Balotelli, Berlusconi e il mio primo tweet


Il Corriere della Sera sostiene che l’acquisto di Mario Balotelli abbia fatto guadagnare a Silvio Berlusconi uno o due punti percentuali alle prossime elezioni politiche. Chiaramente, non è possibile stimare al dettaglio l’impatto che un simile fattore avrà sul voto. Di certo però, in molti pensano che un nome così prestigioso portato alla corte di Allegri avrà un effetto positivo sulla campagna elettorale del Cavaliere.

Da questa constatazione, analizzata con attenzione anche da alcuni osservatori internazionali, nasce spontanea una riflessione. Com’è possibile che un qualsiasi cittadino, nel libero esercizio delle sue facoltà democratiche, si lasci condizionare nella sua scelta politica da fattori ad essa del tutto estranei, come lo sport?

Una prima risposta la dà Gabriele Albertini, candidato alla presidenza della Regione Lombardia con Scelta Civica, la lista guidata a livello nazionale da Mario Monti. Commentando l’acquisto di Balotelli da parte del Milan, l’ex sindaco di Milano aveva citato la celebre massima di Giovenale, secondo cui il popolo «due sole cose ansiosamente desidera: il pane e i giochi circensi» (Satire, X, 81).

Questo è l’aspetto più evidente della questione. Ma non è tutto qui: interessante anche l’interpretazione fornita da Vittorio Zucconi  nel corso della trasmissione Otto e mezzo (La7) dello scorso 1° febbraio. Per il direttore di Radio Capital, l’acquisto di Balotelli permetterebbe a Berlusconi di rendere credibile la rimonta del Milan in campionato, e di conseguenza quella del Pdl in campagna elettorale, perché la politica – a suo dire – è fatta di metafore. Un’ipotesi che prende ancora più corpo dopo il debutto esplosivo dell’attaccante, con due gol, ieri sera contro l’Udinese.

In mezzo a tutto questo marasma politico e calcistico, nel frattempo, dal canto mio ho deciso di inaugurare un profilo Twitter. Più per ragioni professionali che per altro: non amo i social network, tuttavia penso che ormai – nel bene e nel male – siano parte integrante della sfera pubblica cui nessun cittadino interessato all’informazione e al dibattito può sottrarsi.

Che c’entra questo con l’acquisto di Balotelli e la campagna elettorale di Berlusconi? Semplice: a questo tema ho dedicato, simbolicamente, il mio primo tweet.

Perché? Perché ritengo sia un esempio emblematico di un Paese dove si fa politica anche andando a comprare un libro (Feltrinelli o Mondadori?), eppure nel quale – o forse proprio per questo – un terzo della popolazione pare non volerne più saperne della politica. In un simile contesto, in cui un voto vale poco più (o poco meno) della fatica fisica necessaria a recarsi al seggio, fanno presa con relativa facilità anche e soprattutto motivazioni extrapolitiche, promesse materiali, e leader carismatici più o meno inadatti a guidare il Paese.

Politicizzare tutto con l’obiettivo di privare d’interesse ciò che è realmente politico, nel senso migliore della parola. A questo lento ma inesorabile processo si può collegare anche il dilagare della mala politica, della corruzione e dello sperpero di risorse pubbliche da parte degli eletti a fini personali. Quando in Parlamento entra chiunque purché garantisca il proprio voto in aula, o peggio chi cerca la protezione delle Camere per evitare l’arresto, questo è il risultato.

E a questo processo si può ricondurre, di conseguenza, la crescente perdita d’interesse degli italiani per la politica vera, che ha lasciato spazio a uno show in stile Usa dove vince chi urla più forte o ha il sorriso più bianco. E se questi sono i parametri in base ai quali decideranno gli italiani, sappiamo tutti su quale cavallo conviene scommettere.

4 Comments

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  1. Fabio Pirola

    Penso che l’acquisto di Balotelli sia un’evidente mossa elettorale… io conosco personalmente almeno una decina di milanisti che votano Berlusconi in quanto presidente del Milan, prima che come politico… e questo fa pensare.

    • Luca Rasponi

      Quello che dici conferma le ipotesi che ho riportato nel mio articolo, Fabio. Io vivo nella contraddizione di essere un milanista che non voterebbe Berlusconi neanche se gelasse l’inferno, perché per me il calcio e la politica sono e devono rimanere due cose ben distinte.

      Purtroppo però chi non ha un’idea politica ben definita o una capacità di analisi che vada oltre la successiva domenica di campionato tende a ragionare così… e non credo questo sia un bene per il Paese. Al di là del politico specifico, mi permetto di aggiungere: qualsiasi politico, per quanto bravo, non dovrebbe raccogliere voti in quanto presidente di una squadra di calcio.

  2. Fabio Pirola

    Esatto, io sono juventino fedele ma se Agnelli scendesse il politica non lo voterei per il solo fatto che è il presidente della mia squadra, ma cercherei di valutarlo con obiettività. Il problema è che il calcio in Italia ha la straordinaria capacità di confondere le priorità delle persone…

    • Luca Rasponi

      Verissimo! Perché lo sport ha la caratteristica, da un lato, di riuscire a far presa su una parte emotiva di noi che difficilmente riusciamo a controllare; e, dall’altro, di essere considerato qualcosa di importante a prescindere da questo, in Italia, per ragioni ormai profondamente radicate nella nostra cultura.

      Lo sport come strumento di consenso non è certamente un’invenzione italiana: ogni dittatura se n’è servita in questo modo. Però se ancora oggi il calcio è così popolare nel nostro Paese lo si deve in buona misura al fascismo, che per primo in Italia puntò sui successi calcistici come metafora della vittoria politica, e a chi decenni dopo ha replicato lo stesso modello in un contesto democratico, con esiti che vanno dalla “distrazione di massa” alla circonvenzione vera e propria.

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