Tour de… Dance


Il filosofo Roland Barthes cita esteticamente il Tour de France. I ciclisti vi parteciperanno avendo lo stato di forma (vigente l’equilibrio psicofisico, con tutta la sua sicurezza “razionalistica”!) e l’improvvisazione dello scatto (una capacità quasi “divina”, percepibile dentro l’illuminazione delle gambe, le quali riceverebbero la forza della grazia). Il Tour de France mostrerebbe più situazioni a taglio “moraleggiante”. In queste, noi assegneremmo un valore al modo di pedalare. Barthes pensa che il Tour de France sia inevitabilmente ambiguo. Ad esempio, gli idealismi “cavallereschi” (per cui va dato il cambio durante le fughe, oppure s’aspetta l’avversario caduto) si mescolano di continuo ai richiami individualistici (i quali giustificano il mero successo). Spesso, la lode al gregario (sacrificatosi per il proprio capitano) pare semplicemente imposta dal direttore sportivo. Nella fotografia di Giulia, il nostro sguardo cade immediatamente sul “ventaglio” della gonna aperta. Sembra che lei quasi “si pavoneggi”. Quantomeno, si percepisce la “leggiadria” della danza. Un’arte in cui il corpo deve manifestarsi e rimanifestarsi di continuo, dalla vanità di se stesso. Nella danza, i singoli movimenti tendono a scemare, nella loro impercettibilità, ma paradossalmente per distendere al massimo la vitalità della persona. La gonna “sventagliata” è di tono celeste. Essa funge da metafora, per tutta la leggiadria dell’aria, materialmente impercettibile ed astrattamente distesa sul “passo” dell’orizzonte. A destra di Giulia, vediamo due biciclette. E’ come se lei cercasse di riequilibrare lo sforzo della pedalata, trasfigurate le ruote col tono celeste. Qui la gonna s’apre “a ventaglio”. Anch’essa ha una conformazione circolare. Le gonna parrà una ruota “celestiale”, in cui la fatica della pedalata possa alleviarsi, tramite la “leggiadria” (o la grazia) della danza. Esteticamente, è qualcosa di “cavalleresco”. La danza di Giulia, consentendo alla gonna d’aprirsi come un ventaglio, si percepirà in via assai raffinata. La sua vitalità “celestiale” aiuterebbe cavallerescamente le due biciclette. Queste sono visivamente vecchie e logore, necessitando proprio di trasfigurarsi.

Pizzi - Steigerwalt

 

Bibliografia consultata:

R. BARTHES, Miti d’oggi, Einaudi, Torino 1993, pp. 108-117

 

Nota biografica sugli artisti recensiti:

Il fotografo Andrea Pizzi nasce nel 1963 a Roma, ed apre il suo studio nel 1986. Sin dagli esordi, egli s’orienta sugli scatti di ritratto o moda. In questo modo Pizzi lavorerà a Roma, Milano, Parigi, Los Angeles, Londra. Tra i suoi clienti, figurano diversi marchi (fra cui: Laura Biagiotti, TIM, Gai Mattiolo, Unicef, FIGC, Honda) oltre alle più note riviste od agenzie pubblicitarie. Pizzi ha ricevuto premi e menzioni nei concorsi internazionali di fotografia (quali: Archive, Academy Award USA, Best European Design&Advertising). E’ importante citare la sua pubblicazione, per Leonardo Arte, del libro intitolato Andrea Pizzi 161 pix (vincitore del Lapis Arward Italia nonché finalista europeo ad Epica Cannes). Attualmente Pizzi lavora a Roma, in compagnia del figlio Alessandro e del loro cane Bacco. www.andreapizzi.com

L’attrice Giulia Steigerwalt nasce a Houston (USA) nel 1982, ma da anni vive e lavora in Italia. Lei è laureata in Filosofia con lode. Giulia ha poi conseguito il Master “Film Art Management” alla Facoltà di Economia, presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Nel 1999, lei debutta sul grande schermo, da protagonista, nel lungometraggio Come te nessuno mai, diretto da Silvio Muccino. Con lo stesso regista, Giulia reciterà anche nel film L’ultimo bacio. Va sottolineata la sua partecipazione alla Miniserie TV “Lo zio d’America”. Nel 2008 Giulia torna sul grande schermo, recitando nel film Si può fare, diretto da Giulio Manfredonia (il quale riceve una “menzione speciale” al Festival del Cinema di Roma). http://it.wikipedia.org/wiki/Giulia_Steigerwalt

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