Una porzione di Brasile, per favore


I cibi brasiliani sono come le persone, un miscuglio di sapori e colori. In un piatto brasiliano puoi trovarci del riso condito con fagioli, circondato da carote gialle e zucca, incastrato ad una fettina di maiale, abbellito con un po’ di uova fritte e insaporito con tapioca. A Belo Horizonte per pochi reals si possono trovare buffet coloratissimi, che offrono ingredienti spesso sconosciuti e tipici della comida mineira, la cucina brasiliana del Minas Gerais. In queste poche settimane in Brasile il cibo ha accompagnato la mia scoperta di questo paese e di questo popolo fantastico. Perciò ecco un elenco di cibi che porterò finora nel cuore e nella pancia:

Pan de queijo: è stata la prima cosa che ho mangiato a Belo Horizonte. Sulla strada dall’aeroporto a casa, la mia coinquilina ha rallentatato l’auto e mi ha puntato gli occhi addosso: “Noi in Minas Gerais amiamo molto le tradizioni. Una di queste è il Pan de queijo, che offriamo come segno di benvenuto. Se non ti piacerà, ti riporterò subito  in aeroporto”. Ha uno strano modo di fare questa ragazza, prima minaccia di farti fuori e poi sorride in maniera brillante. La mattina seguente, camminando a tentoni in pigiama, sul tavolo della cucina  ho trovato un cestino con 10 Pan de queijo e un foglio che diceva: “Questi sono per te. Mangiali o la pagherai (e un grande smile)”. La mia fortuna è stata quella di essere a casa da sola mentre davo il primo morso. Erano buoni, ma ho trascorso il resto della mattina coi dolori alla pancia, sperando di non essere cacciata dal Brasile per la mia intolleranza al latte. Ogni cosa golosa in Brasile è fatta col latte condensato e quintali di zucchero. Al ritorno da lezione, Caroline mi ha guardata dritta in faccia: “Ti sono piaciuti?” mi ha chiesto. Ha scambiato la mia faccia da coliche per un sorriso.  Promossa.

Coxinha: da fuori sembra un arancino, ma quando le dai di morso si sgretola il croccante della panatura e i denti affondano in un ripieno morbido fatto di pollo e pomodoro. La coxinha viene venduta ad ogni angolo di strada, dai bar e dai carretti di fronte alle scuole o ai musei. L’invenzione della coxinha sembra riasalire all’epoca dell’impero, quando a corte viveva un bambino che non accettava di mangiare altro se non le cosce di pollo. Siccome mangiava come un lupo con la sindrome premestruale, un giorno accadde che finirono le cosce da servire. Al cuoco di corte venne perciò l ‘idea di ingannarlo, creando una finta coscia di pollo: fece un impasto con petto di pollo e altre parti snocciolate, e lo impanò dandogli alla fine la forma di una coscia. Fu un successone.

Lasagna di pollo: i miei amici brasiliani hanno riso tantissimo vedendo la mia faccia davanti a queste lasagne appena servite: “Davvero mettete il pollo anche nelle lasagne??”. Lo so, sono atipica, ma in genere io non amo le lasagne che mi cucina mia nonna; le associo al giorno in cui alla Vigilia irruppe in casa un tizio enorme vestito da Babbo Natale, proprio mentre le stavo mangiando. Queste lasagne brasiliane le ho invece mangiate in un secondo, mentre il ragazzo seduto di fronte a me metteva in discussione il fatto che il cibo italiano fosse tanto buono come si raccontava. Io annuivo, con le lasagne sparse sulle guance. Per i più coraggiosi, c’è anche lo spiedino coi cuori di pollo, mangiato a un mercato come buon auspicio per il tirocinio di cardiologia che stavo seguendo. Buoni, ma mi è sembrato di masticare sabbia.

Suco natural: è il succo di frutta che puoi trovare praticamente ovunque, e molti negozi te lo preparano frullandoti la frutta fresca davanti agli occhi. La frutta Brasiliana è qualcosa di meraviglioso, e ogni volta che tagli in due un frutto non sai mai che colore e che gusto ci troverai dentro. Al supermercato, la prima volta ho fatto la scorta di goiaba, cajà, mango, papaya, abacaxi e maracuja; da quella volta il padre della mia coinquilina mi porta a casa quintali di frutta tagliata e confezionata per vedermi sorridere. Lo scorso weekend ho provato l’agua de coco, bevuta direttamente con una cannuccia da una noce di cocco forata. Il tizio che ce l’ha venduta l’ha tranciata in due con una mossa da Jack lo Squartatore, per farci assaggiare  la crema rimasta intorno alle pareti. Sublime, ma avevo i sensi di colpa per la violenza usata contro quel frutto.

Acai: la moda del momento, una specie di gelato che viene gustato con le farciture più varie da persone di tutte le età, a qualsiasi ora del giorno.  L’acai è un frutto della foresta amazzonica che, nel resto del Brasile,  ha riscontrato un gran successo servito in questa modalità gelata. Io l’ho mangiato in un piccolo bar davanti alla facoltà, dopo che una ragazza mi aveva confessato di esserne dipendente e di non riuscire a vivere senza il suo acai quotidiano. Mi è piaciuto abbastanza, ma i problemi sono iniziati mentre ero in sala operatoria quel pomeriggio, perchè inspiegabilmente avrei voluto saltellare e ballare sul paziente intubato. Dopo una notte insonne a leggere tutto il dizionario italiano-portoghese, ho infine scoperto che nella preparazione dell’acai è compreso del guaranà, al quale evidentemente sono molto sensibile. Buono a sapersi per quando deciderò di tornare in Europa a nuoto.

Cachaca: eccoci alla fine. O meglio, all’inizio, perché la cachaca è il brodo primordiale da cui ha avuto origine il Brasile e il suo popolo. E’ la base della caipirinha, che ho assaggiato la prima sera a casa della coinquilina, mentre le sue amiche mi raccontavano del Brasile e delle sue contraddizioni. Il primo bicchiere col lime mi ha fatto sentire leggera, il secondo con la fragola mi ha stesa. Mentre mi spiegavano che esistono varietà di caipirinha fatte con tutta la frutta possibile e immaginabile, il mondo intorno a me ha iniziato a diventare fluido e gelatinoso, e sorridente. Mi sono ritrovata truccata e agghindata a festa in un concerto di musica funk, senza rendermene conto, tra risate e telefoni che squillavano a ogni secondo. Qui ho avuto modo di osservare queste ragazze e la loro arte di riuscire a cantare, sorridere, muovere i capelli e twerkare con un uomo attaccato al fondoschiena. Arte purtroppo non accessibile a una ragazza italiana con le anche anchilosate e tante domande in testa. Conoscerò dei ragazzi interessanti con cui esplorare la città e condividere un pezzo indimenticabile di vita? Ma quelle lucine là in lontananza, dietro le bolle di sapone e le luci stroboscopiche del palco, sono davvero le favelas dove approderò tra un mese?

+ Non ci sono commenti

Aggiungi