Vedi Brindisi, e poi festeggi: sesta giornata della Serie A italiana di pallacanestro


Abbiamo trattato tante volte, su queste pagine, il tema della pallacanestro legata al Meridione. Un tema affascinante, socialmente interessante, meritevole di attenzione. Negli anni sono state varie le realtà espresse dal Mezzogiorno che si sono fatte strada nell’ universo della pallacanestro: dalla JuveCaserta a Brindisi, da Napoli (la Partenope e il Basket Napoli, fino al nuovo progetto targato AzzurraBasket) ad Avellino, da Teramo a Roseto, da Rieti alla Viola Reggio Calabria, da Trapani a Barcellona Pozzo di Gotto e Capo d’ Orlando.

Tutte società che, per un motivo o per un altro, hanno poi alzato bandiera bianca, dopo aver avuto gloria e trasmesso passione alla gente in territori in cui le difficoltà della vita spesso si sentono più che nel resto del Paese. Dice chi è nel settore da anni che, nel settore giovanile, non puoi avere lo stesso approccio ad Aosta e a Trapani, che la forma mentis è differente e dunque deve esserlo anche il rapporto con chi pratica questo sport. Lo stesso ragionamento potrebbe essere fatto a livello più ampio: il modo di gestire una società è e deve essere profondamente diverso da Nord a Sud. È anche giusto che sia così, perché in fondo le differenze ci sono, e bisogna tenerne conto (si badi bene, non si stanno facendo infantili classifiche di gradimento, si sta solo riscontrando un dato di fatto).

Nell’ elenco di prima, dal quale abbiamo tenuto fuori Roma che in quanto capitale è da considerare caso a parte, spicca il nome di una delle prime in classifica, allo stato attuale: la New Basket Brindisi, sponsorizzata Enel. Non è una sorpresa, in effetti: molti davano la compagine pugliese come una delle candidate a essere la rivelazione della stagione. Il roster d’ altra parte non mentiva: elementi che avevano già sperimentato la realtà europea a diversi livelli (James, Lewis, Campbell e lo stesso Todic), a cui aggiungere Dyson, un realizzatore con esperienza anche NBA (poi nel 2012/2013 all’ Hapoe Holon) ed italiani come Bulleri, Zerini, e Formenti. La ciliegina sulla torta, poi, è stato l’ ingaggio di Snaer, prospetto da 14.8 punti nell’ anno da senior e non selezionato al draft NBA 2013. Se tutto questo, però, sta rendendo al meglio, lo si deve a un allenatore che non abbiamo mai smesso di elogiare per la scelta coraggiosa fatta nell’ estate di due anni fa.

Stiamo parlando, ovviamente, di Piero Bucchi. La storia è arcinota: licenziato il pomeriggio dopo Capodanno nel 2011 dall’ Olimpia Milano, dopo avere avuto finalmente l’ occasione di guidare una grande squadra ne fu disarcionato. Una fetta del pubblico gli era contro, ma l’ impressione è che fossero i dirigenti a non avere più fiducia in lui. Così, mentre l’ Armani Jeans si affidava Sergio Scariolo, capace di vincere addirittura di meno, avendo avuto a disposizione più tempo e un roster di qualità migliore, Bucchi compiva un passo indietro piuttosto importante.

Lui, che in carriera ha giocato tre finali per titolo (2000, 2009, 2010: perse tutte), vincitore di due Coppe Italia con Treviso (2000) e Napoli (2006), ricomincia dal basso, da Brindisi. Una squadra che come il suo nuovo coach aveva voglia di rivalsa, dopo aver assaggiato la A l’ anno prima ed esserne ridiscesa brutalmente a causa di errori tecnici macroscopici. Era un salto nel buio per entrambi, perché anche per Bucchi non era uno scherzo uscire dalla mentalità della grande squadra e del massimo campionato per entrare nuovamente in quella della realtà delle serie minori, anche se si trattava della Legadue. Il salto è andato alla grande, meglio di quanto sperato: promozione al primo anno, Final Eight al secondo e valorizzazione di elementi come Gibson, Ndoja e Formenti. Quest’ anno, come già detto, l’ esplosione, che pare definitiva: oltre alla qualità degli atleti, il resto lo ha fatto il gioco impostato dall’ allenatore, basato su passaggi, circolazione perimetrale della palla per trovare il corridoio migliore per la penetrazione o il compagno smarcato fuori dall’ arco. Una filosofia semplice, che dimostra come nella pallacanestro (che altro non è che una metofora vita di tutti quotidiana) non servano grandi ideali o chissà quali colpi di genio per riuscire in ciò che si fa. Basta avere delle buone idee, e metterle in pratica, non facendo mai mancare impegno, coraggio e umiltà. Quella di Brindisi. Quella di Bucchi

LA SESTA GIORNATA HA DETTO CHE…

  • Che Bologna è sempre più intenzionata a fare sul serio: Walsh in settimana aveva detto di puntare al titolo, in città si erano già lasciati andare a gesti apotropaici, ma il record finora della Virtus è secondo solo a quello del 2006/2007 (sei vittorie di fila). Quando arrivò in finale…

  • Che Pesaro, malgrado la speranza iniziale, si sta finora rivelando come l’ effettivo vaso di coccio tra i vasi di ferro di questa Serie A. Spiace, perché comunque si tratta di un pezzo di storia della pallacanestro nostrana. Che fino a due stagioni, lo ricordiamo per gli smemorati, arrivava alle semifinali playoff.

  • Che Markovski resta uno stregone voodoo, quando si tratta di situazioni da ricostruire (Virtus Bologna, prima parentesi ad Avellino, Fortitudo, Pesaro). Una rondine non fa primavera, è vero, però già la Venezia scesa in campo era più cattiva mentalmente delle ultime prestazioni targate- Mazzon.

  • Che, a proposito di Venezia – Milano, l’ Olimpia… lascia senza parole. Un po’ per l’ abominevole divisa con cui è scesa in campo, un po’ perché il parziale preso nel secondo tempo sottolinea ancora una fragilità mentale e di equilibri.

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