Ultimi saluti


Ed eccomi di nuovo qui, come ogni seconda domenica del mese. Solitamente vi racconto un storia, più o meno immaginaria, più o meno divertente, avventurosa o ironica… ma stavolta ho pensato di cambiare un po’. Voglio parlare di Pino Daniele, ma preciso subito, non mi interessa celebrarlo come hanno fatto tutti i media, né ricordare la sua profonda vena artistica, no. Voglio occuparmi di quello che pare sia successo alla sua camera ardente, ipotizzando per un momento (tanto siamo tra di noi, no?) che la notizia sia vera.
Appena ho saputo che un tizio non meglio identificato si era scattato un selfie con il feretro del cantautore come sfondo, ho provato a pensare a questa persona, anche se non la conosco e non so nemmeno se sia uomo o donna, giovane o anziana, e ho provato a immaginare come si fosse svolta la sua giornata. E secondo me è andata così:

Il nostro eroe si sveglia presto alla mattina, non ha dormito molto perché il pensiero della fine di Pino Daniele lo ha sconvolto. Accende il computer e si spara una bella dose dei suoi successi, tanto per far tornare quella lacrimuccia che sembrava essersi ritirata la notte prima, poi si avvia verso la camera ardente.

Arrivato lì c’è già un buon numero di persone in attesa, ma decide ugualmente di farsi largo, una spallata qua e una là, e arriva molto vicino ai cancelli dell’ospedale. C’è solo un gruppo di irriducibili davanti, che tristezza o non tristezza tengono la prima fila e non la mollano. Qualcuno ha una chitarra e pizzica le corde intonando le prima note di Quanno chiove, ma altri gli dicono di smetterla, che non è il caso perché quello è un momento di silenzio e raccoglimento.

Finalmente aprono i cancelli, nel frattempo la folla si è ingrossata e arrivano alcuni agenti a regolare il flusso di persone, un gruppetto alla volta. Arrivato il suo turno, il nostro uomo (ma ripeto, può essere anche una donna) si trova davanti la teca di vetro con dentro il corpo e mentre gli altri si chinano a guardarlo da vicino, piangono e lo salutano, il nostro pensa che se non produce una prova di quel momento, nessuno gli crederà. Non crederanno che sia andato a trovare Pino, ne è sicuro e da qui l’idea. Il cellulare in tasca, il flash in modalità silenziosa. E’ questione di pochi secondi, il suo volto viene un po’ sfocato ma il feretro sullo sfondo si vede benissimo, ecco la prova regina. Sorride, è soddisfatto, forse qualcuno lo ha notato, ma che importa?

Quando viene a sapere che qualche minuto dopo la sua uscita hanno chiuso l’accesso alla camera e sente che si parla di lui, il nostro sorride e pensa: poveretti tutti quelli che si sono limitati a salutare Pino con una lacrima o uno sguardo, perché non potranno mai dimostrarlo, lui invece sì, poi accende il computer e fa partire di nuovo le canzoni, ma gli sembra che suonino diverse da prima. E’ qualcosa nelle note o nella melodia complessiva, non se lo sa spiegare, ma se prima quelle canzoni lo accoglievano a braccia aperte, ora sembrano quasi diffidenti. Ora hanno lo stesso suono triste delle occasioni mancate, e dei saluti negati a un caro amico.

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