L’ABC del mercato – Le buone maniere scendono in piazza


Come ogni anno, smessi i panni da studentessa, vesto quelli da commessa, precisamente presso una bancarella di venditori ambulanti.

E qui il 50% dei lettori sarà già caduto in fallo: infatti   non si sta parlando dei cosiddetti “vucumprà”, poiché, sebbene spesso questi ultimi siano definiti con gli stessi termini, essi sono abusivi, una differenza fondamentale se si pensa che la mia categoria, per la  quale (per chi ancora non l’avesse capito) sto spezzando una lancia a favore, di tasse ne deve pagare, e anche tante.

Ma non vorrei nemmeno accennare a questo aspetto, poiché così come accade a più o meno tutti i piccoli imprenditori in Italia, se si pagassero tutte le imposte previste, si emettessero tutti gli scontrini, si facessero fatturare tutti i rifornimenti di merce presso produttori o grossisti, la pressione fiscale arriverebbe al 70%. Uso il congiuntivo e il condizionale, insomma, il periodo ipotetico perché questa a me pare  una follia: doveroso è per ogni lavoratore e cittadino italiano pagare le tasse, ma dove sono i servizi in cambio?

Un esempio, per rendere tutto più concreto: gli ambulanti pagano l’imposta di occupazione del suolo pubblico e quella sui rifiuti. Benissimo. Sborsiamo giustamente questi soldini. Però, accidenti, guarda caso, ahimè, ohibò, ecco che un sampietrino si muove dal proprio loco, ecco che il marciapiede si sgretola, ecco che le fogne e i tombini strapieni emanano cattivo odore, ecco che tocca inciampare nella pavimentazione smossa, vecchia, in cui le varie toppe di catrame non durano più di quindici giorni, il tempo di una bella pioggia battente che eroda i punti di giunzione fra i sassi tornati mobili. Ora, campioni su tutti l’amministrazione del comune di Bellaria: vogliamo parlare del lavoro dei netturbini? Grandioso, ecco cosa ne penso: sarà possibile che una località turistica, con i viali percorsi da grandissimi alberi di tiglio (famosi per l’abbondante profusione di pollini,fiori e foglie appiccicosi e pieni di materiale simile a resina), debba sottoporre le strade interne alla pulizia solo una volta a settimana, subito alla fine del mercato, importunando con fumi irrespirabili (dovuti alla polvere alzata) i malcapitati ambulanti che devono ancora finire di chiudere e andarsene? E se per caso tale servizio non fosse praticato solo una volta a settimana, non intendo scusarmi con i diretti interessati, in quanto non è possibile trovare per terra, nell’area corrispondente alla mia bancarella, le etichette e tutta una serie di immondizia residua del mercato precedente (riconoscibilissima, in quanto gli scontrini hanno l’intestazione e le marche sono quelle con cui commerciamo noi)!

Ma questa è solo una goccia nel mare di cose che proprio non mi vanno giù.

Abbandonando questo discorso e tralasciando quello dei controlli (finanzieri-faine che fanno benissimo il loro lavoro in generale, ma che l’80% delle volte chiudono un occhio, anzi due, su ambulanti -spesso e volentieri stranieri- che sanno benissimo non essere in regola né per quanto riguarda le tasse, il pagamento della merce, i documenti -primo fra tutti il durc– o la messa in regola del personale e si accaniscono contro colui che si è “dimenticato” di emettere uno scontrino del valore di cinquanta centesimi -fatto realmente accaduto nda-di euro ) addentriamoci nel più gustoso e variegato mondo dei clienti: a te,  potenziale acquirente e frequentatore dei mercati voglio ricordare i seguenti concetti

1)Non siamo tutti ladri, truffatori come spesso ci definisci

2)Di conseguenza, di tasse ne paghiamo eccome!

3)Inutile è da parte tua pretendere lo sconto con frasi del tipo “tanto so che voi la merce la pagate di meno!”: bravo, hai scoperto  l’acqua calda! Se le avessi pagate allo stesso prezzo che ci sto a fare qui?

4)La nostra è una lotta fra poveri, non pensare che applichiamo ricarichi superiori al doppio del prezzo d’acquisto: ho visto banchi in cui vendevano prodotti ad un prezzo inferiore di quello a cui l’avevamo comprato noi e qui si che bisogna farsi due domande.

5)La nostra merce non è tarocca come pensi

6)La nostra merce non deve essere per forza fallata come sempre temi

7)La nostra merce non è inferiore di qualità a quella che compri ai grandi magazzini o al supermercato

8)Al mercato non trovi solo prodotti cinesi. Per fortuna il made in Italy non è del tutto estinto

9)Noi facciamo i prezzi in base a ciò che paghiamo la merce, non tutti accettano il giochetto del “fammi-tu-un’offerta” o il “devi farmi per forza uno sconto”: oltre ad essere  irritante, spesso è offensivo vedere come i prodotti offerti vengano svalutati, del tipo “per questa maglia (che costa cinque euro) ti do al massimo tre euro”. Con tre euro non ci fai colazione la mattina, non pretendere di vestirtici e magari di comprare anche un prodotto di qualità

10)Quando si sta caricando il camion e sistemando i prodotti da mettere via per poi andarsene, è gradito che tu non vada a ficcanasare tra le cose riposte, le maglie piegate o qualsiasi altra merce in ordine senza prima chiedere il permesso. Come ti sentiresti se avessi appena dato lo straccio e una persona con gli stivali infangati si mettesse a ballare “Lo schiaccianoci” sul tuo pavimento lindo?

11)Solo perché il nostro negozio vagante non è chiuso da quattro muri non vuol dire che non dobbiamo ricevere (e dare) egual rispetto di un commerciante delle vie più “in” della città

12)Solo perché la nostra attività poggia su quattro ruote e giace sotto una tenda mobile non vuol dire che siamo più rozzi, incivili, di serie B, né tantomeno che facciamo meno sacrifici di normalissimi commercianti: ci alziamo in media dalle 03:50 alle 06:00 ogni giorno per garantire a te il meglio del nostro servizio e della qualità dei nostri prodotti, sia che il sole brilli alto e caldissimo, sia che piova o faccia un freddo cane

13)Non siamo tutti extracomunitari come fanno intendere nei servizi dei telegiornali. Però  mi dà fastidio sentire frasi del tipo “Compro da voi perché siete italiani”: è vero che, purtroppo, moltissimi stranieri commerciando qua senza pagare le imposte e creano un danno alla nostra economia (così come accade anche con alcuni italiani, sia chiaro!), poiché i soldi consegnati al momento dell’acquisto defluiscono in gran parte in altri paesi, ma molto spesso mi piace ricordare che sono nata in Svizzera, che, per quanto sia vicina,  non è l’Italia. E allora cosa fai, smetteresti di comprare da me perché hai paura che i miei soldi vadano a finire nell’ex paradiso fiscale in un super-conto segreto? Se la tua paura è l’evasione come dichiari, inizia a pretendere lo scontrino e a rifiutare  il nero in toto, magari smettendo di chiedere lo sconto su tutto  (considera che l’iva è al 21%: se ci aggiungi le altre tasse e togliamo l’euro in meno che vuoi ogni volta, che ci resta del ricarico applicato, con cosa dovremmo campare?Vengo a mangiare a casa tua?)

14)La piazza, fin dall’antichità, è luogo di scambio culturale, economico;  è un luogo di incontro, di scontro: ogni giorno noi ambulanti condividiamo con te i tuoi bisogni, i nostri disagi, i tuoi disagi, le nostre incertezze, le tue paure, le tue voglie, le nostre speranze. Vestiamo donne incinte che ci raccontano le gioie e gli stenti della gravidanza, serviamo pensionati che piangono perché non hanno uno spicciolo per comprare la verdura  per mangiare e sono costretti a rovistare fra gli scarti delle bancarelle di ortaggi, vendiamo una collana di bigiotteria al ragazzo che vuole sorprendere la fidanzata il giorno del loro anniversario, consegniamo un bel mazzo di tulipani al signore che vuole portare i suoi  fiori preferiti sulla tomba della moglie defunta, vediamo nascere storie d’amore, assistiamo a incontri dopo  vent’anni fra ex compagni di scuola, litighiamo con il vicino di banco perché ha sforato dai segni e ha montato la bancarella  in uno spazio che invade il nostro, ci lamentiamo con lui perché abbiamo incassato poco , diamo il buongiorno al vigile di turno, vediamo sfilare una marea di “io”, ognuno con la propria storia e la propria personalità, sempre pronti ad ascoltare con un sorriso (a volte sincero, a volte no) le necessità di un popolo che, proprio grazie a queste sue necessità, è alla base della nostra stessa  vita.

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