Perché avere Visioni Mondiali


Beautiful_FIFA_World_Cup_Russia_2018_Logo_HD_Wallpaper-1030x615Eccoci qui, siamo tornati. In altra forma, con altra struttura, ma siamo tornati. Immortali come gli highlander. Determinati come i marines. Culturali come Indiana Jones. La prima versione della rubrica “Visioni Mondiali” chiuse dopo tre numeri per ben documentati motivi. Gli stessi per i quali, oggi, riapre.

Chiariamoci, non ci siamo dimenticati di quanto successo in Qatar, né della Russia, dell’Ucraina o della Germania, e tantomeno crediamo alla favoletta che chiusa l’era di Sepp Blatter ora il calcio si ridimensionerà e tornerà a livelli umani. Il calcio ha smesso da tempo di essere a misura d’uomo, e ha iniziato ad essere a misura di mercato. Globale, magari, come abbiamo potuto apprendere dalle recenti acquisizioni Made in China di Inter e Milan, che si inseriscono nel percorso che Premier League e Ligue 1 hanno intrapreso da tempo, con investimenti perpetrati da holding asiatiche o nordamericane. O in alternativa, guardiamo alle ultime sedi dei Mondiali. Tutte economie in ascesa: Giappone/Corea, Germania, Sudafrica, Brasile. Chi ha anche solo un po’ di dimestichezza con le serie tv poliziesche sa che le coincidenze non esistono, n’est pas?

Il calcio ad oggi muove interessi che lo avvicinano più a un’industria dell’intrattenimento che a uno sport, e anche ce ne accorgiamo semplicemente guardando al nostro giardino, prendendo in esame quanti fiocchi ha dovuto sborsare Mediaset Premium per soffiare da sotto il naso di SKY la caramella Champions League. Il calcio, ad oggi, veicola sentimenti popolari, rappresentazioni simboliche, aderenze pervicaci, che è diventato uno dei modi migliori per parlare dell’umanità, insieme al cinema e alla letteratura (absit iniuria verbis). Per il calcio, tanto per dire, sono state combattute due guerre, la prima del ‘69 magistralmente raccontata da Ryszard Kapuscinski, e la seconda tra Algeria ed Egitto esattamente quarant’anni dopo. Per lo stesso motivo, tra l’altro, ovvero un decisivo match di qualificazione alla kermess iridata.

Parlare dei Mondiali è parlare della massima espressione del calcio, e parlare di calcio è parlare dell’umanità: degli interessi e dei giochi politici, delle passioni comunitarie e delle speranze di riscatto o di sviluppo che comporta il sostenere la propria nazionale. Ecco perché c’è bisogno di “Visioni Mondiali”. Sgombriamo subito il campo da possibili equivoci: “Discorsivo” non ha la portata, la reputazione, i mezzi fisici, del Daily News in grado di svelare i retroscena, fare scoop a livelli internazionale. Ciò non significa però che ignorerà temi da quello che è (ribadiamo) un ottimo modo per parlare dell’umanità. Potremmo quindi ritrovarci a raccontare e commentare episodi come quelli citati sopra, o come lo scontro, in occasione di un match di qualificazione ai Mondiali, tra supporter armeni e turchi, a causa delle pregresse acredini tra i popoli per il genocidio (peraltro negato) compiuto nei confronti dei primi da parte dell’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale.

In buona sostanza, se “Visioni Mondiali” darà ampio spazio al lato tecnico, come è sacrosanto che sia, non dimenticherà di parlare, qualora se ne presenti l’occasione, di tutti quei significati o quegli spunti che via via dovessero emergere. Come diceva San Paolo, ciò che saremo ancora non è stato rivelato, e dunque ancora non possiamo sapere il “cosa” anche se abbiamo ben chiaro il “come”. Possiamo solo assicurare a chi ci seguirà che il consueto massimo impegno a trattare in modo dissonante (ma non dissoluto) argomenti calcistici relativi al Campionato del Mondo 2018. Vogliamo essere fisici e politici, economici e sociali, tecnico-tattici. Ci piacerebbe essere anche visionari.

Ci piacerebbe avere Visioni. Mondiali.

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