruolo di Cleopatra nel Colossal omonimo del 1963

Cleopatra, pertanto, ha un duplice viso. Da una parte si mostra come un’eroina sfortunata, sinceramente innamorata di Antonio e del proprio paese, la cui triste sorte genera compassione; dall’altra si insinua il mostro, l’incarnazione stessa del vizio e della voluttà, capace di segnare la rovina di tutti quegli uomini così sciocchi da innamorarsi di lei.

Distinguere la realtà dalla menzogna purtroppo non è semplice, anzi penso sia più onesto ammettere che è ormai del tutto impossibile; i miti, si sa, costruiscono montagne da granelli di sabbia, e si piegano con troppa facilità agli umori dell’epoca che li partorisce. E così non possiamo che leggere, pensare, immaginare e alla fine scegliere la Cleopatra a cui vogliamo credere. Ma della sua grandezza di certo non possiamo dubitare. Gli uomini venuti dopo di lei, sopravvissuti alla sua tragedia, non si sarebbero mai accaniti sulla memoria di una donna da niente, non avrebbero mai sprecato il genio dei poeti senza una ragione.

Cleopatra ieri, Elisabetta oggi… donne di cui il mondo attende e teme allo stesso tempo la caduta. L’Egitto dei Tolemei, l’Inghilterra dei Windsor… molto è cambiato, qualcosa è rimasto. Un microcosmo che si stringe attorno a un’unica figura e per quanto la ami o la odi non riesce a non esserle profondamente legato. “ Operazione London Bridge ” strillano i giornali del Regno Unito e del mondo intero. Si, va bene… e dopo?

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