Eurobasket 2013, la prima volta della Francia


“Ciò che non è chiaro non è francese”. Così parlò Antoine de Rivarol, e ora come ora sembra difficile dargli torto. È stata netta la supremazia dei Bleus nella finale contro la Lituania, come fu netta quella che gli uomini di Collet subirono due anni fa ad opera della Spagna. Quella stessa Spagna che i francesi si sono lasciati indietro in semifinale, dopo essere stati negli spogliatoi sotto di 14. Poi la la rimonta, di rabbia e di talento, guidata da Parker, i supplementari, i canestri di Ajinça, i liberi di Diot, la scimmia rappresentata dalla Roja finalmente tolta dalle spalle (su questo punto torniamo in seguito). E così era finale, la seconda consecutiva, la terza della storia all’ Europeo, la quinta considerando le due olimpiche.

I più accreditavano la Lituania come vincitrice considerandola più completa, meno dipendente dalle lune di un singolo giocatore, più grossa e talentuosa. Tutte cose vere, o quasi. Solo che non avevano fatto i conti con lo spirito francese, la voglia di prendersi un successo, dopo tanto tempo. “Vincerà chi avrà più fame” disse Marcello Lippi alla vigilia della finale Mondiale di calcio del 2006. Bene, la Francia ha dimostrato più fame dei baltici, li ha azzannati, presi alla gola e soffocati con la sua difesa del pitturato, lasciandogli il tiro da fuori che dopo i primi 1uindici minuti di gioco ha smesso di entrare. Parker ha lasciato le luci della ribalta a Nicolas Batum, il cui Eurobasket era stato stranamente sottotono. Il talenti degli Spurs si è limitato ad amministrare, a non forzare e a far giocare i compagni. Diaw, Petro e Pietrus hanno occupato l’ area offensiva e quella difensiva, fatto pesare la loro fisicità e intimidito giovani inesperti come Valanciunas e Motiejunas, mettendo invece in seria difficoltà due vecchi draghi come Javtokas e Darijus Lavrinovic. Al resto hanno pensato dalla panchina De Colo e Diot, il cui tiro sulla sirena a un centesimo dall’ intervallo è stata la vera mazzata per gli uomini di Kazlauskas. “Se gli entra anche questa, significa che i numi del basket hanno scritto un finale che per noi non prevede l’ oro”: questo sembra essere stato il pensiero degli uomini in maglia verde, ed era difficile dargli torto.

La soddisfazione più grossa, per i francesi, era arrivata però in semifinale. La Spagna, pur priva di Navarro e Pau Gasol, aveva spaventato non poco, considerando anche i precedenti, che dicevano come negli ultimi quattro anni avessero avuto sempre la meglio la Roja (sconfitta però dai Bleus nella prima fase del Mondiale 2010): nei quarti del 2009 all’ Eurobasket polacco, nella già citata finale del 2011, e ai quarti di finale delle Olimpiadi del 2012 dopo che (è bene ricordarlo) la Spagna aveva perso in maniera truffaldina contro il Brasile nei gironi per evitare la parte di tabellone con gli USA. Operazione straordinariamente simile, peraltro, a quella che ha portata gli spagnoli a perdere contro l’ Italia per evitare la Lituania nei quarti. Aprendo una breve parentesi su questo, spiace dover alimentare la cultura del sospetto, di cui il giornalismo italiano non ha necessità, ma si ammetterà che tante sconfitte “sospette” in rapida sequenza sono difficilmente tollerabili.

Detto questo, tornando alla finale, da appassionati spiace che non aver visto vincere Kazlauskas, tecnico preparato, esperto, uno dei santoni della panchina dell’ era moderna, così come in passato lo furono mitici personaggi come Gomelsky, Nikolic, Zeravica, Kondrashin. Tuttavia, bisogna ammettere che il mondo della pallacanestro aveva un debito con la Francia, che per il suo movimento (ampio, nonostante calcio e rugby siano realtà numericamente più rilevanti) meritava un titolo. Come lo meritavano talenti del calibro dei già citati Parker, Gelabale, Batum, Diaw, De Colo, più l’ infortunato Noah: una Generation d’ or, tanto per usare un’ espressione inflazionata ma in questo caso veritiera, e anzi, forse riduttiva.

Se sia stato un passaggio di consegne con la Generaciòn de Oro della nazionale spagnola (e di quella argentina) solo il tempo lo dirà. Una cosa è certa, però: sulla scena internazionale d’ ora in poi bisognerà prestare maggiormente attenzione ai Bleus, i quali escono da questi Europeo non solo con la medaglia al collo ma rafforzati nelle loro convinzioni. Il ciclo spagnolo, nel Mondiale 2006, ebbe inizio allo stesso modo.

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