(Re)imparare a correre grazie al progressive rock


Da circa dieci anni ho smesso di praticare atletica leggera, ma la corsa è sempre rimasta in agguato dentro di me, come un puma pronto a balzare fuori da un cespuglio. E infatti, alla fine è successo: mi è tornata la voglia di correre. Ma non avrei mai potuto immaginare che il progressive rock avrebbe avuto un ruolo decisivo, in tutto questo. Ho preso l’abitudine di correre ascoltando brani prog rock, non tanto perché sono pezzi bellissimi, ma essenzialmente e prima di ogni altra cosa perché sono pezzi lunghi.

Il problema fondamentale delle mie prime sgambate, infatti, oltre al fatto che ero un drago nello scegliere le peggiori superfici possibili (l’asfalto, la battigia in pendenza), era che le canzoni che ascoltavo per darmi la carica avevano in realtà l’effetto opposto. Mi smontavano, e questo perché per quanto fossero coinvolgenti e grondanti di rock, ogni tre-quattro minuti finivano e quei cinque secondi di silenzio che si aprivano tra la fine di una e l’inizio dell’altra erano come un buco nero interstellare che risucchiava tutto il mio entusiasmo sportivo. Per quei brevi, ma lunghissimi istanti io restavo disorientato dall’assenza improvvisa di musica e il mio corpo se ne accorgeva, ed eccolo pronto a sussurrarmi dai smettiamola, finiamola qui, hai già fatto abbastanza per oggi, e altre cose di questo genere. Mi bastava poco per perdere il tiro, direte voi. Lo so, ma sono fatto così, ho bisogno della musica come un vecchio del suo bastone, e non me ne vergogno.

Insomma, fu così che per mettere una pezza a questo problema mi sono ritrovato ad ascoltare brani prog durante la corsa, e come tutte le grandi scoperte dell’uomo, anche la mia è stata banale e rivoluzionaria al tempo stesso. Brani lunghi, spesso oltre i venti minuti, senza interruzioni di silenzio. Continuità, a cui è stato facilissimo adeguare la mia corsa: flusso continuo, ritmo costante, come mi diceva il mio allenatore di atletica dieci anni prima. Da quel momento in poi non corro più quindici, venti o trenta minuti ma misuro la mia corsa e il suo valore in base ai brani che riesco ad ascoltare per intero: ho iniziato correndo Consapevolezza degli Area, La valle dei templi dei Perigeo o alcuni pezzi dal primo disco dei King Crimson, poi sono passato a L’evoluzione del Banco e di lì crescendo fino a Close to the edge degli Yes, diciotto minuti e quarantuno di puro sudore sull’orlo del baratro della fatica, e poi finalmente i Pink Floyd, Echoes e soprattutto Shine on you crazy diamond, tutte le parti dalla prima alla nona, tutta intera, tutta con lo stesso fiato, tutta da solo.

Perché molti brani progressive rock – forse tutti, ma non sono un critico musicale per affermarlo – iniziano subito con un gran ritmo e un’identità molto marcata, poi intorno alla metà del brano il suono sfuma e si scivola lenti quasi senza accorgersene in un limbo di suoni distorti, strani riverberi, tappeti melodici minimali, versi di animali, parole sussurrate debolmente e scintille sonore isolate, come sprazzi improvvisi di luce in un mondo buio. E a quel punto, ecco che la corsa affronta la sfida di tenere il ritmo nonostante l’abbassamento della cadenza musicale, nonostante quel deserto di suoni che rallentano d’un tratto il tuo equilibrio mentale basato sull’andatura ferma e costante. Tenere duro… quanto è facile cedere e mollare in questi momenti! Ma se si resiste arriva la ricompensa, l’esplosione finale. I suoni di sottofondo che crescono impercettibilmente fino a tornare a ricomporsi magicamente nel riff iniziale e portano il brano a compimento, e tu con lui. Il finale del brano che ti prende, ti solleva e ti dice che ne è valsa la pena resistere e non cedere, che poi la ricompensa arriva.

E infine, la domanda fondamentale: il progressive rock ha salvato la mia corsa? In definitiva, penso proprio di sì.

Licenza Creative Commons
(Re)imparare a correre grazie al progressive rock di Fabio Pirola è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi