We are the champions – La panoramica dei maggiori campionati di basket


La stagione agonistica 2014/2015 è ufficialmente conclusa, ed è dunque tempo come sempre di tracciare un bilancio di ciò che è successo nel magnifico mondo della pallacanestro. Questa annata ha detto che nei vari tornei professionistici ci sono state gradite sorprese (USA, Italia, Turchia) e solite/solide conferme (Spagna, Lega Baltica, Grecia). È tempo ora di prenderci un po’ di riposo, prima di goderci un’estate che sarà preludio  al primo Eurobasket itinerante della storia, che doveva svolgersi in Ucraina prima che i famigerati (e)venti di guerra consigliassero i vertici FIBA (e quelli ex – sovietici stessi) che non era cosa. Il campionato europeo sarà illuminato dalla presenza di stelle proveniente dalla Lega del Where amazing happens, stelle come Dirk Nowitzki, Tony Parker, Pau Gasol e lo stesso Marco Belinelli che agli Spurs ha trovato una consacrazione.

Ma ci stiamo perdendo, perché il focus di questo articolo è sempre e comunque un resoconto su chi ha alzato il trofeo di campione nazionale (o intra – nazionale). Ecco dunque una sintesi il più dettagliata possibili sui vincitori.

 

NBA:  La lega professionistica per eccellenza ha visto una assoluta, ma gradita, rivelazione: a  trionfare sono stati i Golden State Warriors, battendo in finale la Cleveland di un LeBron James indomito ma troppo solo (fuori per infortunio Irving e Love) per impensierire la franchigia californiana. La vittoria dell’anello è meritata per la stagione vissuta da protagonista, sigillata dal premio a Stephen Curry come MVP della regular season. Quello di miglior giocatore delle Finals invece è andato al veterano Andre Iguodala. Se lo merita, per la sua carriera prima ai Sixers e poi ai Nuggets, dove ha sempre fatto il collante, oltre che a essere uno scorer. Ha chiuso con 10.4 punti per gara, ma un cuore e una voglia enormi. La classe operaia va in paradiso.

Eurolega: E alla terza occasione, finalmente, ce l’hanno fatta. Il Real Madrid, a vent’anni dall’ultimo successo targato Obradovic, è riuscito a sollevare il massimo trofeo continentale (e, specifichiamolo, il secondo mondiale per importanza). Nel 2013 e nel 2014 l’Olympiakos di Spanoulis e il Maccabi di David Blatt. Questa volta, non c’è stata trippa per gatti: 78 – 59 il punteggi della finale, equilibrata per metà tempo prima che Carroll e Nocioni decidessero che loro quella la volevano più di ogni altra cosa. Resta la sensazione che con il CSKA, ma gli uomini di Itoudis hanno incocciato in semifinale nella grinta di Printezis e Spanoulis, che evidentemente in Eurolega si sentono come nel salotto di casa. Pazienza, sarà per l’anno prossimo, però intanto l’ex allievo di Obradovic ha fatto esperienza. E ha battuto il maestro nella finale di consolazione.

Spagna: “Real Madrid 2”, la vendetta. O “3” il  ritorno, volessimo tenere conto della Coppa del Re vinta quest’inverno contro il solito avversario catalano. I blancos hanno fatto il Grande Slam, o il triplete che dir si voglia. La finale vinta a Barcellona è stata un 3 -0 senza storia, anche se i blaugrana hanno provato con tutte le loro forze a opporsi agli acerrimi rivali, grazie alla bravura dell’ex di turno Tomic. Ma non c’è stato nulla da fare, Llull ha fatto pentole e coperchi, Reyes a 35 anni suonati ha dimostrato di essere ancora un signor giocatore, e più in generale la profondità del roster madrileno ha fatto la differenza. Nella gara – 3 decisiva, tutti gli atleti della Casa Real sono andati a referto. Che sia iniziata una dinastia?

Lega Baltica: un record di 9 -0. Secco. Il CSKA chiude la prima annata dell’era Itoudis conquistando il dodicesimo titolo consecutivo della sua storia. Le squadre russe come sempre l’hanno fatta da padrone, portando ai playoff sette squadre sugli posti a disposizione e lasciando alla kazaka Astana l’ultimo spot. Da lì, è stato un assolo dell’Armata Rossa: DeColo è stato il fucile armato dallo splendido Teodosic, Weems ha ormai trovato la sua dimensione in Europa come arma tattica e la coppia di lunghi Vorontsevich – Kaun ha fatto la differenza sotto le plance. Il Khimki di Rice e Koponen è stato l’ultimo avversario, travolto senza pietà dal rullo compressore sovietico.

Grecia: La finale è stata Olympiakos – Panathinaikos, l’acqua è bagnata e il fuoco brucia, per dire di altre ovvietà. Battute (ma mica tanto) a parte, sono anni ormai che le due tiranniche dominatrici della lega greca. Quest’anno hanno tenuto un record simile, 25 – 1 dei rossi contro 23 – 3 degli uomini di OAKA. Il 3 – 0 con cui i primi hanno trionfato è perlomeno bugiardo, perché due delle tre gare sono state tirate. Su tutti ha contato come sempre Spanoulis, il dio greco del basket moderno, ma fondamentale è stato anche il contributo di Lojeski, Dunston e di Mister canestroallultimosecondo Printezis. Gli avversari come il loro coach Ivanovic sembrano avere smarrito la buona stella degli anni d’oro, ma hanno giocato una finale gagliarda trovando in Batista e Slaughter validi elementi. D’altra parte, “Temo i Greci…”

Italia: Alla fine, l’atto conclusivo ha detto Sassari. Chi scrive deve ammettere che aveva l’animo diviso, ma che pendeva più dalla parte reggiana se non altro per la necessità, l’anno prossimo, di far giocare più italiani possibile in Eurolega, e così facendo dare a questi azzurrabili la possibilità di fare esperienza in campo internazionale. Vale un ragionamento tanto realistico quanto amaro: tutti gli sport di squadre che non siano il pallone (ivi compresi anche pallanuoto, pallavolo, curling ecc.), in Italia, per riuscire  ad attrarre più seguito possibile hanno bisogno che la propria rappresentativa nazionale raggiunga risultati positivi. E, almeno per quanto riguarda la palla a spicchi, disputare l’Eurolega è il miglior modo per ottenerli. Detto questo, onore a Sassari per lo scudetto, giunto dopo sei anni (compreso quello della promozione dalla ex Legadue) di progetto tecnico continuo e coerente, con risultati alterni ma giocando sempre una pallacanestro entusiasmante. Per Reggio Emilia, peccato: speriamo che ci sia la possibilità di trovare una via per la massima competizione continentale.

Turchia: Di tutte le sorprese, forse quella del campionato turco è stata la più… sorprendente. Il Fenerbahçe, grande favorita dopo la prima Final Four conquistata da una squadra turca nella propria storia, è stata eliminata dal Pinar Karsiyaka nelle semifinali. Nella serie per il titolo, è toccato poi all’Anadolu Efes di Janning. Krstic e Perperoglu il destino di vittima sacrificale contro la squadra allenata da Ufuk Sarica, tra l’altro ex di turno. I punteggi delle prime quattro gare sono sempre stati stretti, il quinto episodio ha vinto il Pinar chiudere con 14 punti di vantaggio, quando la compagine rosso – verde era avanti 3 – 1. Segno che il punteggio conclusivo della serie (ovviamente, 4 – 1) è quantomeno eccessivo, perché comunque l’Efes è sempre stato lì (ed essendo allenato da coach Ivkovic, non ci aspettavamo nulla di diverso). Alla fine dei giochi, però, conta chi fa più punti e chi resta più concentrato, e il Pinar c’è sempre riuscito, anche grazie alla propria solidità. I trascinatori sono stati alternativamente Palacios, Bixon, Strawberry e Diebler, e questo non ha permesso all’Efes focalizzare le proprie attenzioni solo su uno o due di loro. La chiave del successo, nella pallacanestro moderna, in fondo è racchiusa qui.

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