L’uomo perfetto #11 Solo per questa notte di pioggia


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Il diario che ricevetti dall’uomo perfetto mi costrinse a riconsiderare tanti episodi della sua storia che ora apparivano sotto una luce diversa. Era scritto rigorosamente a mano su un quaderno a righe. Iniziava con alcuni pensieri del 2010 e terminava un paio di mesi prima del nostro incontro a Bruxelles nel 2022.

C’erano tutti i retroscena della prima parte della sua carriera politica. Non so quanti di questi possano considerarsi segreto di stato – francamente non so nemmeno se il segreto di stato è previsto dal diritto europeo. Ricordo che chi vi scrive è un consulente informatico e non un forense.

Scusate la divagazione. Penso che il “fanne buon uso” con cui l’uomo perfetto accompagnò la consegna del diario, mi imponga di omettere alcune parti. Soprattutto quelle che riguardano la vicenda di Aarifa – le indagini non si sono ancora concluse.

Con la malizia da pettegolo che talvolta si impossessa di me, andai subito alla ricerca di note e appunti su Martina.

Fui molto sorpreso di trovare il suo nome nell’ultima pagina del diario.

Ricostruì che era databile aprile 2022. Aarifa era scomparsa dalla vita dell’uomo perfetto da solo tre settimane ed ecco che un fantasma del passato ricompariva dieci anni dopo l’ultima apparizione.

Una notte di pioggia. Un’altra giornata a difendere il piano per la gestione dei migranti dagli attacchi dei detrattori e a continuare a costruire qualcosa di concreto. Le discussioni in parlamento si erano protratti oltre le nove di sera. L’uomo perfetto osservava le gocce d’acqua sul vetro del box doccia del suo appartamento, identiche a quelle di pioggia sull’ascensore a vetro del suo ufficio.

La foto profilo di Martina comparve sulla retina dell’uomo perfetto. Il suo viso sorridente guancia a guancia con quello di suo marito Gilles nel giorno del loro matrimonio – sei anni prima.

Il cuore dell’uomo perfetto smise di battere per lunghi secondi. Il cervello si spense. Sotto l’effetto di un incantesimo, un automatismo aprì il canale telepatico.

“Scusami tantissimo, scusa, scusa. È un’emergenza. Sei l’unica persona che conosco a Bruxelles. Ho bisogno di un posto dove stare. È solo per questa notte.”

La sua voce era quella di sempre. Resa ancor più flebile dalle lacrime che dovevano aver inondato il suo viso in abbondanza. L’uomo perfetto non sentiva quel suono da dieci anni. Aveva sempre resisto all’impulso di riascoltare le loro conversazioni.

Per anni aveva chiamato il suo nome nel sonno. Quando la sveglia interrompeva il sonno prima del necessario, il pensiero di lei era il primo a raggiungerlo. Tante volte, la sera, il suo viso era stata l’ultima proiezione dietro il buio delle palpebre. Ma non aveva mai riascoltato la sua voce. Ce l’aveva fatta. Per dieci anni.

Ora quella voce riecheggiava nella sua testa, che alla comparsa della foto profilo di Martina si era svuotata come una vasca da bagno. Era nudo, di fronte alle gocce sul vetro del box doccia. Trascorsero interminabili istanti di silenzio. Sentiva la voce di lei ansimare in preda alla trepidazione per l’attesa della risposta.

“Ti mando la posizione criptata di casa mia”.

Nella mezzora che precedette l’arrivo di Martina, l’uomo perfetto si vestì, scrollò di dosso la stanchezza del giorno e promise a sé stesso che sarebbe stato accogliente. Era evidente che Martina volesse solo una spalla su cui piangere. La ragazza con cui era stato in vacanza dieci anni prima, però, non avrebbe mai chiesto aiuto. Soprattutto non a un ex. Soprattutto non da sposata. Anche se erano passati dieci anni.

La prospettiva di essere finito in un terribile film anni ottanta di commiserazione e autocommiserazione, lo terrorizzò. Anche se i metri che separavano la discesa dal taxi all’ingresso del condominio dove viveva l’uomo perfetto erano davvero pochi, Martina riuscì a presentarsi sulla soglia dell’appartamento con i lunghi capelli lisci sconvolti dalla pioggia.

Era persino più bella di come l’aveva sempre sognata. I suoi occhi sbarrati e resi irriconoscibili dalle lacrime, brillavano gridando pietà e comprensione. “Penserai che sono una scema.”

L’uomo perfetto fu sopraffatto dalla sua ingenua bellezza che continuava a galoppare nonostante lo scorrere degli anni. Sorrise. “Ti ho sempre augurato di imparare a chiedere aiuto”.

Si sedettero sul divano. Lei accettò solo un bicchiere d’acqua, ma l’uomo perfetto preparò una tisana. Aveva accompagnato Gilles a Bruxelles per la convention annuale dell’azienda. Non mi accompagni mai, aveva detto lui. Alla cena di gala, lui l’aveva messa in ridicolo di fronte agli altri commensali. Lei aveva lasciato il tavolo, lui l’aveva seguita in bagno. Lei gli aveva tirato uno schiaffo, lui le aveva stretto il polso fino a lasciarle i lividi. Era corsa in hotel a recuperare la valigia ed era scappata.

L’uomo perfetto ascoltò in silenzio. Ho buoni elementi per credere che fecero l’amore quella notte. Penso che per entrambi fu per senso del dovere. Lei ammetteva di stare abusando dell’amore incondizionato di un vecchio amante. Lui pensò che faceva parte del ruolo di “spalla su cui piangere”. Fu dolcissimo rivedere i sui fianchi, il neo sotto al seno, il suo mento protrarsi verso il soffitto, le sue labbra trattenere i gemiti.

Il suo corpo era sempre lo stesso. Ma quella che accarezzò per tutta la notte era una persona che non aveva mai conosciuto.

Si celebrò così il funerale dell’amore idealizzato che il cuore dell’uomo perfetto aveva eruttato in continuazione per oltre vent’anni. Dell’ossessione che per dieci anni aveva tormentato chi era riuscito a coronare il suo sogno solo per pochi istanti. E poi l’aveva perduto per sempre.

La mattina seguente l’uomo perfetto uscì di casa che lei dormiva ancora. Le lasciò la colazione pronta. Lei si alzò, mangiò qualcosa. Scrisse un biglietto – che non penso leggerò mai – e tornò in Italia.

Non si sarebbero incontrati mai più.

Qualche mese dopo l’uomo perfetto fu eletto presidente della Commissione europea e cambiò appartamento.

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