La Costituzione nel panino


Una volta in televisione, durante l’ennesima e logorante intervista pre-elettorale, un politico disse che con la Costituzione non si mangia. Aveva un tono di voce arrogante e rabbioso, come se volesse mettere tutti in guardia. Queste parole mi hanno un po’ turbato per cui, dopo una breve riflessione, ho deciso di tentare un esperimento: farmi un panino con la Costituzione, determinato più che mai a provare il contrario.

Per prima cosa ho preso il pane, due morbide fette di pane toscano, quello quasi insapore, così da valorizzare al meglio il gusto del ripieno. In secondo luogo, l’imbottitura: le pagine della mia Costituzione edizione tascabile, strappate – per quanto possibile – con gentilezza dalla rilegatura e impilate ordinatamente tra le fette. Non aggiungo condimenti, lattuga, salse, nulla: Costituzione al naturale. Ho preso in mano il tutto con un tovagliolo e mi sono preparato per addentarlo.

Ma esito un istante, e penso al rischio che quel pasto mi faccia stare male. Sono tanti quelli che hanno un’intolleranza per il principio di uguaglianza, quelli allergici al diritto alla salute come fosse polline puro, che non appena ne vengono a contatto starnutiscono per ore, e anche quelli che non digeriscono per niente il diritto al lavoro e se potessero, lo toglierebbero dal mercato. Insomma, le controindicazioni sulla Carta ci sono, ma dopo aver esitato un attimo mi scrollo di dosso ogni dubbio, accetto il rischio e addento il mio panino.

Che sapore aveva? Sapeva di tante cose. Nei bocconi iniziali, il primo sapore che ha raggiunto il mio palato è stato quello dolce e gustoso della vittoria, della conquista di civiltà che fa sentire soddisfatti, tutto sommato, di restare qui in Italia e non andare altrove. Continuando a mangiare si aggiunge però un altro sapore, più acidulo e fastidioso. Lo riconosco, è quello delle tante incomprensioni e attacchi arbitrari che la Carta ha dovuto subire, l’aroma dell’indifferenza con cui spesso ne sono stati ignorati i principi in nome delle cosiddette “esigenze superiori”. Questo sapore sgradevole, ma sopportabile, accompagna la masticazione mentre i miei denti macinano carta su carta, nemmeno fossi un tritadocumenti.

Ma è quando arrivo agli ultimi bocconi, che arriva il bello. Un terzo sapore, diverso, diversissimo dai primi due, tanto che in un gesto irrazionale guardo il panino che tengo tra le mani per verificare che sia ancora lo stesso. Questo terzo gusto è talmente aggressivo ed amaro da surclassare i primi due e da prendere il totale dominio nella mia bocca. Non riesco a nascondere una smorfia di disgusto mentre mastico gli ultimi bocconi, e terminare il panino inizia a diventare davvero faticoso, una vera sofferenza. Credo di riconoscerlo, questo terzo e potente sapore: è un misto di sangue, sudore freddo, fatica e giorni e notti logoranti in attesa che la lotta abbia una fine, e che si possa tornare a dire la parola “libertà” senza essere presi per idealisti. Al fondo della Costituzione ci sono tutti questi sapori, compreso quello della morte, a cui tanti sono andati incontro per arrivare ad ottenere il testo che io ora sto impunemente masticando.

Riesco ad arrivare alla fine del panino. L’ultimo boccone scivola lungo il mio esofago con interminabile lentezza, mentre penso che difficilmente ripeterò l’esperimento, ma che non c’è dubbio: la Costituzione si può mangiare. Vorrei che tutti facessero questa esperienza, almeno una volta, e sperimentassero sul palato tutti i sapori che ho sentito io. Molto probabilmente alla fine si pentirebbero di aver mangiato la Costituzione, proprio come è successo a me… ma per qualcuno, forse, si rivelerebbe un pasto più che soddisfacente. Per cui, buon appetito a tutti.

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