Milano la grande, Venezia la ricca – Il punto sulla Serie A di pallacanestro


“Milano la grande, Venezia la ricca, Bologna la grassa”. Così almeno recita un proverbio dell’antica saggezza popolare italiana. Ora, se volessimo applicarlo alla palla a spicchi di casa nostra potrebbe sembrare quasi centrato.
Certo, la V nera felsinea viene un trend molto positivo, soprattutto considerando che si tratta di una delle squadre con il budget più basso della Serie A: addirittura è in piena zona playoff, e sei punti davanti ha la rampante Trento e la dura Brindisi, oltre che le tre grandi favorite del campionato (Milano, Sassari, Reggio Emilia). Al di là della partita sbagliata nell’ultimo turno c’è di che stare allegri, tutto sommato.
Milano e Venezia invece viaggiano a vele spiegate. La prima ovviamente fa storia ha sé, visto lo stanziamento di risorse che il patron Armani ha messo a disposizione da undici anni a questa parte. Raccogliendo peraltro meno di quanto meritato, ma insomma anche alcune scelte tra atleti e staff tecnico non sono state proprio illuminate. Ora però i risultati arrivano, il roster in Italia è pressochè illegale, anche se per le prime posizioni di Eurolega serve ben altro. Comunque Banchi per ora può essere sereno: ha inserito bene un talento ribelle come Brooks, ha inquadrato Ragland e portato Samuels a un rendimento ottimale. In più quando ha bisogno Moss, Kleiza, Gentile e neo rientrato Hackett gli cavano le castagne dal fuoco. Non è cosa da poco.
La Reyer invece è una bella sorpresa: l’organico era certo di qualità, ma l’anno scorso era stato tormentato da un punto di vista delle prestazioni. L’undicesimo posto (su sedici) era stato mal digerito, specie dopo che i risultati delle stagioni precedenti avevano portano due viaggi consecutivi nella post season. Così quest’ estate si è deciso di cambiare.

Laguna granata
Il cambio di rotta si è avuto quando il direttore sportivo Casarin ha firmato come coach Carlo Recalcati. Uno che sapeva dove mettere le mani, un mito della pallacanestro nostrana tanto da giocatore quanto da tecnico: non si possono dimenticare i tre scudetti in tre squadre diverse (Varese ’99, Fortitudo Bologna 2000 e Siena 2004), così come l’argento olimpico conquistato in Grecia, quando gli azzurri superarono Porto Rico e soprattutto la Lituania, per poi piegarsi solo all’Argentina dei fenomeni Ginobili, Sanchez, Nocioni e Scola. Proprio dopo l’ultima avventura azzurra, però, la sua immagine si era un po’ offuscata. Colpa di un sistema e di un regolamento che non lo riforniva di certo di risorse, certo (anche se noi continuiamo a chiederci come i giovani italiani possano preferire il calcio al basket), ma anche un po’ sua per alcune scelte francamente rivedibili. Recalcati però ha il pregio – difetto di essere una persona estremamente coerente, fino a livelli di autolesionismo a volte non necessari.
Dopo la fine del suo rapporto con la FIP, ha dovuto aspettare un anno, che gli sarà parso lungo eterno, perché una squadra lo richiamasse. E chi lo ha voluto è stata uno dei primi affetti, Varese, che evocava i ricordi del primo scudetto vinto da capo allenatore, malgrado le risorse non fossero più quelle di fine secolo scorso e lui sia un prodotto dell’eterna rivale Cantù. A Masnago è rimasto due anni, per poi andare a Montegranaro per lo stesso periodo e venire infine chiamato di nuovo per una panchina importante. L’ultima volta era stata la Siena del 2005/2006, quella poi lasciata al delfino Pianigiani (suo successore anche in azzurro), quella che prima ha fatto incetta di scudetti e poi è scoppiata come una bolla (finanziaria).
Proprio dalla Mens Sana sono arrivati tre degli elementi che costituiscono l’asse portante della compagine mestrina, ovvero Viggiano, Ress, Ortner e Nelson. A questi si è aggiunto il trottolino Goss, ormai da anni affezionato protagonista sui nostri campi, che proprio a Varese sotto Recalcati aveva vissuto veri momenti di gloria. Come ulteriori fattori, il nazionale lituano Dulkys, che ha già disputato l’Eurolega, e il lungo dalle mani buone Peric. Insomma, corsari talentuosi, scafati e capaci di rendere secondo le attese. Il risultato finora è un secondo posto in classifica e la concreta possibilità, l’anno prossimo, di disputare la massima competizione continentale. Bisognerà arrivare almeno in finale, ma potrebbe non essere un problema se si può contare su atleti così e su un coach già avvezzo ad alti livelli.

Il lotto delle otto
Per il resto, Sassari e Reggio Emilia si contendono la piazza d’onore, e sperano di fare un brutto tiro alla Reyer. I sardi hanno nel settore delle guardie il punto di forza, con Sosa, Dyson e Logan che di media vanno in doppia cifra. Anche Jeff Brooks sembra aver trovato un sistema che gli calza come un guanto dopo tanto peregrinare, e pazienza se deve accontentarsi di fare il secondo violino. DeVecchi, Sacchetti e Todic vigilano, e risolvono quando le partite si complicano. Reggio Emilia dal canto suo ha un asse italiano giovane (Polonara – Mussini – Della Valle) che viaggia, anche molte volte la luce si spegne. Gli esperti Cinciarini, Kaukenas, Diener e i gemelli Lavrinovic tengono la barra a dritta. Il ct Pianigiani sarà contento: Reggio Emilia, dove è nata la bandiera tricolore, è quella che dà il maggior contributo in fatto di azzurrabili. In vista di Eurobasket 2015, l’abitudine a giocare insieme può essere cruciale.
Detto delle prime quattro della classe, che si giocheranno molto probabilmente il titolo, le altre contano di partecipare ai playoff (e magari sgambettare una delle già citate) sono Brindisi e Trento, due realtà che dimostrano come si possa lavorare bene partendo con un progetto a lungo termine e proseguendo anche quando si sale di livello (i pugliesi dalla Legadue, i trentini addirittura dalla ex DNA). Per gli ultimi due posti della griglia se la giocano Bologna, Pistoia, Cremona, Roma e Avellino. Cantù è lì, ma onestamente non ci sentiamo di mettere la mano suo fuoco per i brianzoli, dopo la sequela di prestazioni altalenanti. Lieti, dovesse andare diversamente, di sbagliarci.

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