Reggio Emilia e Sassari – L’atto di forza della finale


E così, si è arrivati alla fine anche di questa stagione. Quello vedrà opposte la Sassari run&gun di Meo Sacchetti contro la Reggio dura&pura di Max Menetti è l’atto conclusivo, per entrambe. E, per entrambe, è stato un vero e proprio atto di forza, considerando che hanno superato le squadre che avevano dalla loro il fattore campo, quelle Milano e Venezia di cui abbiamo più volte narrato durante il campionato.

Quest’ultima ha stupito molti addetti ai lavori, dimentichi forse del fatto che mezza Mens Sana si era trasferita in Laguna portando con sé mentalità e spirito vincente, massimizzato dalla presenza di uno come Recalcati che nella sua carriera ha dimostrato sempre grande competenza e carisma, acquisiti sul campo quando era una delle bandiere di Cantù (piccola postilla: è uno dei pochi allenatori ex atleti professionisti che si è seduto su una panchina di A). Questo è un dato di fatto, ma non ha l’intenzione di sminuire i meriti di una Reyer comunque competitiva: nonostante i vantaggi di portarsi a casa campioni sul parquet che in panchina, infatti, bisogna sempre ricordarsi che mettere insieme tanti giocatori bravi non è sempre sinonimo di vittoria assicurata. È necessario trovare l’amalgama giusta, vedere come si combinano e tenerli concentrati sia quando le cose vanno bene sia quando male, infondendo un unico spirito di gruppo e un unico obiettivo.

Ecco, proprio quello che non è riuscita a fare Milano, come l’Inter dei tempi d’oro di Moratti jr. (cioè con qualche eccezione quella pre – Calciopoli) anche quest’anno ha speso 100 e raccolto 0. Il budget dell’Emporio Armani era di molto superiore a quelle che le sono arrivate davanti o dietro, ma al liquido speso è corrisposto solo uno scioglimento nel momento decisivo, la gara – 7 in casa contro Sassari. Ma a parte i pessimi giochi di parole, quella serie forse era stata già persa prima. Sul 3 – 1 per la Dinamo, ad esempio, che aveva costretto l’Olimpia a una rimonta furiosa ma logorante. Sulla sbroccata di Hackett, che ha dimostrato una volta di più che è un grandissimo giocatore quando ha i nervi saldi ma che fa danni quando perde il lume della ragione, facendoci chiedere se in un torneo corto come sarà l’Eurobasket 2015 di settembre una variabile imprevedibile come lui sia davvero funzionale alla Nazionale di Pianigiani. È stata persa, forse più di tutte, negli alti e bassi di Ragland e Brooks che sono giovani, uniti a quelli del vecchietto (pardon, esperto…) Moss. Gentile e Samuels sono stati gli unici a salvarsi, e che il primo abbia spadellato da fuori nei momenti decisivi dell’ultimo match di semifinale dimostra non che il capitano non abbia killer instinct ma che a un certo punto deve aver cominciato a vedere draghi viola, come è normale che succeda se a tirare il carretto sono due e non cinque (almeno). Ora c’è aria di nuova rivoluzione, in casa Olimpia. Proprio come succedeva a quella famosa Inter.

Il derby d’Italia

Detto delle semifinali e delle ultime a lasciare la festa ora è il momento di concentrarci sul futuro. Reggio, proprio ieri sera, ha vinto gara – 1 in modo inequivocabile, con +19 che è rimasto tale per quasi tutto il tempo dal secondo quarto in poi. Squadre che il calcio definirebbe superficialmente “provinciali” senza contare che entrambe hanno avuto un’importanza vitale nella storia italiana. Reggio, ovviamente, è dove è nato il tricolore, il 7 gennaio del 1797, inizialmente bandiera della Repubblica Cispadana. Sassari invece ha dato i natali a figure politiche di rilievo come Cossiga e Berlinguer, e lì frequentò il liceo classico Palmiro Togliatti.

Note di costume a parte, questa finale si presenta anche come lo scontro tra due filosofie diametralmente opposte. Da una parte la Dinamo con il suo attacco divertente,  le sue bombe che diventano il mezzo e non il fine, David Logan, Edgar Sosa e il duo Sacchetti – Devecchi. Dall’altra Reggio, che ha fatto della difesa la sua arma e ha puntato sui veterani lituani Kaukenas e Lavrinovic circondandoli con giovani italiani come Della Valle, Polonara, Cervi e Mussini (che è rotto, auguri!) guidati da un Cinciarini sempre ottimo. Il pronostico? Difficile, ma ci proviamo. La testa dice Reggio, perché ha fattore casa a favore (che Sassari ha però sempre sovvertito, in questa post season) e i due baltici che sanno come si vince. Il cuore… dice entrambe, perché al bellissimo gioco dei sardi fa da  contrappeso il fattore italiani degli emiliani. Non per questioni nazionalistiche, che sono un po’ cialtrone e lasciano il tempo che trovano, ma per un semplice ragionamento: vincere significherebbe per la Grissinbon disputare l’Eurolega l’anno prossimo, con la possibilità per i giovani italiani di fare esperienza a oltre i confini nostrani, e a guadagnarne in prospettiva sarebbero tanto loro quanto la Nazionale, che in fondo è la squadra che conta davvero. Perché, e qui il ragionamento si allarga, in Italia per  saccheggiare un po’ di spazio al plenipotenziario pallone, per dire alla sfera di cuoio “Fatti più in là, che non ci sei solo tu” servono, come per tutti gli sport più piccoli del calcio, le vittorie della Nazionale, e queste vengono solo se i nostri atleti disputano partite ad alto livello contro squadre di altri paesi. Matematico, no?

(PS: ancora una volta, si tratta di un dato di fatto, non di un querulo piagnisteo. Siamo perfettamente consci che la pallacanestro nell’immaginario degli italiani sia considerata, pur distantissima da Juve, Barcellona e compagnia cantante, come il molto soddisfacente share di Rai Sport per le semifinali lo dimostra. La speranza è salire ancora un po’ di più…).

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