Burlesque: contro la discriminazione dei fisici armoniosi


Visto che a proposito delle elezioni, in questi giorni, se ne sentono già troppe (e per questo argomento ho speso già troppe parole), onde evitare di (s)cadere nella banalità, riproporrò un’altra tematica a cui sono particolarmente legata: l’ossessione per la bellezza perfetta.

Non so voi, ma io (sebbene mi sforzi quotidianamente allenandomi per tutto il tempo che ho a disposizione) mi sento già in colpa per il fatto che, per quanto possa faticare, alla cosiddetta “prova bikini” non arriverò MAI a sfoggiare la linea che vorrei.

Che, tra l’altro, non è giusto dire “che vorrei”. Il mio fisico mi va benissimo: ciò che davvero urta i miei nervi è la continua, martellante, ossessiva vocina che dall’alto di una rivista mi sussurra “Gné, gné hai la pancetta! Gné gné hai la cellulite…”.

Osservo con sgomento che su numerosi blog e forum alle povere donne che  chiedono come snellire gambe troppo grosse o come alleggerire il fisico corpulento viene risposto che l’unica soluzione, essendo quella una struttura corporea congenita,  è la chirurgia estetica.

Ma la liposuzione fatela al cervello, io dico!

Come mai nelle pubblicità ci sono solo donne magre (alias: con una taglia che va dalla 44 in giù) anche quando il prodotto in questione è una borsetta, un dentifricio,un rossetto? Perché la classica madre nelle famiglie della nota marca Mulino Bianco deve essere una quarantenne (se va bene) nei jeans della quale io non riuscirei ad infilare nemmeno un alluce?

Signori, intendiamoci: i padreterno delle riviste, delle TV e della pubblicità potrebbero anche dire che mettere una donna di cento chili per un metro e cinquanta di altezza

1) non attirerebbe ipotetici clienti

2)non è un modello ideale di salute da proporre.

Vero, verissimo: strafogarsi delle peggiori schifezze di certo non migliora la salute e spesso è sinonimo di colesterolo, morte precoce e tante altre cose squisite, ma non venitemi a dire che quello è il motivo reale per il quale scartate una ragazza corpulenta evitando di farla sfilare in passerella (anche se, per fortuna, qualche segnale dal mondo della moda c’è stato, facendo sfilare taglie forti).

E per favore, smettiamola di chiamare quelle meravigliose creature “modelle curvy“. Forse sarò troppo polemica, ma questa classificazione la ritengo vagamente offensiva: non ci dovrebbe essere la distinzione tra “top model” e “top model curvy”.

Non ho un fisico scolpito = non conduco una vita salutare = non sono bella

Questo non è un assioma, un dogma irrinunciabile! Non è la realtà! Piantatela di essere così assillanti con la questione della prova costume, siate un po’ meno razzisti nei confronti di coloro che non sanno esaltare la propria fisicità.

Ma, naturalmente, questo non è un problema tutto femminile: sinceramente su una passerella, stilisti a parte, non ho nemmeno mai visto uomini con la pancetta

Un plauso andrebbe a coloro che dei propri “difetti” ha saputo fare una caratteristica sensualissima, chi ha saputo passare oltre a ciò e che ha fatto del mettersi a nudo un’arte meravigliosa: spesso hanno la fama di essere delle donne (o drag queen) poco di buono, ma per me sono semplicemente delle esperte di burlesque.

Nel burlesque non importa la taglia, non importa l’età, non importano i classici canoni estetici: è un ambiente in cui l’unica competenza richiesta è quella di piacersi e volersi bene, sapere esaltare i propri punti forti per minimizzare quelli che potrebbero essere classificati come “inestetismi”.età dell'oro

Che importa se la carne è contenuta da centimetri in più o in meno di stoffa?

Se corpo, mente e personalità sono in armonia, il resto svanisce dietro un occhio ammiccante, nella musica leggera…

Così facendo, anche il gesto dello spogliarsi diventa qualcosa di naturale, qualcosa di “artistico”: e si ritorna indietro nel tempo, all’età dell’oro, dove un fisico abbondante (così come quello esile) non aveva bisogno di essere celato, dove l’edonismo non era condannato, dove la virtù di una donna non coincideva con la sua verginità e tutti, indipendentemente dalla propria corporatura, potevano gioire delle proprie grazie senza preoccuparsi di aderire a dei canoni prestabili, dai quali oggi è impossibile sfuggire.

 

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