La nuova dinastia dei Blancos: Real – time
Uno non può neanche farne questione di numeri, che già di per sé sono impietosi. Diciannove gare di campionato, diciassette di Eurolega, tre di Coppa del Re. Totale, trentanove. Sconfitte una. E non contro un avversario qualsiasi, ma contro il CSKA allenato da quell’ Ettore Messina, ex con il dente più che avvelenato e alla guida di una squadra forte, profonda e talentuosa. Non è solo numeri, però, questo Real Madrid: è storia e al contempo cronaca, è solidità difensiva applicata ad efficacia realizzativa. In fondo, per spiegare il Real Madrid, basta questo. Come se fosse poco.
Il nuovo corso dei Blancos è cominciato nell’ estate del 2011. La stagione precedente la squadra era approdata dopo quindici anni alla fase finale di Eurolega, diretta da quel Lele Molin che aveva preso il posto già citato Messina, dimissionario dopo le polemiche dell’ ambiente. Raggiunto questo traguardo, la dirigenza aveva però deciso di affidarsi a un tecnico autoctono, che conoscesse l’ ambiente e sapesse come muoversi. La scelta era caduta su Pablo Laso, che aveva vestito la camiseta blanca dal ’95 al ’97. L’ intento del nuovo corso era basare il futuro organico su giocatori giovani e su spagnoli. Via quindi D’ or Fisher, Clay Tucker, Sergi Vidal, Pablo Prigioni e spazio a Sergio Rodriguez, Llull, Mirotic (montenegrino naturalizzato spagnolo) e Pocius. Il lockout NBA aveva poi facilitato le cose portando Ibaka e soprattutto Rudy Fernandez, che firmò un contratto per i primi mesi del 2011/2012 e per le successive stagioni, salvo una clausola che prevedeva che avrebbe terminato l’ annata negli Stati Uniti qualora fosse ripartito il campionato americano (cosa che puntualmente avvenne a fine dicembre). Questa situazione creò un precedente, certo, ma soprattutto fece capire il tipo di forza, economica e di fascino, che possedeva quel Real Madrid che si stava creando. Quella stagione per il Real finì malino: alla vittoria in Coppa del Re fece da contraltare la sconfitta contro il Barcellona nella finale per il titolo.
Il 2012/2013 vide partire altri pezzi di ciò che era rimasto dell’ era – Messina: Velickovic e Tomic fecero le valigie e arrivarono Slaughter, Draper e Darden, più Fernandez finalmente full time. I successi hanno cominciato ad arrivare: la finale di Eurolega prima, e poi il titolo nazionale, a sei anni di distanza dall’ ultimo. Quest’ estate se ne sono andati Begic, Suarez e Pocius: di fatto solo il centro sloveno è stato rimpiazzato (da Bourousis) perché il minutaggio degli altri due esterni Laso ora lo divide tra i veterani Darden Carroll e i giovani Martin e Diez. Coerentemente con il progetto, dunque, si sono tagliati due stranieri per fare spazio a due spagnoli. In più, Bourousis ha portato una preziosa dote di esperienza sotto le plance, che si unisce a quella di Reyes e a quella di Darden, Carroll e Draper sul perimetro. Che è, guarda caso, la stella polare dell’ attacco madrileno.
La filosofia di gioco di Laso è semplice. Nella metà campo difensiva l’ intento è proteggere l’ area, creare densità nel pitturato e passare sopra i blocchi: si crea così una difesa – medusa, in grado di estendersi e contrarsi a seconda della necessità, e molto aggressiva sulla palla. In attacco, poi, tutto passa dal playmaker: se è Llull l’ obiettivo è la transizione immediata (anche la conclusione dello stesso regista se necessario) mentre con Rodriguez il ritmo può anche essere meno veloce. Le opzioni offensive a difesa schierata sono in prima battuta le uscite dai blocchi degli esterni, di solito Fernandez e Darden o Carroll, o lo stesso Llull se è in campo nel ruolo di guardia: solo in un secondo momento, se la difesa concede spazio in area, si cercano i lunghi. Nella visione (corretta) che bisogna sfruttare ciò che la difesa lascia.
È in fondo anche per questo che al momento è il Real è la squadra migliore d’ Europa. Perché gioca un basket semplice, non esasperando gli schemi non imprigionando il tantissimo talento che ha a disposizione. Per due anni i risultati sono stati buoni ma non eccezionali. Ora bisogna vedere se la dinastia che pare si sia creata è destinata a essere veramente tale.
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