Aleppo sinonimo d’inferno


Ban Ki Moon : Aleppo é ora sinonimo d’inferno.
Queste le parole che il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha usato per descrivere la catastrofe umana in cui si é trasformata la situazione ad Aleppo, cittá siriana occupata dai ribelli.

Nonostante l’accordo comune fra le parti, dopo l’invito preoccupato di Ban Ki Moon, di lasciare che i civili evacuino la cittá sembri essere condiviso da tutte le parti in campo, la questione é molto confusa, perché non é esattamente ció che sta avvenendo ed é difficile capire chi gioco piú sporco.
L’accordo consisteva in una tregua annunciata dal capo dell’opposizione armata al-Farouk Abu Bakr che avrebbe permesso a civili e ammalati di poter lasciare Aleppo e villaggi sciiti vicini, prima della ripresa delle sparatorie. Una speranza accesa lo scorso venerdí, ma immediatamente estinta, nel momento in cui il cessate il fuoco non é stato rispettato.
Proprio sulla situazione di Aleppo, il ministero degli Esteri iraniano ha annunciato che i capi della diplomazia di Iran, Turchia e Russia si incontreranno il prossimo 27 dicembre a Mosca per un vertice “nel tentativo di riportare la stabilità nella città siriana”. Ma il 27 dicembre sembra pericolosamente lontano, se si considerano gli appelli disperati d’ascolto e d’aiuto di civili, donne uomini e ragazzi, o addirittura i video di addio, che stanno invadendo il web e coinvolgendo emozionalmente il popolo virtuale.
“Ad Aleppo c’é l’olocausto e io mi vergogno” sono invece le dure parole che la giornalista della tivù israeliana Lucy Aarish ha detto sul secondo canale della televisione di Stato di Israele. Il sommovimento e l’indignazione per la situazione sono quindi generali. I numeri delle persone da evacuare sono peró grandissimi, le risorse limítate e i tempi strettissimi e fanno temere un possibile insuccesso. Infatti, secondo quanto registrato dalle Nazioni Unite, nei villaggi di Fua e Kefraya, circa 126 autobus dovrebbero evacuare almeno 4 mila persone. Nelle due cittadine sarebbero presenti circa ventimila persone e tra esse settemila minori, oltre 4.500 combattenti fedeli al governo di Damasco e a un gruppo di miliziani sciiti libanesi di Hezbollah. Ad Aleppo est, invece, vi sono ancora circa 40mila civili e tra 1.500 e 5.000 combattenti con le loro famiglie.
La controversia piú grande e che sta creando piú scandalo é l’accusa alla Russia di alcuni capi dei gruppi armati di essere stata la prima a essere venuta meno alla promessa della concessione di una tregua, di essersi in pratica rimangiata la parola data per ottenere un vantaggio sui ribelli e su ció che resta della resistenza dello Stato Islamico.
La questione sembra non essere destinata a risolversi e a dover escalare in scenari peggiori. Perfino le voci autorevoli del segretario delle Nazioni Unite e di numerosi capi politici occidentali sembrano deboli e totalmente inefficaci per salvare la situazione. Ma in tutto questo, la parte piú terribile é dover seguire la vicenda dalle nostre case, seduti comodi, al sicuro, bloccati nella nostra impotenza. Sono i potenti a decidere le sorti e a fare la storia, é vero. Ció che possiamo continuare a fare é continuare a esprimere il nostro sdegno per come é gestita la situazione, sperando di poter far pendere anche solo di poco le grandi decisioni politiche dalla parte giusta, quella dei diritti umani.

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