Serie A di basket – Le magnifiche otto


E allora: la regular season è finita, gli americani (che hanno terminato gli impegni sportivi) se ne vanno. Si spengono le luci di quegli ultimi parquet.

Perdonerete la doppia voluta citazione (rispettivamente, Califano e Modugno) ma ci sembrava il modo più interessante per aprire l’articolo che racconta di questo campionato. Un campionato che su “Tiri liberi” non siamo riusciti a seguire nel migliore dei modi, ma di cui abbiamo cercato, nei limiti del possibile, di sottolineare pregi e difetti. È tempo, dunque, di fare i nomi di promosse e bocciate.

Up and down

Chiude il primo capitolo di questa annata con una valutazione positiva sono le due variabili che non ti aspetti. Entrambe effigiate di bianco – nero, il viaggio Virtus Bologna e Aquila Basket Trento in post season lo pronosticavano decisamente in pochi. Il blasone della prima indubbio, così come la tradizione cestistica della città, ma chiaramente scudetti e coppe non vanno in campo e battono gli avversari, per giunta con una penalizzazione per questioni amministrative. Allan Ray e compagni però sì, lo hanno fatto, e dopo due stagioni travagliate, piene di critiche e di errori, di stravolgimenti che hanno fatto prodotti delle situazioni precedenti, ebbene ecco che l’ambiente felsineo ha rivisto la luce. L’ultima volta della V nera ai playoff chi scrive se la ricorda bene, dato che allora ne era sostenitore, prima che la collaborazione con una società dell’hinterland bolognese lo portasse per forza di cose a supportare quest’ultima in primis (tu chiamalo, se vuoi, aziendalismo): comunque sia, quell’ultima volta, stagione 2011/12, i sogni virtussini erano stati spezzati da una tripla allo scadere di Manuel Vanuzzo, che aveva sancito il 3 – 0 subìto dalla compagine del capoluogo emiliano ad opera della Dinamo Sassari. Questa volta il cliente è ancora più ostico, ovvero quella Olimpia Milano con cui c’è una rivalità storica (sono le due squadre che hanno vinto più scudetti) e che viene da 33 gare consecutive in cui il proprio campo non è stato violato. Sarà dunque dura, ma forse il miglior risultato in fondo è già stato raggiunto arrivando fin qui dopo un inizio di campionato di alti e bassi.

Chi davvero ha stupito tutti è stata Trento: neopromossa, terra di pallavolo più che di basket, quelli della Dolomiti Energia non sono più gli “altri” bianconeri: hanno raggiunto una solidità impressionante, sono secondi per punti segnati (85.0) e secondi per rimbalzi catturati a partita (38.5) e nessuno sta in campo più dei 30.9 di Tony Mitchell (eletto non a caso MVP della stagione, con 20.7 di score medio e 5.4 carambole), segno evidente che la squadra è equilibrata, dispone di una panchina lunga e di valore, in cui non è di secondaria importanza che ruotino stabilmente tre italiani (Pascolo, Baldi Rossi e Spanghero). Insomma, una bella favola, che per ora ha compiuti tutti i passi secondo la lunghezza della gamba. Un aquila che speriamo nidifichi a lungo, nella massima serie.

Da sottolineare sono state anche le prestazioni di Cremona, Capo d’Orlando e… Pesaro e Caserta. Sì, perché nonostante fossero indicate sin dall’inizio come le due candidate per la discesa, nessuna delle due ha mai mollato. Sono rimaste lì, hanno lottato e alla fine l’hanno spuntata i marchigiani di poco. Che siano due realtà con grossi problemi nel settore amministrativo è cosa stranota, e gli anni ’80 –’90 con scudetti, finali e coppe europee sembrano lontane un’era geologica. Però entrambe sono vive, passate attraverso cambi di allenatori che potevano far discutere e invece hanno riportato sulla giusta rotta entrambe le squadre, anche se poi ha gioito solo Paolini. Onore però anche a Esposito, uno che ci ha messo la faccia, il cuore e l’orgoglio: sembrava un azzardo affidargli Caserta dopo aver esonerato un tecnico esperto come Markovski, e lui ha avuto modo di smentire tutti. Le otto vittorie della Juve portano la sua firma in calce.

Passando invece alle delusioni, nessuna è più grande di Avellino. Budget altissimo, giocatori rodati e importanti (Banks, Gaines, Anosike) che però non hanno prodotto secondo il loro costo. Vitucci ha preso l’uscio e se n’è andato quando ha capito l’aria che tirava, Frates ha concluso in modo dignitoso una stagione nata evidentemente sotto una cattiva stella, e che ha rovinato il Green 4.0 in modo sciagurato. Pazienza, in Irpinia c’è da sperare che la prossima giri dalla parte buona, anche se non si è mai sicuri che il potere d’acquisto resti invariato.

Alla voce “down” si potrebbero mettere anche Roma e Varese. Come si scriveva poco sopra, non è mai successo che il blasone si allacci le scarpe e vada a difendere sulla guardia avversaria o sotto canestro, però andiamo, potevano obiettivamente far meglio. Invece Varese è incappata in troppi alti e bassi, troppe strisce negative che ne hanno compromesso il rendimento. Roma invece è stata lì sino alla fine, ma da un team che schiera un talento come Stipcevic, tre navigati come De Zeeuw, Ebi e Curry e un furetto come D’Ercole, l’obiettivo minimo dei playoff dovrebbe essere cosa fatta. Ora tra l’altro in società si addensano nuvole dense dal lato economico, e non è un buon segno. Perdere una piazza come Roma sarebbe letteralmente sanguinoso.

Il lotto delle otto: i playoff

Oddio, lotto. Si trattasse dell’NBA, o anche solo della Serie A pre – dominio di Siena magari un po’ di suspance ce l’avremmo pure. Il problema è che ora come ora il nostro campionato è di livello scarso, e magari quella Fortitudo Bologna che perdeva le finali più impensabili alla fine del secolo scorso qui è certo che dominerebbe a mani basse. Comunque, proviamo.

Milano – Bologna: la superpotenza contro la sorpresa, Brooks, Ragland, Gentile e Samuels contro Hazell, Fontecchio e capitan Allan Ray, la squadra che segna subisce meno e segna di più contro la quart’ultima difesa e il settimo attacco. Insomma, Bologna sembra già spacciata e in effetti forse è così, ma questa è una partita molto sentita, il vero derby d’Italia sul fronte della palla a spicchi. E allora, Allan Ray ha già firmato per i prossimi due anni ed è un fedelissimo di coach Valli, il quale essendo a sua volta un discepolo di Ettore Messina predicherà concentrazione  fino all’ultimo minuto dell’ultima partita, anche se il peso sarà tutto sulle spalle dell’Emporio Armani. La cui tendenza a distrarsi quando non deve è proverbiale, e allora, stai a vedere che la serie “solo” finisce 3 – 1 per l’Olimpia.

Sassari –Trento: la sfida è tra due squadre che segnano molto e che viceversa il meglio di sé non lo danno certo nella loro metà campo. A distanza il duello è tra Tony Mitchell e David Logan, che tra Panathinaikos e Maccabi situazioni da dentro o fuori ne ha già vissute. In più, Trento potrebbe pagare lo scotto di essere novizia, proprio nelle sfide in cui o vinci o vai a casa, mentre il Banco di Sardegna di gente così è piena, da Sosa a Sacchetti, da Brooks a Formenti fino a Dyson. Non ce ne vogliano in Trentino, ma l’impressione è che il 3 – 0 sia nell’aria molto più della sfida precedente.

Reggio Emilia – Brindisi: qui si affrontano due squadre speculari, che segnano e subiscono circa lo stesso numero di punti (77 e 74 rispettivamente). Reggio Emilia ha tre dei primi quattro cannonieri che italiani (più Diener che è nel Belpaese dal 2006 e in Sardegna dal 2011) ed elementi esperti che giocano insieme fin dal minibasket come i gemelli Lavrinovic e Kaukenas. Anche la truppa italica dei pugliesi è ben nutrita, con Bulleri, Cournooh e Zerini, di Pullen e Turner si sa il valore sin dai tempi del college, Denmon ha fatto prodezze e quindi la contesa sembra sostanzialmente alla pari. Il pronostico? 3 – 2 per… una delle due, la testa dice Reggio, l’istinto dice Brindisi.

Venezia – Cantù: e allora, siamo arrivati al gran finale. Di Venezia tutto è stato già detto, di Peric, Goss, Viggiano, Ortner, Ress, Nelson, Recalcati abbiamo già ampiamente scritto. Di Cantù no. L’avevamo già data fuori dai playoff, ma non avevamo contato il fuoco d’artificio improvviso, il coniglio dal cilindro: Ron Artest – Metta World Peace – Pandas Friend. Chiamatelo come volete ma quello lì, l’ex fenomeno (e rissaiolo NBA), il testone che tirava quando Phil Jackson e Kobe Bryant gli dicevano che non era cosa, ha stupito tutti, si è caricato con professionalità la squadra sulle spalle e l’ha al settimo posto della griglia playoff. Non solo lui, certo, perché anche Shermadini e Williams sono stati importanti, e così Gentile e Johnson – Odom. E ora tocca la Reyer del prodotto di casa Recalcati, che in tempi recenti si è anche seduto sulla panchina di Varese. Il pronostico è 3 – 1 Venezia, Artest che chiede perché non arriva al meglio delle 4 e Sacripanti che sbrocca per una sua giocata fuori dagli schemi. Non esattamente in quest’ordine.

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