Milano, nel segno (ancora) di Siena: la quarta giornata del campionato italiano di pallacanestro


Otto anni. Sono un discreto numero già nella vita normale, diventano un’ infinità in quella sportiva. Dall’ estate del 2005, quella successiva alla finale scudetto persa contro la Fortitudo, gli investimenti di Armani, prima come sponsor e poi come proprietario sono stati tanti, forse troppi: Bulleri, Galanda, Calabria, Shumpert, il trio Green – Watson – Garris, Sesay, Vukcevic, Mordente, Mancinelli, Finley, Maciulis, Hawkins, Jaaber, Greer, Karl, Petravicius, Eze, Cook, Nicholas, Hairston, Fotsis, Bourousis, Radosevic, Gentile, Melli, Langord, Marques Green. E abbiamo citato solo i più conosciuti, quelli che qui o in altri campionati europei hanno saputo fare la differenza. Non parliamo poi della girandola di allenatori: Lardo, Djordjevic,  Markovski, Caja, Bucchi, Peterson e Scariolo. Un’ infinità di investimenti, di quattrini buttati al vento come il Seragnoli fortitudino dei tempi d’ oro, o al Moratti pre – Calciopoli, per fare un esempio più conosciuto. Tutti con un unico comune denominatore: il numero zero alla casella “trofei conquistati”.

Abbiamo lasciato volutamente lasciato da parte la stagione da poco cominciata, per il semplice motivo che ancora non sappiamo se l’ Olimpia conquisterà un titolo. La speranza sarebbe di sì: la pallacanestro ha bisogno di investitori come Armani, specie ora che la crisi  prosciuga le già poche risorse che nel nostro sistema sportivo non sono destinate al pallone. Se così non fosse, il timore è che lo stilista possa stufarsi di sovvenzionare un progetto che da anni, per un motivo o per un altro si rivela perdente. Specie dopo che con gli anni si sono già persi marchi storici come Benetton e Scavolini, e che anche il Monte dei Paschi ha cominciato a dismettere il suo impegno nel vincente progetto Mens Sana.

Per anni, tra l’ altro, la voglia di vincere ha portato Milano a tentare di imitare Siena, cercando ora giocatori in uscita dal club toscano (vedasi l’ elenco sopra), ora l’ artefice stesso del recente dominio biancoverde (Pianigiani fu contattato nell’ estate 2011 dopo il “no” di Messina, ma declinò l’ offerta anche lui, e fu ingaggiato Scariolo). Tutti tentativi infruttuosi, perché l’ unica cosa che non si è capita è che ciò che rendeva vincente la Mens Sana era la sua capacità di amalgamare gli elementi a sua disposizione e di creare attorno ad essi un sistemi che permettesse a ciascuno di rendere al massimo secondo le proprie caratteristiche, e dentro di essi una fame insaziabile di vittorie. Non c’ è stata partita, sotto Pianigiani, che Siena non abbia giocato fino all’ ultimo secondo dell’ ultimo minuto dell’ ultimo quarto. Con Banchi per certi versi è stato così, anche se lo stesso animus pugnandi si è visto a tratti (ma comunque sempre nei playoff, fattore tutt’ altro che secondario).

Proprio per questa voglia di assomigliare all’ originale ha portato l’ Olimpia a fare la scelta più intelligente possibile: appena è stato possibile, affidarsi alle mani di uno che la filosofia senese l’ ha respirata continuativamente, dal 2006 in qua: Luca Banchi. “Milano può arrivare fino in fondo, ha un buon organico e il coach è uno che ha sempre saputo migliorare le proprie squadre” afferma chi è nell’ ambiente da anni. E c’ è da crederci, visto come ha sapientemente guidato Siena l’ anno scorso, portandola al massimo della forma nel momento più caldo della stagione, vale a dire i già citati playoff. Paradossale, tra l’ altro, come proprio il Montepaschi abbia affidato la conduzione tecnica a Marco Crespi,  portatore del gene – Olimpia ( tra le altre cose fu secondo di Tanjevic  nell’ ultima affermazione meneghina tra i confini nostrani, oltre che dello stesso Banchi proprio nel 2012/2013). Destini che si incrociano, insomma, e poco male se succederà proprio queste due compagini si giocano il titolo finale, o anche solo la Coppa Italia. Anzi, renderà più suggestiva la sfida.

LA QUARTA GIORNATA DI CAMPIONATO HA DETTO CHE…

         La cura Bechi sta sortendo i suoi effetti sulla Virtus: per ora Bologna ha infatti il miglior attacco del campionato (85.3 punti fatti) e due giocatori tra i primi dodici marcatori del campionato (Hardy 16.2 e Walsh 18.2). Va registrata la difesa, che per ora è l’ undicesima. Anche se le rimonte i bianconeri fino a questo momento le hanno siglate proprio stringendo le viti dietro.

         Che a Cantù continuano ad accadere miracoli anche dopo la partenza di Arrigoni destinazione Bologna: anche questa una squadra a trazione anteriore,  dove Ragland (21.2 punti di media) non recita a soggetto ma su un palco dove ognuno conosce il ruolo che ricopre (seconda per numero di assist a partita, 15.8)

         Che Siena, Varese e Brindisi, al contrario, sono in alto in classifica grazie all’ efficacia nella propria metà campo, e questo alla lunga può diventare un fattore decisivo

         Che il segnale di distensione tra Hackett e il presidente federale Petrucci, dopo le polemiche estive, è un ottimo modo per iniziare una stagione che si preannuncia ricca di sorprese.

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