Olimpia Milano, dica 27! – Semifinali e finale scudetto 2015/2016
E così un’altra stagione va in archivio. L’incursione dell’Emporio Armani Milano al PalaBigi di Reggio Emilia ha sancito la conquista del tricolore da parte dei biancorossi. La bacheca dice ventisette, un bel numero, il più alto d’Italia, ben distante dai quindici della Virtus Bologna (tra l’altro appena retrocessa). Il bilancio di Milano di questa stagione può dirsi certamente positivo, con una regular season in cui ha fatto corsa di testa dall’inizio alla fine e due trofei su due conquistati, lasciando agli avversari poco o nulla e soffrendo, di fatto, solo nelle prima parte della serie contro Venezia. Una volta recuperato il fattore campo, tuttavia, Milano ha fatto quello per cui era stata pensata e costruita: la schiacciasassi.
L’unico rammarico, e qui ci perdonerete se tocchiamo sempre lo stesso tasto come il proverbiale Catone il Censore, è quell’uscita prematura dall’Eurolega, l’ennesima brutta figura per l’Italia in campo internazionale e (ipotizziamo) motivo di delusione all’interno della società stessa, dato che talento e tonnellaggio del roster ad inizio stagione facevano presupporre tutt’altro tipo di percorso europeo. Pazienza, sarà per la prossima volta, che sarà la prossima annata, in una edizione ridotta e se vogliamo elitaria della kermesse europea. L’Olimpia, previo accordo con la FIP, sarà l’unica rappresentate italiana, in un torneo dalla formula sostanzialmente elitaria, e che perciò non incontra affatto il favore di chi scrive. Siamo comunque fiduciosi che i biancorossi l’affrontino nel modo migliore, più e nel nostro cuore preghiamo che quindici anni dopo riescano a riportare il massimo alloro europeo entro i confini italiani. L’alternativa sarebbe la Basketball Champions League della FIBA, di cui comprenderemo qualsiasi “Ooooooooh, quanta originalità” relativo al nome, dato che è la stessa cosa che abbiamo pensato noi. La competizione parte di sicuro con nomi e appeal minori ma, chissà, forse dalla botte piccola potrà venir fuori buon vino.
Intanto, ecco la sintesi di semifinali e finale scudetto.
SEMIFINALI
Emporio Armani Milano – Umana Venezia
Alla vigilia del campionato l’avremmo data come la finale più probabile: le squadre col budget più alto, quelle con la campagna acquisti più rimarchevole. Ma poi c’è il campo, e il campo ha detto che Venezia ha imbarcato (o… ingondolato) acqua con e senza quel Charlie Recalcati poi esonerato. Walter De Raffaele, che un’altra chance in A dieci anni dopo la meritava, ha comunque tracciato una rotta che ha riportato la Reyer nelle alte sfere. Il problema è che poi il coach livornese nel momento clou ha visto i suoi calare paurosamente il proprio rendimento, in particolar modo la vecchia guardia.
L’inizio degli oro-granata era stato promettente: una gara-1 generosa, circolazione di palla fluida, pericolosità diffusa e il colpaccio a Desio logica conseguenza. Poi però quell’atteggiamento non è stato replicato, o meglio, lo è stato, ma da Milano. La gara-4 che ha dato il pareggio all’Olimpia e di fatto tagliato le gambe all’Umana è stata una prova corale, con Simon sì sugli scudi (25 punti) ma mai lasciato solo: Gentile, Sanders, Kalnietis, Macvan, McLean, e persino Cerella e Batista sono stati fondamentali per violare il Taliercio, magari rimanendo bassi nello score personale ma catturando rimbalzi o recuperando palloni.
Gara-5 e gara-6 sono state di fatto un pro forma, perché una volta rientrata in gioco Milano non ha più mollato, continuando a martellare con protagonisti ogni volta diversi. Con l’eccezione di Tonut, Mike Green e Krubally, che fino all’ultimo hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, i giocatori di Venezia non hanno saputo come rispondere all’onda anomala biancorossa, e stupisce come il gruppo ex-Mens Sana non sia riuscito a orientare l’intera squadra sul ritorno di fiamma lombardo. E così Milano, dopo avere subito da Siena per cinque anni buoni (2008 – 2013), è riuscita a compiere la sua vendetta contro ciò della squadra toscana è rimasto (in A, ovviamente). Sono soddisfazioni.
(77 – 84; 78 – 65; 62 – 73; 88 – 80; 78 – 67; 68 – 60)
Olimpia Milano vince la serie 4 – 2
Grissinbon Reggio Emilia – Sidigas Avellino
Potremmo anche decidere, presi da un raptus di estrema pigrizia, di sintetizzare in una sola frase la semifinale tra emiliani ed irpini: “È stata una serie intensissima”. Certo, non sarebbe giusto verso nessuna delle due contendenti, se non altro perché abbiamo dedicato ben altro spazio all’altra semifinale. E tuttavia non ci sarebbe altro modo per descrivere quanto si è visto tra il PalaBigi e il PalaDelMauro, perché ogni tentativo di riprodurre su tastiera le sette partite sarebbe una vera maleducazione verso la pallacanestro che è stata giocata. L’unico paragone che ci viene risale agli anni del liceo, più precisamente a quel Platone che sosteneva che il mondo reale altro non era che la brutta copia del mondo delle idee (o almeno, noi ce lo ricordiamo così…).
Tranne lo svarione reggiano in gara-4, frutto di una pessima prestazione generale della Grissinbon, ogni episodio è stato tirato, combattuto, sentito. Uno spot meraviglioso per la pallacanestro italiana, così rabberciata e claudicante rispetto a molti campionati europei. Entrambe meritavano la finale, perché il fattore di simpatia per la folta rappresentativa tricolore della Pallacanestro Reggiana veniva bilanciato da quello per una Sidigas che ha messo in mostra il basket più piacevole da vedere di tutta la stagione, almeno a modesta opinione di chi scrive. Joe Ragland, nostra vecchia passione mai sopita, è stato il trascinatore dei biancoverdi,ancora più dell’MVP della regular season James Nunnally di cui si è impegnato ad armare il braccio: il play ex-Milano ha una diabolica mente cestistica come poche se ne sono viste, una gamma di soluzioni praticamente sterminata, un primo passo bruciante come quello di un altro nostro idolo, Bo McCalebb. Grazie a lui e all’alter ego Marques Green, il gioco di Avellino riusciva a coinvolgere attivamente tutti e cinque i giocatori in campo, ivi compresi i lunghi (quanti splendidi giochi alto-basso!), non più solo meri portatori di blocchi e/o da coinvolgere nel pick&roll. Reggio per superare la Scandone ha dovuto far ricorso a ogni risorsa disponibile, le triple di Della Valle e le penetrazioni di Aradori, i voli di Polonara e l’intelligenza di Kaukenas, i perfetti fondamentali di Lavrinovic in post e il “di tutto un po’ ” di Needham.
Non è stata proprio una sola frase, ma meglio di così non sapremmo descriverla.
(83 – 69; 86 – 78; 75 – 89; 54 – 97; 82 – 72; 74 – 83; 85 – 80)
Pallacanestro Reggiana vince la serie 4 – 3
FINALE
Emporio Armani Milano – Grissinbon Reggio Emilia
Era la prima contro la seconda della classe e le gerarchie alla fine sono rimaste le stesse, con buona pace di chi negli anni ’80 ha importato la formula dei playoff per rimettere in gioco tutto alla fine della stagione regolare. Lo diciamo con una punta di rammarico, non per fare torto a Milano, che si è guadagnata i due tituli stagionali vinti, ma perché il fatto che l’unico fattore campo sovvertito nella fase a eliminazione sia stato quello di Cremona – Venezia all’alba dei quarti di finale è un ulteriore (brutto) sintomo della salute della palla a spicchi nostrana, di posizioni conquistate che si sedimentano e cementificano.
Milano, come detto, ha meritato lo scudetto conquistato. È stata forte mentalmente prima che fisicamente, ha respinto l’entusiasmo di Trento, il talento di Venezia e la quadratura di Reggio Emilia. In finale così come in semifinale ha saputo trovare ogni volta bocche da fuoco diverse, mentre la Grissinbon nel momento chiave si è scoperta fisiologicamente dipendente dai suoi lituani. Si fatica a individuare un elemento che svetti sopra tutti, e come d’altra parte potrebbe essere altrimenti, come il platoon system di scuola slava di cui Repesa è fedele osservante? Sanders, Kalnietis, Simon, Gentile e McLean sono parimenti tutti MVP (il premio è andato al primo per la seconda volta di fila), perché ognuno si è fatto trovare pronto quando serviva.
Reggio Emilia però non è stata spettatrice non pagante dello spettacolo milanese. Ha detto la sua, ha strappato due vittorie importanti, ha messo dei sei sassolini negli ingranaggi dell’Emporio Armani che hanno reso la serie molto più equilibrata di quanto ci si potesse aspettare. A parte Kaukenas e Lavrinovic, cui bisognerebbe edificare una statua fuori dal PalaBigi come quella di Magic allo Staples o Jordan allo United Center, Menetti ha potuto contare su Della Valle, De Nicolao e Polonara in gran spolvero, fattore che di certo farà felice il c.t. Ettore Messina, che tra circa due settimane sarà impegnato nel torneo pre-olimpico a Torino. Peccato per la perdita di Aradori: esperto ma giovane, il nativo di Casalpusterlengo pone un grosso punto interrogativo su quella che avrebbe potuto essere la serie se lui fosse stato in campo in tutti gli episodi. Ma visto che con i “se” e con i “ma” non si va da nessuna parte, il dubbio resta e Milano festeggia un meritato scudetto.
(87 – 80; 94 – 73; 72 – 81; 76 – 81 ; 97 – 73; 70 – 74)
Olimpia Milano vince la serie 4 – 2 ed è campione d’Italia.
Sulla stagione del campionato italiano cala così il sipario. Si riparte a settembre. Siamo già in prima fila.
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