La chiocciola e la pioggia


C’era una volta una giovane chiocciola che conduceva una vita piuttosto ordinaria: amava starsene sotto terra e nascosta tra l’ombra fitta delle piante, adorava l’umido e tutto ciò che era bagnato e portatore d’acqua. Quando iniziava a piovere sentiva come un richiamo, una voce dentro di sé che le diceva di uscire dalla sua tana nella terra e andare incontro all’acqua e lei, come tutti i suoi compagni (ma essendo ermafroditi, occorrerebbe un terzo genere di cui l’italiano è sprovvisto) usciva dai nascondigli e si affacciava sul mondo esterno, invadendo i luoghi degli umani: prati, orti e giardini, ma anche vialetti di case, marciapiedi, strade, aree pedonali. Sapevano bene che si trattava di un gioco al massacro, perché si esponevano ancora di più ai diabolici e spietati piedi degli uomini, alle loro ruote e ruotine e più in generale alla loro inciviltà e insensibilità, perché gli umani si scandalizzavano di fronte alla morte di un gattino o di un cucciolo di foca, ma non si preoccupavano dell’eccidio di migliaia di lumache sulle strade, nei giorni di pioggia.

“Cos’è che fa sorgere in noi questa pazza voglia di farci ammazzare?” si chiedeva la chiocciolina, ma nessuno dei suoi simili lo sapeva. Lo chiese persino a uno dei saggi della loro comunità, esperto in psicologia dei lumacoidi, ma nemmeno lui aveva una risposta precisa. Pensava però che c’entrasse con le loro origini, la loro antica discendenza: un tempo noi abitavamo nel mare, diceva, eravamo come i molluschi con le loro conchiglie e riposavamo negli oceani, quando il mondo era giovane e non ancora attraversato dagli uomini. Poi, per un motivo che non conosco, migliaia e migliaia di anni fa ci siamo adattati a vivere sulla terra, fuori dall’acqua, ma abbiamo comunque mantenuto un legame particolare con essa.

-E perché lo abbiamo fatto? Non si stava meglio in mare?

-Questo non lo so – rispose lo psicologo, – Ma di certo il mare continua ad essere parte di noi. Lo sentiamo dentro, capisci? E’ per questo che ci comportiamo così.

Questa teoria affascinava la giovane chiocciola, anche se c’erano altri che sostenevano che le origini antiche non c’entravano niente, che piuttosto erano l’odore dell’asfalto bagnato e il fruscio delle precipitazioni ad imprimere un’accelerazione alle loro fibre nervose.

Una sera, durante un acquazzone particolarmente forte, tutte le chiocciole si prepararono per lanciarsi fuori, nel mondo esterno, ma la giovane pensò che se voleva poteva ribellarsi a questo impulso.

-Non voglio andare fuori – disse ad alta voce, per farsi sentire da tutti.

-No? – chiese un’altra che si stava già avviando.

No. Cioè sento che dovrei, ma non mi va. E se riesco a resistere ancora un po’ la pioggia e l’umidità passeranno, la situazione tornerà alla normalità. Facciamo che vi aspetto qui, che dite?

-E la prossima volta che pioverà, cosa farai?

-Farò la stessa cosa, sarò anche più preparato.

-Se continuerai così, non sarai più dei nostri.

-Cosa intendi dire? – chiese la giovane chiocciola.

-Intendo che noi siamo quello che siamo, e tra le tante cose, siamo anche quelli che escono sotto la pioggia e non possono farne a meno, ed è una cosa che facciamo insieme, sempre e comunque, anche se sappiamo che tanti di noi potranno essere uccisi dagli uomini e dai loro veicoli. E’ un rito della nostra comunità… e se non la fai con noi, non sei parte di noi. Per cui te ne devi andare.

Allora la chiocciola ci pensò su, e capì che se smettere di uscire con la pioggia significava perdere tutti i suoi compagni e la sua famiglia, era perché la sua specie nell’antichità aveva davvero abitato nei mari, come diceva il saggio, e conservava nel cuore l’eco di questo passato. Quando emerse dalle sue riflessioni, si accorse che tra i cespugli era rimasta solo lei, tutti gli altri erano già sotto l’acqua e per le strade. Allora si sentì sola e decise di avviarsi anche lei fuori, verso la pioggia, con la segreta speranza che le piombasse addosso una goccia gigante, che la catturasse al suo interno e invertendo la sua corsa la portasse via con sé nel cielo, lontano da lì, così in alto da riuscire a vedere il mare.
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