I Mondiali non logorano chi non li gioca: perché sospendiamo “Visioni mondiali”


Che fosse una situazione torbida, lo si era intuito da subito. D’ altra parte, quando persino l’ Unione Europea si permette di sollevare perplessità sull’ assegnazione dei Mondiali in Qatar, forse la FIFA un dubbio anche minimo potrebbe farselo venire.

No, invece. Perché “show must go on”, o, detta alla Blatter, “Il calcio è più importante dell ‘ insoddisfazione delle persone” (perla di metà giugno, in risposta alle proteste esplose dalla Confederation’ s Cup). Non potevamo aspettarci altro dall’ uomo che ha venduto definitivamente l’ anima del pallone al mercato, agli sponsor, che benediceva soddisfatto per gli acquisti da 50 milioni in su (tipo i quasi 100 di Cristiano Ronaldo). Quest’ uomo, ai vertici del calcio mondiali dal ’94, con il con la sua filosofia gestionale ha reso il pallone non più uno sport, ma uno spettacolo. Ora non c’ è più differenza tra un calciatore e un attore: gli stipendi percepiti sono quantomeno identici, ad alti livelli, così come gli interessi di coloro che stanno dietro e muovono le fila. Con la differenza non trascurabile che il coinvolgimento fisico dei calciatori è più concentrato e necessita di più sforzo.

Blatter non ha dimostrato minimo interesse per alcunché che non fosse il proprio già ricco tornaconto personale. Ha imposto di giocare alcuni importanti incontri dei Mondiali in Brasile ad orari sfibranti da reggere fisicamente, e per ora sta ignorando anche le richieste dei tecnici, che sottolineano la necessità di avere almeno un time- out per tempo. Si era pervicacemente e ottusamente convinto a volere i Mondiali in estate, tralasciando anche lì le temperature proibitive che vengono raggiunte nei mesi estivi. La puerile giustificazione è stata che si toglierebbe spazio (sulle tv, ça va sans dire) alle Olimpiadi invernali. Rimostranza più che lecita, ci mancherebbe altro: penalizzare sport che già godono di meno visibilità del calcio sarebbe tanto ingiusto quanto poco intelligente. Il problema semmai sta a monte: bisognava pensarci prima di concedere al Qatar l’ organizzazione della rassegna iridata.

Che poi, anche lo stato Qatar stesso ci sta mettendo del suo, nel gettare benzina sul fuoco. Il riferimento è ovviamente alla denuncia del Guardian sui diritti calpestati di coloro che sono impiegati (fisicamente, nei cantieri) alla costruzione di stadi o più in generale infrastrutture che dovrebbero ospitare il Mondiale 2022. Le condizioni di lavoro sono bestiali, le morti si contano con il pallottoliere: si è arrivati, numeri alla mano, a una media di 12 decessi a settimana, per incidenti sul lavoro o malattia. Condizioni inaccettabili, al giorno d’ oggi, in una società che si dice evoluta, ma che di evoluto ha solo il conto in banca di pochi. Problema da cui non è immune nemmeno il Brasile, peraltro, dato che è recente la notizia di un incidente avvenuto nel cantiere dello stadio Itaquerao di San Paolo. Il quale, unito ai ritardi nella costruzione di altri stadi, tratteggia un quadro non idilliaco della situazione che chi andrà in Sud America si troverà di fronte.

Alla denuncia del giornale di Manchester si è unita quella di Amnesty International, che ha caldeggiato l’ intervento della FIFA a mandare un messaggio forte, per evitare violazioni sui diritti umani, o quantomeno limitarle drasticamente e procedere sanzionando chi non li rispetta.

Per questo motivo, la decisione è quella di sospendere la rubrica. Lo sdegno è grande, e sinceramente non ci sentiamo di raccontare ai lettori storie di tecnica e di tattica, di imprese e fallimenti sportivi sapendo che questo è il sottobosco che si cela dietro quel pallone che rotola sul prato verde. “Questo non è calcio, non è più calcio” scriveva Prandelli nel suo “Il calcio fa bene” edito nel 2012. Ci sentiamo di condividere, e anzi di fare nostre queste parole.

Per maggiori informazioni rinviamo direttamente all’ inchiesta del quotidiano britannico, aggiungendo il link dell’ articolo. La speranza è che esso possa dare una percezione anche solo parziale di ciò gira dietro un evento di tale portata, che molti considerano più affascinante del pianeta. Diffondere le notizie è un diritto e un dovere per tutti, anche in caso esse non siano piacevoli o smascherino realtà torbide. Perché, citando Franco Melandri, “la verità arma sempre gli uomini e li costringe a battersi”.

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