LegalMente 2014: un’occasione persa?


10012520_10201083019792777_2436279528136316748_nDomenica 6 aprile si è conclusa, a Firenze, la prima edizione di LegalMente- Parole, immagini, suoni: legalità e giustizia dalla A alla Z, dedicata ai magistrati Pier Luigi Vigna, Gabriele Chelazzi e Antonino Caponnetto.

Una tre giorni fatta di musica, spettacoli, video, ma soprattutto di racconti. I grandi protagonisti della kermesse, infatti, sono stati proprio questi: i racconti di vita vissuta, le storie di antimafia. Perché, come ha voluto sottolineare Rosy Bindi (presidente della Commissione parlamentare Antimafia che ha presenziato a LegalMente venerdì), parafrasando forse inconsapevolmente Umberto Santino e il suo libro ‘Storia del movimento antimafia’, “l’Italia è il paese delle mafie, ma anche della lotta alla mafia” che dà risultati importanti “grazie all’apporto di giudici, giornalisti, parenti delle vittime”: grazie a tutti coloro che davanti a un atto di corruzione, a un sopruso, a una violazione dei diritti umani, a un omicidio, non si sono fermati, ma hanno chiesto e continuano a chiedere verità e giustizia.

E’ proprio questo desiderio di verità e di giustizia sociale che ha accomunato gli ospiti presenti. Più di 80 tra parenti di vittime di mafia, giornalisti, istituzioni e personaggi dello spettacolo come Giulio Cavalli, Alberto Patrucco, Francesca Fornario, Flavio Oreglio, David Riondino, Sergio Staino, Giusi Salis.

Più volte sono state ricordate le parole di Caponneto, Falcone, Borsellino, Chinnici: tutti d’accordo sullo stretto legame tra lotta alla mafia, cultura, giustizia sociale e collaborazione. “I cittadini sono forti quando hanno dei diritti- ha chiosato Giovanni Tizian, giornalista dell’Espresso, sotto scorta perché minacciato dalla mafia per le sue inchieste nel modenese- In certi territori i diritti vengono barattati con i favori, ed è questo che dobbiamo insegnare: a non accettare favori, a non cercare scorciatoie, a perseguire la giustizia”.

ìToccanti ed emozionanti i momenti dedicati alle videointerviste realizzate dall’Associazione nazionale Legalità e Giustizia (ANLG) durante un viaggio in Sicilia la scorsa estate, e le storie dei parenti delle vittime della mafia (dai più noti, come Vincenzo Agostino, padre di Nino Agostino; Angelo Corbo, sopravvissuto alla strage di Capaci; a quelli che invece sono sempre rimasti un po’ nell’ombra come i parenti degli imprenditori Paolo e Giuseppe Borsellino, Liliana Iannì figlia di Carmelo Iannì, Mario Congiusta, padre di Gianluca Congiusta), a cui si sono unite quelle di testimoni di giustizia, ed esperti di diritti umani.

Diversi i libri presentati in questi giorni: ‘Legal…Mente’, realizzato da 92 vignettisti appositamente per l’evento; ‘Mafia da legare’ di Laura Galesi e Corrado De Rosa; ‘Acqua santissima, La Chiesa e la ‘Ndrangheta, storie di potere, silenzi e assoluzioni’ di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso.

Grandi assenti a LegalMente i politici, la stampa e il pubblico. Come ha voluto sottolineare sul palco Costanza Tortù, viceprsidente di ANLG, “il silenzio della politica in questa manifestazione è stato assordante”. Un silenzio che ricorda quello che lamentano tanti parenti delle vittime. “Le nostre storie hanno un comune filo conduttore– ha affermato Liliana Iannì- l’assenza dello Stato, che non ha saputo proteggere i suoi cittadini onesti”.

Ancora una volta la politica intesa in senso stretto ha perso un’occasione per discutere con la gente di temi fondamentali come la legalità, la giustizia, la cultura, la ricerca della verità.

Ma quest’occasione l’hanno persa anche i cittadini che non hanno partecipato all’evento come si sperava. Un po’ per volontariato, un po’ per aspirazioni lavorative, un po’ per passione, io mi sono ritrovata coinvolta nell’organizzazione e nella realizzazione di LegalMente, eppure quando dico che i cittadini hanno perso l’occasione di partecipare a qualcosa che avrebbe potuto (e dovuto= interessarli, non credo di essere eccessivamente di parte.

Legalità, giustizia, diritti sociali, non possono essere temi esclusivi di addetti ai lavori, di parenti di vittime di mafia e di uno sparuto numero di volontari di associazioni che si occupano di questo. Perché allora così poca partecipazione?

E’ chiaro che in parte noi organizzatori (ANLG e FairMenti) avremmo dovuto investire di più in comunicazione e pubblicizzazione, e che forse avremmo dovuto trovare metodi innovativi per coinvolgere le persone. Di certo il fatto che l’evento fosse quasi totalmente autofinanziato e gestito da volontari non ha aiutato. Ma ogni volta che partecipo a manifestazioni simili mi chiedo “cosa bisogna fare per smettere di parlarsi addosso e aprire dibattiti seri, costruttivi e collettivi? Cosa bisogna fare perché la gente sotto il palco sia più numerosa di quella sul palco – o legata all’organizzazione?“...ai posteri l’ardua sentenza?

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