Le conseguenze del referendum: analisi del voto e possibili scenari


«E ora? Quali saranno le conseguenze del referendum?». In molti se lo saranno chiesto domenica scorsa, appena chiuse le urne. Le prime risposte non si sono fatte attendere: pochi minuti dopo la mezzanotte, infatti, il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è presentato in conferenza stampa per annunciare le sue dimissioni.

Un atto dovuto per alcuni, che in ogni caso è sembrato inevitabile dal momento che lo stesso premier aveva sottolineato a più riprese il legame tra il destino del suo Governo e il referendum sulla riforma della Costituzione. La netta vittoria del NO ha dunque prodotto una crisi di Governo tuttora in corso, ma le sue conseguenze potrebbero avere una portata politica ben più ampia.

Lo si intuisce dalle proporzioni con cui il NO alla riforma ha prevalso sul SI: 59,1% contro 40,9%, una differenza di quasi 6 milioni di voti in un contesto di partecipazione particolarmente alta per una consultazione referendaria (65,6%), paragonabile a quella delle elezioni politiche del 2013. Proprio per questo, per capire le conseguenze del referendum è importante partire dall’analisi del voto.

Le conseguenze del referendum: analisi del voto

Chi ha votato contro la proposta di riforma del Governo Renzi? Secondo i dati Ipsos, dal punto di vista anagrafico, il NO ha prevalso nettamente tra i giovani (18-34 anni) e in generale nella fascia degli under 50, mentre un maggior equilibrio si riscontra tra gli over 65. A favore del NO anche laureati, diplomati con licenza superiore e media, mentre il SI ha sfiorato il pareggio tra le persone meno scolarizzate.

Il fatto che – oltre che tra i giovani e le persone più istruite – il NO abbia raggiunto percentuali elevatissime anche al Sud e tra i disoccupati, fa concludere all’istituto di ricerca presieduto da Nando Pagnoncelli che quello di domenica 4 dicembre sia stato un voto sociale, oltre che istituzionale e politico.

A rispondere in modo più negativo alla proposta referendaria, infatti, sono state le fasce sociali che più risentono della perdurante crisi economica, esprimendo un voto di protesta a cui si somma un giudizio negativo nei confronti del Governo. In questo senso, la personalizzazione del referendum proposta sin da subito dal presidente del Consiglio non ha pagato, polarizzando intorno alla sua figura un dibattito che ben poco tempo ha dedicato al merito della riforma.

Un elemento che risultava evidente già da una sommaria analisi delle capagne referendarie dei partiti di opposizione – quasi tutte anti-Renzi più che anti-riforma – e che trova conferma nell’interessante analisi dei flussi comunicativi social condotta da Catchy per La Stampa, che mette in rilievo l’imponente volume di traffico generato da un dibattito tutto sommato superficiale sulla figura del premier.

Le conseguenze del referendum: analisi del votoRilevato quindi che il voto contrario alla riforma ha espresso solo in minima parte una volontà consapevole di difesa della Costituzione, diventa importante capire – anche in prospettiva di future elezioni – quanto di effettivamente politico abbia avuto questa consultazione referendaria.

Da questo punto di vista, l’analisi dei flussi condotta dall’Istituto Cattaneo rispetto alle elezioni politiche del 2013 conferma sostanzialmente i numeri Ipsos, che ha comparato le percentuali alle europee 2014.

In particolare, escludendo NCD praticamente diviso a metà, i partiti che cedono più voti risultano essere il Partito Democratico e Forza Italia, che perdono più del 20% a favore dello schieramento avverso.

Più compatte per il NO le destre – compresa la Lega – e la galassia varigata degli elettori di sinistra. Ma il primato va al Movimento 5 Stelle, con percentuali definite da più parti grantiche tra l’80 e il 90% dei voti contrari alla riforma.

Da questa breve riflessione si possono trarre due conclusioni di carattere politico: innanzitutto, che il referendum ha diviso gli elettori all’interno dei partiti più moderati, accelerando un processo probabilmente già in atto dall’inizio della legislatura.

E poi che i partiti più rafforzati da questo risultato sono la Lega e il M5S – non a caso i primi ad aver chiesto elezioni immediate – mentre sul versante opposto spicca la mancanza di una forza politica in grado di capitalizzare unitariamente i consensi della sinistra.

Le conseguenze del referendum: possibili scenari

Mentre ricomincia la partita a scacchi tra le forze politiche, il presidente della Repubblica ha concluso ieri le consultazioni istituzionali. Il responso sul futuro del Governo atteso in giornata è già arrivato: Mattarella infatti ha incaricato l’ex Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni di traghettare il Paese almeno fino alla sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale (24 gennaio) se non addirittura a fine legislatura.

Le riserve saranno sciolte del tutto nei prossimi giorni. In ogni caso, l’ipotesi di voto a febbraio si scontra con la situazione anomala in cui si svolgerebbero le elezioni, con leggi elettorali diverse per Camera e Senato: l’Italicum per la prima, con le eventuali modifiche della Corte, e la legge Mattarella per il secondo, con le modifiche che la stessa Corte ha introdotto dopo aver bocciato la legge Calderoli.

Un quadro normativo rispetto al quale il presidente Mattarella non ha dubbi, avendo chiesto già ieri che il nuovo Governo si occupi almeno di dare al Paese un’unica legge elettorale per le due Camere. Nei prossimi giorni vedremo cosa succederà e scopriremo quali saranno, fino in fondo, le conseguenze del referendum.

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