Tutti pronti per votare


Ore 8. Il Rosso è già sull’attenti davanti alle porte delle urne comunali, e mormora contro la moglie che s’è vestita tutta di nero. Lui invece indossa una giacca di velluto rosso, appartenuta al bisnonno materno, quello che lottò tutta la vita contro il sistema ipocrita della politica. Accenna un saluto alla bidella che arriva di corsa per aprire le porte della scuola. Il Rosso getta a terra il sigaro e la segue all’interno, e si piazza davanti all’aula che ha il numero della sua sezione elettorale. Ripete sottovoce il nome del candidato giusto, promettendo a se stesso di non venir meno all’onore di votarlo. Si è allenato le ultime tre sere su una fotocopia della scheda elettorale ad incidere la crocetta sul simbolo del Partito; ora ha la penna in bronzo piantata nel taschino e la foto dei Compagni vicino al cuore, la accarezza e sorride al giorno in cui brinderà al nuovo presidente con un bicchiere di Sangiovese rosso. Il Rosso crede che la politica sia come un bicchiere di vino: c’è chi la beve tutta d’un fiato e chi la gusta a piccoli sorsi, ma è capace di scaldare l’animo, di scivolare dritta fino al cuore. Può rallegrarti o rovinarti la serata, ma va condivisa con gli altri.  In fondo, ognuno ha i suoi gusti, perché il vino che scegli è quello che più ti rappresenta.

La moglie a fianco, testa bassa e sguardo opaco, ha giurato solennemente sulla Bibbia e sul programma elettorale del Partito di fare la scelta giusta, mentre il marito controllava che non incrociasse dita delle mani e dei piedi. Prelevata a forza mentre spolverava il salotto, è stata addestrata per settimane sul codice di comportamento da tenere in cabina elettorale. La Signora Subischi avrebbe volentieri mandato a quel paese suo marito e i suoi amici e invidiava la capacità che avevano le sue nipoti a ridere del nonno mentre cercava di convincerle a votare bene. Per lei sarebbe stato più facile tre mesi di leva militare rispetto alla tortura di imparare a memoria la biografia dei candidati, di saper disegnare il simbolo del Partito e di rinunciare a cucinare le lasagne verdi perché il colore non va sottovalutato, mai. La signora detesta le facce grassocce e rosse di quella gente che è costretta a scegliere. Un animo romantico e gentile come lei, preferirebbe dare il voto a quella ragazza del partito opposto, quella che quando sorride le vengono due fossette alle guance. Gli uomini rozzi come suo marito ignorano che la politica è come un quadro: bisogna scegliere le persone che stanno meglio nell’ambiente in cui ci si trova. Anche l’occhio vuole la sua parte. Ma se scegliesse qualcuno con la faccia pulita come piace a lei,  Rosso si accorgerebbe del suo imbarazzo una volta uscita dalla cabina. Sarebbero bestemmie e, forse, botte. La Madonna gliele scampi.

Sandra conosce la storia della democrazia a pennello, ha studiato la politica dai Greci fino all’Età Contemporanea, approfondendo i profili psico-comportamentali dei maggiori presidenti del consiglio italiani. Ha anche fatto ricerche  sul contrasto tra il ruolo empirico e l’effettivo ruolo pratico che ha avuto il popolo degli elettori nelle diverse fasi storiche. Lei conosce i propri diritti e rispetta i propri doveri e sente dentro di sè una voglia irrefrenabile di rendere consapevoli tutti gli elettori dell’importanza del voto. Una persona informata come lei non può sopportare che il proprio voto valga quanto quello di tutti gli ignoranti che da anni votano per simpatia e occorrenza la stessa persona, senza valutare razionalmente i pro e i contro. D’altronde la pecca della democrazia non è forse quella di fare la volontà delle maggioranze? E da quando in qua le maggioranze hanno ragione? Ben poche volte nella storia, la maggior parte delle quali nei momenti di forte crisi. Riportando come esempi la Rivoluzione Francese, la Lotta per l’Indipendenza Americana,  forse stavolta la situazione può essere favorevole a un cambiamento che sia positivo per la politica Italiana.
Sandra si accorge che davanti alla cabina elettorale sta in piedi un suo vecchio compagno delle superiori, come si chiama già? Ah sì Pietro, quel cialtrone dell’ultimo banco! Come è possibile? Anche lui ha il diritto di votare? Avrà pensato bene alla scelta? Qualcuno si è occupato di istruirlo? Vorrebbe attaccarsi ad un suo braccio, sorridere imbarazzata e approfittarne per raccontargli l’importanza di quello che sta per fare e magari indirizzarlo verso qualche pensiero liberale, sul fatto che un’apparente limitazione alla propria libertà è una scelta positiva se fatta per un bene futuro maggiore. Ma come potrebbe capirlo se a ricreazione aveva già finito la propria merenda e rubava poi di nascosto quella degli altri dai loro zaini?

Ore nove e trenta: arrivano in tre sulla stessa bicicletta. Il marito, un ragazzo snello col colletto pulito e i calzoni arrotolati, spinge con forza ed eleganza sui pedali, portando la moglie sul cannone. Lei tiene le caviglie incrociate e sembra venuta da un quadro impressionista per quel cappello a fantasia floreale e il vestito svolazzante; il figlio è appollaiato nel cestino, vestito da prima comunione coi capelli lucidi spianati sulla fronte e Ciuffo dietro, un bastardino maculato con la coda incastrata nel portapacchi che “non si sa mai che scappi via”.

«Allora tesoro hai capito bene? Tu resti fuori e aspetti che il babbo e la mamma entrino nella cabina» ripete per la terza volta la madre. Sa di ripetersi ma non può farne a meno.

Il bambino annuisce: «Ho capito. Ciuffo lo devo tenere ben stretto, non devo fissare le persone che son dentro e nemmeno rivelare a nessuno che cosa pensate di quelli di estrema destra».

La madre ha un lieve sussulto e alza un sopracciglio guardando il marito. «Ti avevo detto di non gridare ieri sera in salotto, non era ancora andato a letto».

«Tesoro, non è colpa mia se rischiamo per la terza volta di avere al governo una banda di narcisisti che hanno come primo pensiero quello di riempirsi il portafoglio gettando merda sui più deboli». Sbanda con la bici, maledetti capitalisti.

Il bambino si tiene stretto: «Papà hai detto “merda”!»

«Sì tesoro, tuo padre è agitato, ha ereditato un gene ribelle dal tuo bisnonno, cerca di perdonarlo e di non imitarlo. Dopo andiamo a farci un giro al parco, così magari si calma un po’».

«Ecco, lo sapevo, voterai anche stavolta per quegli ecologisti? Ho sbagliato a scegliermi una moglie con la passione per le piante, dovevo capirlo quando al primo appuntamento mi hai portato a fumare erba ai giardini». Guarda il figlio spaventato e si corregge: «A raccogliere erba ai giardini…»
La madre ha un sussulto più grosso e strabuzza gli occhi verso il marito. A volte è così impulsivo che si dimentica di fare il padre. Sorride ad un ricordo lontano dentro se stessa, gli accarezza di nascosto una mano sul manubrio e sistema veloce il ciuffo del figlio che non vuole saperne di obbedire alla brillantina. Lei farà la scelta che ha maturato nel tempo. Scendono dalla bici, il padre offre una mano alla ragazza, la madre scarica il figlio dal cestino e per ultimo il bimbo libera il cane dal portapacchi. Tutti pronti, un forte respiro e sorridete a chi incontrate, sì? Tutti e quattro s’affrettano verso la porta comunale.

«Cammina più veloce tesoro, tieni il passo e dammi la mano. Ascoltami bene: la politica è piena di contraddizioni, ma nasce dalle persone, non può essere altrimenti. E’ uno strumento per dare la stessa importanza alle manie di ogni uomo che, se ben indirizzate e ben limitate dalle manie di tutti gli altri uomini, permette un po’ a tutti di giocare e divertirsi. Hai capito bene? Quando siamo a casa poi ricordami di spiegarti bene quali regole dovrai scegliere per giocare quando sarai grande, ho un paio di libri da farti leggere». Zittito dallo sguardo della moglie, salgono tutti e quattro, lei saltellando, lui salendo due scalini alla volta, il figlio inciampando e il cane a quattro zampe, scodinzolando.

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