Nulla di nuovo sul fronte internazionale – Eurolega ancora stregata


Forse a questo punto conviene stare semplicemente alla finestra ad attendere l’orizzonte degli eventi. Quello verso cui sfumano tutte le speranze di successo in Eurolega, quelle che sono le ultime a morire ma le prime a prenderti per i fondelli.

Giorni di un futuro passato

Ecco, allora evitiamo di prenderci per i fondelli anche noi. L’Eurolega per i club italiani è e resta qualcosa a metà tra un miraggio, una chimera e un’utopia. Due anni fa, l’hashtag #siamoquesti accompagnò il sesto posto tricolore ad Eurobasket.

Va tenuto buono anche nelle campagne delle nostre squadre oltre i confini. Al di là del risultato di Venezia alla Final Four di Champions League, non è certo nelle guerre tra poveri che possiamo gloriarci di una presunta sanità (inesistente) del nostro movimento.

In Eurolega è andata male, ma male male. L’ottavo posto obiettivo minimo per considerare soddisfacente è stato mancato. Peggio: è stato centrato l’ottavo posto meno nobile, quello delle escluse.

Ultima su sedici, Milano ha sofferto della sua maledizione che pare eterna: quella di avere tante teste, e mai una sola. Tante mani, che non si aiutano ma si ingarbugliano. Tanti volti, ma mai quello che serve.

Inutile dare la colpa a Repesa, come era inutile darla a Banchi, a Scariolo, a Bucchi e così via fino a Lardo che per primo avviò questo ciclo milanese nel 2004/2005 con una finale (persa al cospetto della Fortitudo) inattesa.

Milano ha sempre avuto il difetto non di non saper aspettare, di non saper coltivare. Prima la corsa su Siena e poi quella su sé stessa l’hanno portata ad autocostringersi a cambiare continuamente, in attesa della chimica perfetta.

Diversamente da Siena che nel suo momento d’oro creò un nucleo di giocatori solido a cui aggiungere via via elementi ritenuti adatti al sistema. Qualcuno lo fu, qualcuno no, ma pazienza, non sempre ci si prende.

Ragione e…?

La Mens Sana pur con tutti i difetti emersi rovinosamente, conquistò (sul campo) due partecipazioni alle Final Four di Eurolega, come a Milano ancora non è riuscito.

E per favore, non ci si venga a raccontare che “Sì, però Siena…”. Perché il paragone è servito solo per dimostrare che una attenta programmazione, e non una semplice raccolta di figurine, paga.

Un’occhiata alla classifica di Eurolega rende meglio l’idea. La Stella Rossa non è più ricca di Milano, Darussafaka non ha meno tradizione, Bamberg e Kaunas non sono più forti. Perché, quindi, queste tre squadre sono arrivate davanti?

La Stella Rossa perché ha investito su ragazzi del territorio che sapevano il significato del giocare con la maglia biancorossa stellata addosso, avevano presente che tipo di determinazione e competitività richiedesse. Metterci vicini americani non egoisti ha aiutato la crescita dei baldi giovincelli.

Darussafaka ha investito su Blatt, che vale quanto Repesa, ma a differenza di quanto successo a quest’ultimo, ha dato al proprio coach pieni poteri, pieno supporto e piena stima. Prova ne sia il ritorno di Kemzura come assistente dopo gli anni trevigiani.

Certo, i soldini fluiti sono stati un pochino di più, ma nell’anno in cui anche altri ricchi (Barcellona, Maccabi e lo stesso Panathinaikos che non se l’è passata bene, per un pezzo) in Eurolega hanno pianto, questa giustificazione non vale più.

Bamberg e Kaunas, infine. I tedeschi hanno confermato lo zoccolo duro dell’anno scorso (ricorda nulla?), i lituani hanno puntato sulla solita vecchia dozzina guidata da una leggenda in campo (Jasikevicius).

Tante ricette, e una sola certezza: quattro squadre che sembravano potenzialmente un gradino sotto l’Olimpia hanno azionato la freccia e sorpassato i biancorossi.

Toccherà sperare nel 2017/2018. Augurandosi che, a Milano, finalmente solidifichino un gruppo di giocatori ben preciso che dà tutto e anche di più per la maglia, e ingaggino gente che sa cantare e portare la croce.

Per il 2016/2017, niente di nuovo sul fronte di Eurolega. Come da molto tempo a questa parte.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi