SI Fest #23: preview con Max Pam e Seba Kurtis


«Se dovesse capitare un terremoto di giorno, non cercatemi in casa».
si_festIsa Perazzini è la prima persona che incontro quando arrivo alla Vecchia Pescheria di Savignano per vedere in anteprima della mostra The Sea of Love” di Max Pam. L’evento è la preview del 23esimo SI Fest, festival di fotografia di Savignano sul Rubicone.
Isa Perazzini vive sola col suo cagnolino, e con una battuta, incalzata da me con una questione sull’importanza delle abitudini nella sua vita quotidiana, mi fa capire il suo stile di vita e la sua forza.
Isa Perazzini è la madre di Marco Pesaresi, cui il SI Fest dedica un premio di fotografia contemporanea da dodici anni e, in questa edizione che cade nell’anno in cui avrebbe compiuto 50 anni, una serata del tutto speciale.

Saliamo insieme al primo piano della Vecchia Pescheria, ma le prime immagini appese alle pareti mi catturano e distolgo l’attenzione da tutto il resto. Solo Max Pam in persona, giunto in loco in leggero ritardo e con la solita aria di chi si trova in un posto per caso, concentra la mia attenzione. Presenta in maniera estremamente sintetica la raccolta di foto che ci circonda, e non si risparmia nel ringraziamento agli sponsor e all’organizzazione, le due forze che rendono possibile sia il lavoro del fotografo, che la concretizzazione del festival.

Il lavoro si intitola “The Sea of Love”, e si inserisce nel più ampio progetto Adriatic Coast to Coast, che ha portato Max Pam a tenere un workshop a Savignano, e a incontrare e fotografare la riviera romagnola.
Perché proprio “The Sea of Love”?

«”The Sea of Love” è il titolo di una canzone degli anni ’50. Mi è sempre piaciuta, sin da bambino, quando già frequentavo assiduamente il mare. Benché la ascoltassi da quando avevo nove anni, solo ora ne colgo il senso in maniera più completa.
Infatti, con questo lavoro ho dato sfogo alla canzone: l’ho capita meglio e le ho dato una qualità cinematografica».
«Il progetto Adriatic Coast to Coast mi ha permesso di conoscere il vostro mare, molto diverso rispetto a quello cui ero abituato. Sulle vostre spiagge d’estate le persone si incontrano, costruiscono relazioni, si genera attrazione sessuale, ma a una condizione: si deve pagare per starci. Quel «Mare d’amore” ha un prezzo».
«Penso che il mare d’amore coinvolga ciascuno: a tutti piace essere amati, e io personalmente, dell’amore, non ne ho mai abbastanza».

Tra gli scatti di Max Pam, si riconoscono distintamente alcuni luoghi identificativi delle nostre città (la ruota panoramica di Rimini, l’ex dancing Woodpecker sono due esempi), ma l’elemento principe è il nudo femminile.
Goya_Maja«Benché col progetto Adriatic Coast to Coast si tratti un luogo definito nello spazio, non ho voluto fare un lavoro topografico; avevo bisogno che il lavoro fosse concentrato sul corpo. Infatti, oltre che per «The Sea of Love», nutro un’ossessione per il dipinto di Goya «La Maja Desnuda“. Ho preso lo spirito del dipinto, l’ho fatto mio, e ho raccontato la costa romagnola nel periodo estivo, fatta di persone che si consumano visualmente».
«Ero ossessionato da quel dipinto: è stato come portare un ossessione a letto col mezzo fotografico».

Confido a Max Pam lo spirito che leggo nelle sue foto.
«La fotografia è aperta; sono sempre affascinato dalla risposta che l’osservatore ha», ma mi interessa sapere come si sia sentito lui stesso quando ha scattato le foto di “The Sea of Love”.

«Il mio soggiorno qua, durante il quale ho scattato le fotografie, è stato caratterizzato da un continuo senso di scoperta. Ogni giorno era pieno di possibilità, e soprattutto, per come era strutturato il lavoro, potevo scoprire senza fare sforzi e organizzare nulla. Questo ha fatto sì che il progetto mi regalasse infinite possibilità, cosa che mi ha reso molto contento».

Conclusa la visita a “The Sea of Love”, si scende in strada. L’occasione è ghiotta per sbirciare l’allestimento di “Four nights and thousand live” di Seba Kurtis. Il catalogo del SI Fest mi suggerisce che si tratta di una raccolta di immagini scattate tra Cesena, Rimini e Savignano sul Rubicone a lavoratori immigrati.
La vedo, incompleta, solo da fuori. Questo è sufficiente a farmi cogliere la presenza sostanziale di ritratti maschili. Perché solo uomini?

«Non lo so». La prima, istintiva, risposta di Seba Kurtis.
Siccome sa benissimo che a noi occorre e piace sapere il perché, accenna una risposta.
«Nei cantieri edilizi dove lavoravo non c’erano donne. Per questo sento di avere un vero legame con questi uomini. Sono la mia famiglia».
«Un po’ come vuole la tradizione nei paesi europei, anche questi immigrati lavoratori ricoprono il ruolo di sostenere la famiglia».
«In sostanza, sento una connessione più forte con gli uomini: con le donne non è così pura».

Le fotografie di Seba Kurtis sono sempre circondate da un’aura di mistero.
«Amo il mistero nella fotografia.
Mi piace dare imput giocosi e virtuali: mi interessa trasmettere al pubblico il mistero, e stimolare il lato emozionale».
«Quando lavoro, mi sdoppio come fossi due persone distinte: in un primo momento sono un giornalista, che indaga e ricerca per preparare lo scatto; poi, nel momento in cui fotografo, sono un artista: ci metto me stesso, il mio lato emozionale, e mi dimentico di tutto il resto».

Come Max Pam, Seba Kurtis ha tenuto un workshop ai giovani fotografi della zona, all’interno del progetto Adriatic Coast to Coast, il cui risultato è stato esposto all’Ex MIR MAR nel corso del festival di fotografia, ancora visibile fino al 12 ottobre. Come ha trovato l’approccio alla fotografia dei giovani fotografi incontrati?

«Mi piace l’energia dei fotografi italiani, ma ho notato che è difficile far portare a compimento il lavoro. È difficoltoso spingerli, perché non vogliono essere spinti.
Ciò che hanno in testa, e ciò che producono come risultato, spesso sono cose molto diverse fra loro».
«In più, hanno la tendenza rimanere bloccati all’interno della matrice della tradizione italiana. Mentre in fotografia bisogna sperimentare, uscire dalla matrice, non ripeterla secondo le sue regole».
«L’idea è nel processo dello sviluppo del progetto».

La degna conclusione dell’incontro la dà Max Pam stesso, che prende parola e riferendosi e Seba Kurtis afferma:
«Mi piace la tua poetica.
Ritrai le persone con cui ha lavorato, e non vuoi raccontare la verità. Cosa che hanno spesso in animo di fare i giornalisti, fallendo.
Si avverte, invece, un forte senso di verità personale».

 

È possibile visitare le mostre di Max Pam, Seba Kurtis e tutte le altre esposizioni del 23esimo SI Fest ancora per due weekend: 11 e 12 ottobre, e 18 e 19 ottobre.

Buona visione, e buon naufragio nel mare d’amore.

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