Olimpia – Virtus Bologna, il vero Derby d’ Italia: la quinta giornata della Serie A di pallacanestro


Il rischio, calcolato, è quello di apparire monotoni. Comprensibile: il primo editoriale della stagione di Serie A dedicato a Bologna (e anche, in parte, il secondo) e quello del quarto turno focalizzato su Milano. Come se non si volesse uscire dal circolo ristretto di quelle società che fanno notizia, per tradizione antica o recente (leggi Bologna, Milano, Siena, Cantù, Varese, Roma). Chi ci segue continuativamente sa che però non è così.
L’ impudenza del titolo è tale solo fino a un certo punto. Perché, a ben vedere, Milano – Bologna è la sintesi di un’ Italia che viaggia(va) su binari paralleli, che spesso si incontravano. Quando nel secondo dopoguerra questa rivalità ha cominciato a crescere, le due squadre rappresentavano, sintetizzando, due modi differenti ma complementari che l’ Italia stava adottando per rinascere. Da una parte, l’ operosità lombarda incentrata sul settore industriale, nella produzione materiale; dall’ altra, la filosofia emiliana, che dedicava particolare riguardo allo scambio di informazioni, di conoscenze.
L’ Industria e l’ Informazione, quindi, non a caso due settori entrambi in crisi dell’ Italia contemporanea. Il conclamato Derby d’ Italia, quindi, non è tanto Juventus – Inter, dunque, vessilli di città coinvolte nel medesimo ambito, quello delle imprese. E daremmo ragione a chi dovesse opporre esempi contrari nell’ uno (Gazzetta dello Sport, o Tuttosport nel caso di Torino) o nell’ altro senso(tutto il fiorire di industrie emiliane, e in particolare quelle Bolognesi). Ne teniamo ben conto, ci mancherebbe. Non si stanno però analizzando nel dettaglio tutte le varie imprese, bensì si sta illustrando quella che era la differente concezione che guidava le due realtà.
Qualcosa che tuttavia univa Olimpia e Virtus era il modo di interpretare la pallacanestro: riguardando i dati dell’ epoca, si scopre infatti che quando queste squadre hanno trionfato all’ interno dei confini nazionali, lo hanno fatto sempre sorpassando gli 80 punti di media segnati. Vero che non era ancora il basket fisico (e professionalizzato) che ha cominciato a svilupparsi dagli anni ’80 in qua, però è un dato da tenere in considerazione. Dan Peterson potrebbe essere definito il Manifesto Programmatico Vivente di quanto appena affermato, lui che in Italia ha allenato proprio solo queste due compagini. Il suo gioco in velocità ha segnato tanto la storia tanto dell’ una quanto dell’ altra.
Ora, tra l’ altro, sia l’ Olimpia che la Virtus sembrano aver cercato di ripercorrere proprio questo sentiero e per tornare agli antichi successi, affidandosi a coach che prediligono il gioco in transizione: Luca Bechi e Luca Banchi. Che in comune non hanno solo il nome e il modo di interpretare la gara, ma anche trascorsi nelle giovanili del Basket Livorno
Insomma, a prescindere dal risultato del campo (vittoria felsinea) potremmo concludere che bianconeri e biancorossi hanno in comune la voglia di tornare grandi. I tempi dei duelli tra Peterson e Rubini, o Bucci e lo stesso Peterson sono lontani, e tuttavia la voglia di assaporare nuovamente un successo importante (a Milano manca dal 1996, a Bologna dal 2002) spinge entrambe a ripercorrere il solco tracciato dalla storia che si portano dietro. Onorarla dando il massimo sempre è un obbligo.

LA QUINTA GIORNATA HA DETTO CHE…
Che non è un segnale incoraggiante Mazzon che salta a Venezia, dopo quattro anni in cui ha riportato in A la Reyer (2011) e l’ ha condotta due volte ai playoff (2012 e 2013). Servirebbe un po’ di pazienza in più nei presidenti se i risultati inizialmente non arrivano, giusto per non imitare i colleghi del calcio
– Che Siena malgrado balbetti in Europa (quattro sconfitte su quattro in Eurolega) in Italia continua a fare la differenza grazie al suo tremendismo. Ma ora è necessaria un’ inversione di tendenza anche fuori dai confini nazionali, per non perdere altri posti (già che sonodue, più uno ai preliminari: una volta erano quattro).
– Che il primato (in coabitazione, certo) di Brindisi premia l’ umiltà di Piero Bucchi, il quale due anni fa decise di scendere di categoria dopo l’ esonero da Milano per abbracciare un progetto tecnico che si sta rivelando uno dei più azzeccati

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